Scheda film

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Lorenzo Garzella, Filippo Macelloni
Fotografia: Alberto Iannuzzi
Montaggio: Pietro Lassandro
Scenografie: Davide Bassan
Costumi: Laura Raffo, Pilar Gonzalez, Catalina Oliva
Italia/Argentina, 2011 – Documentario/Mockumentary – Durata: 95‘
Uscita: 1° giugno 2012
Distribuzione: JB Entertainment

Sale: 2

 La coppa Alzheimer

”El Mundial de 1942 no figura en ningún libro de historia pero se jugó en la Patagonia argentina sin sponsors ni periodistas y en la final ocurrieron cosas tan extrañas como que se jugó sin descanso durante un día y una noche, los arcos y la pelota desaparecieron y el temerario hijo de Butch Cassidy despojó a Italia de todos sus títulos.” (Osvaldo Soriano, da “El hijo de Butch Cassidy”).
Tutto prende spunto dal racconto dello scrittore argentino, pubblicato nel 2006 in Italia da Einaudi nella sua raccolta di scritti “Fútbol – Storie di calcio” e l’anno dopo in “Pensare coi piedi”. Ma a sua volta il la viene dato dal curioso ritrovamento in piena Patagonia di uno scheletro abbracciato ad una cinepresa. Una scoperta tale che riaccende l’interesse verso una pagina dimenticata di storia: in un anno che “anagrammato” ricorderebbe quello della scoperta delle americhe, il 1942, un nobile eccentrico, il conte Otz, avrebbe organizzato nella regione argentina, contro tutte le guerre, un campionato del mondo alternativo, stante l’impossibilità di quello canonico a causa del Secondo Conflitto Mondiale scoppiato già da tempo in Europa. I resti ritrovati sarebbero perciò quelli di una certo Guillermo Sandrini, fotografo ed inventore, che avrebbe testimoniato con le sue ardite riprese lo svolgersi della competizione. Attraverso l’indagine del giornalista bonaerense Sergio Levinsky e le testimonianze di campioni di oggi, quali Roberto Baggio, e di protagonisti di allora, viene ricostruita questa straordinaria avventura, la cui reale conclusione non fu mai veramente chiarita – la leggendaria finale Indios Mapuche-Germania Nazista per qualcuno fu portata a casa dagli indigeni, per altri dai seguaci del Führer, mentre per altri ancora fu vinta dalla natura che travolse tutti con un’alluvione – e di cui la pellicola ritrovata nella cinepresa attaccata allo scheletro darà la tanto attesa spiegazione alla presenza di eredi e superstiti di allora.
Pur se sostenuto da un’intensa ed efficace campagna pubblicitaria virale, tanto da far dubitare molti, purtroppo o per fortuna il documentario di Garzella e Macelloni è da ascriversi all’affascinante sottogenere del mockumentary, ossia il documentario di finzione. Forte di un’idea molto suggestiva, ispirata appunto a Soriano, il loro film sembra strizzare l’occhio in più punti a quel capolavoro che fu Forgotten silver di Peter Jackson, sia per il pioniere – lì neozelandese, qui italo-argentino – del cinema, inventore di numerosi e fantasiosi accorgimenti di ripresa, compreso il primo uso della prova della moviola, che per il forte elemento di fascinazione. Elemento che se nel film di Jackson era niente più che il cinema stesso, qui diventa il calcio, oppio del popolo italico (e non solo). In un costante cortocircuito tra i due tipi di spettacolo, entrambi usati come ferma risposta alle guerre e celebrati da un cerimoniere il cui nome – Otz – fa praticamente assonanza col celebre mago del romanzo di L. Frank Baum e del film di Victor Fleming – altro cortocircuito – la ricostruzione procede fino all’ultimo atto di un rito, cinematografico o sportivo che si voglia considerare – la proiezione della bobina ritrovata – consumato sull’altare di una sala cinematografica argentina al cospetto eredi e superstiti.
L’opera di Garzella e Macelloni non si prende quasi mai sul serio e, incrociando materiale vero, con altro abilmente ricostruito, trova continuamente argomenti per mantenere desta l’attenzione dello spettatore – vedi il “quadrilatero” amoroso con protagonista la figlia del conte – pur se annaspa lievemente verso la fine, ma cerca anche in ogni momento di sbugiardarsi da sé, come il ritrovamento dello scheletro, chiaramente finto, o quando la squadra inglese sfila con tanto di vassoio del tè o ancora in alcuni volti troppo contemporanei e nei filmati che ritraggono Pellegrini, visibilmente interpretato con in più baffoni ed occhiali dallo stesso attore che veste i panni del suo erede.
Godibilissimo pure per i pochi non-tifosi ed attualissimo in tempi quali questi che stiamo vivendo, in cui il calcio nazionale, in mezzo a numerosi arresti per scommesse clandestine, sta dando ancora una volta il peggio di se stesso, Il mundial dimenticato rinnova i fasti di uno sport che non ha mai smesso di far sognare i suoi adepti, anche in tempi, ora come allora, in cui la storia ben poco spazio gli stava lasciando.
Per l’occasione al fianco di Garzella, Macelloni infine dà una prova molto migliore del precedente Silvio forever (in co-regia con Faenza), clamoroso autogol di una campagna anti-berlusconiana, dimostrando che, qualora il documentario fosse nelle sue corde, si gioverebbe parecchio di una robusta iniezione di fantasia.
Raro perché… forse perché è uno dei pochi film sul calcio.

Voto: * * *½

Paolo Dallimonti