Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Pierre Schoeller
Fotografia: Julien Hirsch
Montaggio: Laurence Briaud
Costumi: Pascaline Chavanne
Musiche: Philippe Schoeller
Francia/Belgio, 2011 – Drammatico – Durata: 112′
Cast: Olivier Gourmet, Michel Blanc, Zabou Breitman, Laurent Stocker, Sylvain Deblé, Didier Bezace, Jacques Boudet
Uscita: 18 aprile 2013
Distribuzione: P.F.A. Films e Feltrinelli Cinema
Sale: 15
La solitudine di un alto funzionario governativo
Il Ministro dei Trasporti francese Bertrand Saint-Jean viene chiamato nel cuore della notte dal suo segretario personale. Un autobus di studenti in gita nella località delle Ardenne è caduto in un burrone e ci sono numerose vittime. Il Ministro non può esimersi dal recarsi sul luogo per portare assistenza e cordoglio alle famiglie, per dare l’impressione di coordinare i soccorsi, ed inoltre per rispondere alle prime domande sulla spinosa questione della privatizzazione dei trasporti in Francia.
Pierre Schöller descrive con passione e originalità uno dei periodi più stressanti della carriera politica di un alto funzionario governativo, mostrando i retroscena e le incombenze che toccano a chi prende sul serio il suo ruolo e alle pressioni a cui è continuamente soggetto.
La condizione di una società complessa e ricca di contraddizioni emerge perfettamente in una storia che oscilla tra lotta di potere e diario approfondito della vita di un uomo che non è solo alle prese con una faccenda molto delicata, ma che compie anche un’ascesa politica a tutti gli effetti con tutto ciò che questo comporta.
Straordinaria performance di Olivier Gourmet, nei panni del Ministro Saint-Jean, individuo che oscilla tra fastidiose insonnie notturne e piccole conquiste alla luce del sole. Personaggio tutt’altro che perfetto, ma assolutamente credibile anche nella sua invidia per la cosiddetta normalità del suo segretario o nella sua scelta di solitudine verso la quale tenderà fino alla fine. Solitudine in cui cercherà di trascinare tutte le persone a lui vicine.
Una frase del film sembra particolarmente rappresentativa non solo della condizione, triste ma reale, in cui si trova il protagonista della storia in quanto uomo politico, ma più in generale dell’essere umano ai giorni nostri:” 4000 contatti sulla rubrica e nessun amico”.
Il Ministro – L’esercizio dello stato è prodotto da Archipel 35 e ha già vinto al 64° Festival di Cannes, Un Certain Regard – Premio FIPRESCI e tre Premi César come Migliore attore non protagonista, Migliore Sceneggiatura, Miglior Suono.
La Francia ha ampiamente dimostrato, negli anni, di saper captare le varie fasi e facce della società contemporanea presentando al pubblico prodotti di grande qualità e spessore culturale. Il Ministro, nelle sale italiane dal 18 aprile, ci avvicina ad un mondo, quello politico, che ora più che mai, sentiamo distante e lo fa con un linguaggio diretto, senza giri di parole, ma con tutta la complessità e il non sense di cui è carica la realtà.
Voto: * * *
Giada Valente
#IMG#Galeotta fu la strada e chi la percorse…
«Quando si comunica una crisi, la realtà non conta niente, vale solo la percezione». Sono le parole che Bertrand Saint-Jean (Olivier Gourmet) asserisce lucidamente rivolgendole ai collaboratori più stretti e questa volta non è l’assistente Pauline (Zabou Breitman) a suggerirgliele; a parlare sono il suo cuore, la sua mente, la percezione appunto della realtà che lui ha. Al centro de Il ministro – L’esercizio dello Stato di Pierre Schoeller non c’è meramente il ministro – in questo caso dei trasporti – ma anche e forse innanzi tutto l’uomo; la politica torna dietro l’obiettivo della macchina da presa rifuggendo però dal solito ritratto: politico equivale ad essere persona cinica e tantomeno dalla voglia di puntar il dito contro il “diabolico” potere in mano a chi ci governa.
L’operazione di Pierre Schoeller è complessa e sottile, arriva a denunciare le strategie di palazzo indagando le sfumature e le pieghe umane, soprattutto denuncia senza aver la pretesa di denunciare in quanto sceglie di restituire allo spettatore un affresco asciutto (vedi la raffinata messa in quadro) dell’esercizio dello Stato tanto da non voler rappresentare le due parti solitamente in campo – destra e sinistra.
Ci pensa il prologo a far da linea guida, una visione a suo mondo premonitrice e al tempo stesso straniante. Tende rosse, donne incappucciate quasi fossero a una seduta spiritica, d’un tratto compaiono una donna nuda e un coccodrillo. Sogno? Inconscio? Realtà percepita? Eros e Thanatos si incontrano e di lì a poco si dispiegheranno anche con un colpo di scena inaspettato.
Una telefonata in piena notte riporta il ministro Saint-Jean agli amari doveri – e mai come in questo caso è d’obbligo quest’aggettivo. Un pullman con bambini a bordo è precipitato in un burrone mentre percorreva la strada delle Andenne e il ministro, in qualità di rappresentante del Governo, deve andare sul luogo. Una goccia di sangue sulla guancia sinistra di Saint-Jean e Schoeller (anche sceneggiatore) ci manda ancora una volta un segno.
In un concatenarsi di eventi che girano intorno alla questione se privatizzare o meno le ferrovie, Il ministro – L’esercizio dello Stato ci svela le dinamiche del potere e, ci preme sottolinearlo, lo fa senza dichiarare, neanche tra le righe: “vi mostriamo gli intrighi di palazzo” – non è questo l’intento. Il regista francese ci fa fare i conti coi riti, la temperatura, gli sbalzi del potere riportandoci agli uomini che lo detengono e lo fa, in particolare, attraverso il personaggio di Saint-Jean. Un uomo che diventa politico, ma resta pur sempre un uomo e l’interpretazione misurata e fisica di Gourmet si rivela eccezionale. Assistiamo a una parabola corporale, intima e professionale; evento dopo evento Bertrand somatizza passando dal vomito alla sbronza e nel suo incontro-scontro con la solitudine, con la presa di coscienza di avere un’infinità di contatti sul suo smartphone, ma neanche un amico, si ritrova a essere attratto dalla figura del suo autista, Martin Kuypers (Sylvain Deblé). L’uomo, disoccupato, improvvisamente viene chiamato a sostituire l’autista ufficiale del ministro in congedo per paternità. Martin è un uomo silenzioso, apparentemente orso, diligente ma poco loquace in un ambiente di rappresentanza qual è quello dello Stato (emblematico il cambio del look nel momento in cui prende servizio). A rappresentare le fondamenta dello Stato: Gilles (Michel Blanc), il capo del Gabinetto che insieme al personaggio del ministro crea una coppia di potere in cui l’uno completa l’altro. In un entourage di potenziali servitori dello Stato e di persone al servizio del ministro, Pauline (Zabou Breitman), l’assistente personale è l’unica ad avere il coraggio di rispondere alle domande di Bertrand su come sia veramente – «sei un oggetto politico non identificato, sei indistinto».
Il ministro – L’esercizio dello Stato si e ci chiede: «Cos’è il potere se non puoi agire? Che tipo di legittimità crea?» Cosa scatta in un uomo quando riceve un feedback di come viene percepito dalla realtà?
Grazie a scelte registiche e drammaturgiche opportune (ad eccezione di tempi dilatati soprattutto nella parte centrale), il secondo lungometraggio di Schoeller riesce a dar vita al climax umano che il potere può creare. Il ministro – L’esercizio dello Stato colpisce per la lucidità con cui mette in scena il potere senza stigmatizzarlo a simbolo del Male né strizzando l’occhio al filone complottistico del cinema americano.
Guardando a Versailles (pellicola del 2008 purtroppo non distribuita in Italia), Schoeller continua a mantenere una coerenza stilistica (vedi la scelta di un silenzio quasi ovattato in determinate scene significative) in cui fa capolino la rarefazione controbilanciata da ritmi ben studiati merito di una concretezza registica e di scrittura che seduce per il modo con cui mette in campo l’essere umano nella sua partita a scacchi col potere. Se il primo era un film sui privilegi raccontati e vissuti da chi quei privilegi non li ha e che la società emargina, l’ultimo lavoro di Schoeller rende protagonista il potere anche nella prospettiva di impotenza umana. Non ci resta che aspettare l’ultima parte della trilogia, che, a detta del regista, dovrebbe trattare della Rivoluzione francese, del Terrore.
Voto: ***½
Maria Lucia Tangorra