Scheda film
Titolo originale: Phantom thread
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Fotografia: Paul Thomas Anderson (non accreditato)
Montaggio: Dylan Tichenor
Scenografie: Mark Tildesley
Costumi: Mark Bridges
Musiche: Jonny Greenwood
Suono: Adrian Bell
USA, 2017 – Drammatico – Durata: 130′
Cast: Vicky Krieps, Daniel Day-Lewis, Lesley Manville, Sue Clark, Joan Brown, Harriet Leitch, Dinah Nicholson
Uscita: 22 febbraio 2018
Distribuzione: Universal Pictures

L’eleganza in un  corsetto

Siamo nel secondo dopoguerra in una Londra patinata ed elegante, Reynolds Woodcock (ultimo personaggio della carriera di Daniel Day-Lewis) è uno stilista e va per la maggiore, le donne desiderano i suoi vestiti e bramano ardentemente il giorno in cui potranno indossarne uno, perché la “Woodcock House” è mitizzata ben oltre il taglio e il cucito di un abito da sera. Ad aiutare il compulsivo e perfezionista artista, c’è sua sorella Cyril (un’immensa Lesley Manville), pignola, algida e pronta a qualsiasi cosa pur di difendere il fratello e il nome della casa di alta moda, ma nulla potrà all’arrivo di Alma, sobria bellezza e puntuta personalità che conquista cuore e corpo dello stilista, destabilizzando equilibri radicati e rassicuranti certezze nella maison londinese.

Si potrebbe dire che l’ottavo film di Paul Thomas Anderson sia un posato mélo d’antan, un tronfio esercizio di stile, un ampolloso “vizio di forma”, il vezzo d’auteur in una filmografia coerente che ha sempre guardato avanti, cercando una collocazione nella Millennial Generation della settima arte. Anderson figlioccio di Robert Altman nelle sue prime prove (nel parallelismo Boogie Nights/Nashville e Magnolia/America Oggi), da Il petroliere in poi tenta una strada matura, adulta, egualmente nostalgica e citazionista, ma più implosiva, sobria e potente. Certo di questa scelta, il regista confeziona una pellicola immensa, un prezioso e raffinato corsetto di pizzo sotto il quale scalpita la potenza sessuale del corpo della giovane Alma e la valenza simbolica dei suoi fianchi il simbolo per eccellenza del femminino sacro. Se tra i punti di forza della pellicola troviamo un geniale taglio fotografico, opera collettiva firmata da diversi professionisti, compreso lo stesso Anderson, la prima impressione che si ha vedendo il film è di essere davanti ad una danza a tre, dove i navigati Daniel Day-Lewis e Lesley Manville, si lasciano inaspettatamente guidare dalla giovane rivelazione Vicky Krieps, attrice lussemburghese che aveva folgorato il regista losangelino, dopo la visione della pellicola indipendente “Das Zimmermädchen Lynn”.
Come gli eleganti abiti della Woodcock Haouse scivolano via, svelando il corpo botticelliano della perturbante Alma, così il film man mano svela la trama e il, neanche tanto celato, cadeau di Paul Thomas Anderson a Rebecca, “La prima moglie” di Alfred Hitchcock. Un gioco di citazioni sublime che lo spettatore elabora inconsciamente nel dipanarsi di una misurata trama che sfiora per un attimo la tentazione “giallo”, quasi fosse un noir alla James Ivory, per poi tornare sui suoi passi, conscio che la sfida è comunque quella di svelare l’Anima/Alma dei personaggi, il senso puro dell’amore e dell’appartenenza.
Rimane solo una cosa da fare, chiamare le cose con il loro nome “capolavoro”, perché l’ultima fatica di Anderson è un’opera perfetta, tanto urgente e sincera, la più nobile ragione per la quale amiamo il cinema. Ora, non strabuzzate gli occhi e arrendetevi all’evidenza, perché se “Il Filo Nascosto” è il nuovo “Rebecca”, allora Anderson è il nuovo Hitchcock.

Voto: 9

Giuseppe Silipo