Romania: sotto una abbazia del XIII secolo si nasconde l’ingresso di incredibili e misteriose grotte. Un gruppo di speleologi subacquei dotati di buon coraggio decidono di infilarvisi per un’esplorazione che si rivelerà drammatica. Gli spettrali antri sono infatti popolati da mostri danteschi che non sono altro che esploratori del passato trasformati da luciferini parassiti in creature dell’abisso vampiresche e tutt’altro che amichevoli. Quando, parecchi cadaveri dopo, sembra tutto risolto, cir iassale un dubbio: e se gli inquietanti abitanti del sottosuolo volessero uscire in superficie…?

Incrocio “grottesco” (scusate il gioco di parole) dell’acquatico THE ABYSS e dell’”estraterrestriale” ALIEN che non conserva però nè la innovatività e l’arditezza tecnica del primo, nè il plumbeo e soffocante rincorrersi di emozioni del capolavoro di Ridley Scott. L’inizio promette qualcosa, pur nella confezione di genere, grazie alle non comuni inquadrature sotterranee (piuttosto ben congegnata la scenografia), ma in men che non si dica il film comincia a mostrare la corda sia dal punto di vista della sceneggiatura, con dialoghi a dir poco imbarazzanti, che della regia disorientata e poco incisiva nel generare la necessaria suspense. Una nota particolare per la colonna sonora e le sonorizzazioni: se le musiche sono presto insopportabilmente dominanti, i suoni sfiorano spesso il ridicolo con effettacci audio da film di fantascienza
degli anni ‘50.

Tutti i clichè sono rispettati ne “Il nascondiglio del diavolo”: la selezione razziale e di genere dei protagonisti e il loro destino segnato (si aspetta solo il momento in cui il cino-americano perirà e si scommette se prima o dopo lo scienziato russo e la donna “atletica” del gruppo faranno la fine che spetta loro), il rapporto fratello bravo-fratello scapestrato, la storia d’amore nascente, la morte eroica del capo del gruppo che si immola per gli altri (tanto non c’era più speranza…).

A queste perle si aggiungano alcuni svarioni improponibili nei costumi (a chilometri di profondità i nostri vestono succinte mute e canotte di ogni tipo con spregio del freddo e dell’umido), nel trucco (ferite gravissime e sanguinolente che spariscono e riappaiono pochi fotogrammi dopo), nella fotografia (antri a profondità siderali dove la luce è sempre perfettamente diffusa).

Una delle poche note di merito va al montaggio: frenetico nei passaggi tra situazioni e sincopato a dovere all’interno delle singole scene.

Degli attori meglio tacere: più espressive le stalagtiti…si aspetta solo che i pipistrelloni cattivi se li portino via.

Diciamo che un’occasione di ambientazione un pò diversa dal solito è stata per l’ennesima volta sprecata in questa co-produzione tedesco-americana a cui, ne siamo certi, rimarrà solo il merito di un buon successo sui banchi di Blockbuster prima dell’oblio oscuro nella caverna sotterranea dove si ripongono le pizze di celluloide dei film brutti.

VOTO: 3

ANDREA W. CASTELLANZA