Scheda film

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Pupi Avati
Fotografia: Pasquale Rachini
Montaggio: Amedeo Salfa
Scenografie: Giuliano Pannuti
Costumi: Catia Dottori
Musiche: Lucio Dalla
Nazione – Anno – Genere – Durata: ‘
Cast: Cesare Cremonini, Micaela Ramazzotti, Gianni Cavina, Andrea Roncato, Erica Blanc, Manuela Morabito, Gisella Sofio
Uscita: 11 novembre 2011
Distribuzione: Medusa

 C’era una volta mio nonno

In una cittadina dell’Italia centrale nella prima metà degli anni trenta, nel pieno dell’era fascista, la voce fuori campo del piccolo Edo Vigetti ormai adulto, che ha l’enfasi ed il timbro di Alessandro Haber, racconta la vicenda di suo fratello Carlino (Cesare Cremonini) e della loro famiglia di mezzadri. Il giovanotto, senz’arte né parte, si tramanda abbia l’alito profumato di biancospino, per essere stato concepito sotto un esemplare del candido arbusto, ed è perciò molto ambito dalle ragazze, che si affannano per odorarlo e svenire ai suoi piedi. Per “sistemarlo” i genitori decidono di maritarlo ad una delle sbiadite ed attempate figlie dell’Osti (Gianni Cavina), il proprietario terriero per cui lavorano, così Carlino inizia a frequentare il salotto delle due fanciulle nel tentativo di affezionarsi almeno ad una. Durante questa serie di incontri però compare la cenerentola Francesca (Micaela Ramazzotti), sorellastra delle ragazze, bionda e dal fascino esotico solo per il fatto di essere romana, come tradisce il suo pesante accento. Tra la giovane ed il Vigetti è subito colpo di fulmine, ma, per placare le ire del proprietario terriero, che si sente tradito due volte, l’unica soluzione sembra essere il matrimonio. Però un prete distratto e gli urgenti bisogni sessuali di Carlino, metteranno il bastone tra le ruote della neonata coppia…
Avati insieme ad Allen è l’unico Autore al mondo che riesca a girare in media almeno un film all’anno. E ci riesce grazie al suo sterminato immaginario, che, almeno nel suo caso, attinge a fatti realmente accaduti e ad eventi della propria vita e della sua famiglia. Qui Carlino Vigetti è il nonno di Pupi ed Antonio e vero è il suo dongiovannismo, appresso al quale fece dannare la moglie che comunque, col suo cuore grande di ragazza d’altri tempi, continuò a volergli bene. Il regista ci aggiunge quel realismo magico a lui sempre caro, che si rintraccia, tra l’altro, nell’alito al biancospino, nell’annunciato suicidio di Carlino e negli Orbini di Persiceto, la banda di musicisti ciechi che suonava ai matrimoni, venendo sbattuta a mangiare nei luoghi più improbabili perché tanto non ci vedevano.
Oltre alla scrittura, che qui ci regala un racconto pressoché privo di sbavature, molto ritmato e divertente, malgrado l’uso reiterato della voce fuori campo, il punto di forza dell’opera di Avati continuano ad essere gli attori, che dirige con la consueta maestria: Cremonini, prestato al cinema, se la cava egregiamente e porta sullo schermo un Carlino giustamente svampito e con un unico pensiero posto al di sotto della cintola, mentre la Ramazzotti prosegue la sua ascesa nel firmamento cinematografico italiano, aiutata dal suo buffo accento romano in cui si è trovata ampiamente a proprio agio, tant’è che per la sua cafona ingenuità ed il burino candore a tratti ricorda perfino Monica Vitti.
Presentato in concorso alla Festa del Film di Roma 2011.

Voto: * * *½

Paolo Dallimonti