Scheda film
Titolo originale: The cut
Regia: Fatih Akin
Sceneggiatura: Fatih Akin, con la collaborazione di Mardik Martin
Fotografia: Rainer Klausmann
Montaggio: Andrew Bird
Scenografie: Allan Starski
Costumi: Katrin Aschendorf
Musiche: Alexander Hacke
Suono: Jean-Paul Mugel
Germania/Francia/Italia/Russia/Polonia/Canada/Turchia/Giordania, 2014 – Drammatico – Durata: 138′
Cast: Tahar Rahim, Simon Abkarian, Makram Khoury, Hindi Zahra, Kevork Malikyan, Bartu Küçükçaglayan, Zein Fakhoury
Uscita: 9 aprile 2015
Distribuzione: BIM
Armeno che…
Nel 1915 il fabbro armeno Nazaret Manoogian (Tahar Rahim) vive e lavora a Mardin, nella Mesopotamia nord-orientale insieme a moglie e figlie. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale porta via via uno sconvolgimento del clima politico, cosicché le minoranze dell’Impero Ottomano diventano improvvisamente nemiche. Una notte Nazaret, insieme al fratello Hrant ed al cognato Vahan, vengono arrestati, separati così dalle loro famiglie e ridotti ai lavori forzati lungo le strade. Una mattina però i gendarmi sono spariti, ma il povero armeno passa dalla padella alla brace, poiché viene catturato insieme ai suoi compagni di sventura da un gruppo di mercenari e galeotti che decide di giustiziarli tutti quanti all’arma bianca per risparmiare anche le pallottole. Nottetempo, l’ex-ladruncolo Mehmet torna sul luogo del misfatto e salva Nazaret, la cui ferita infertagli al collo, poco profonda, lo priverà della voce, ma non della vita. I due vagano per il deserto ed incontrano un gruppo di disertori, insieme al quale il fabbro scopre come tutte le donne e i bambini siano fuggiti da Mardin. Inizia così il lungo peregrinare di Nazaret, ormai muto, ma mai fiaccato dagli eventi, alla ricerca della propria famiglia seguendo tracce sempre meno labili ma più sconfortanti, che lo condurranno prima al campo profughi di Ras al-Ayn, poi ad Aleppo, quindi in Libano, all’Avana e negli Stati Uniti, passando dalla Florida a Minneapolis, fino alle praterie del Nord-Dakota. Dove la sua ricerca finalmente avrà almenoi in parte esito…
Dopo La sposa turca (2004) e Ai confini del paradiso (2007), Fatih Akin conclude la sua privata trilogia de “l’amore, la morte e il diavolo”. Ne viene fuori un film personalissimo ed anche una vasta epica che si estende dal 1915 fino a verso il 1922, come pure una delle sue pellicole più politiche ed impegnative ed anche più costose, essendo tutta girata in costume e in molteplici location lungo il globo.
Non un’opera sul genocidio del popolo armeno, o almeno non solo, ma appunto sul diavolo, presenza sempre costante (anche il cinema viene considerato tale), sul male che l’uomo fa all’uomo senza un vero perché, scacciando quella felicità troppo bella da mantenere.
Il titolo italiano scelto per il lancio, Il padre, comunque incisivo, è niente in confronto all’originale The cut, il taglio, dai plurimi significati: quello alla gola per Nazaret, ma anche quello nella carne del popolo armeno o quello ancora della Prima Guerra Mondiale nel fianco dell’intera umanità, così come quello che rescinde quella sorta di cordone ombelicale tra il protagonista e la sua famiglia, che sarà così faticoso, anche se non impossibile, sanare.
Non tutto quadra né coinvolge fino in fondo in un film troppo lungo ed anche eccessivamente ambizioso, per il quale il regista ha chiesto consiglio anche a diversi personaggi, da Roman Polanski a Martin Scorsese, ma alcuni guizzi di Akin sono inconfondibili ed indimenticabili, come la proiezione de Il monello di Chaplin, che risveglia il mai domo istinto paterno di Nazaret.
Pur cedendo sotto il peso delle proprie aspirazioni e per quanto non del tutto riuscito, Il padre resta un film interessante e da recuperare, anche per l’interpretazione quasi del tutto silenziosa dell’attore principale, Tahar Rahim, sul quale si regge in gran parte.
Voto: 6 e ½
Paolo Dallimonti