Scheda film

Regia: Asghar Farhadi
Sceneggiatura: Asghar Farhadi
Fotografia: Mahmoud Kalari
Montaggio: Juliette Welfling
Costumi: Jean-Daniel Vuillermoz
Francia, 2013 – Drammatico – Durata 130’
Cast: Bèrenice Bejo, Tahar Rahin, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis, Jeanne Jestin
Uscita: 21 Novembre
Distribuzione: BIM

 Analisi di un melodramma

Il regista iraniano Asghar Farhadi, dopo Una Separazione, porta sullo schermo un’altra storia ricca di intimismo e dramma, ma allo stesso tempo anche piena di uguaglianza e profondità, riconfermandosi come uno dei narrastorie più moderni del cinema mondiale.
Dopo quattro anni di separazione, Ahmad torna a Parigi da Teheran, su richiesta di Marie, sua moglie, una donna francese, per portare a termine la procedura di divorzio. Nel corso del suo breve soggiorno, Ahmad scopre la conflittualità del rapporto che Marie ha con la figlia, Lucie. Gli sforzi di Ahmad per tentare di migliorare quel rapporto sveleranno un segreto del passato.
Un punto decisamente interessante che il regista ci mostra sin dalle prime scene, è la totale incapacità di comunicazione che è sempre presente tra i personaggi (che è poi l’origine di molti drammi famigliari), testimoniata tra l’altro anche dalla messa in scena, grazie ad inquadrature dove i protagonisti non possono parlarsi perché divisi da un vetro e all’assenza di controcampi, che in alcune scene non ci permette di ascoltare cosa si stiano effettivamente dicendo i personaggi. Un concetto questo che trova senza dubbio origine nel tipo di cinema portato avanti negli anni settanta da Michelangelo Antonioni e che ha fatto poi scuola in moltissimi film drammatici degli anni a venire, compreso a quanto pare questo, a conferma di quanto il cinema nella sua poetica, risulti assolutamente trasversale e influenzabile da moltissime fonti.
Il Passato è ambientato a Parigi ( che insieme a Roma è forse la città del passato per eccellenza), una Parigi insolita, dato che in questo caso la zona interessata è la periferia residenziale della capitale francese, scelta molto originale di Farhadi, che ha preferito non distrarre lo spettatore con idolatrie visive delle architetture parigine, volendosi concentrare essenzialmente sullo schema narrativo, che ci mostra le situazioni drammatiche che attraversano la vita di questa singolare famiglia moderna.
Un altro punto apprezzabile di questo lavoro è l’uso della colonna sonora, dove la musica viene completamente lasciata da parte (eccezion fatta per i secondi finali), creando un vero e proprio campo sonoro di rumori del mondo circostante, ben accentuati e che creano consapevolmente una sensazione diversa a seconda della situazione; uno dei punti, questo, che rendono il cinema di questo cineasta tendente verso un cosciente realismo, come è del resto per tutto il grande cinema iraniano (vedi Abbas Kiarostami e Samira Makhmalbaf).
A conferma inoltre della coerente poetica di questo regista, vediamo come il personaggio catalizzatore di un tentativo di riconciliazione tra Marie (una credibilissima Bèrenice Bejo, vincitrice per altro del premio come miglior attrice al Festival di Cannes) e Lucie, è proprio l’iraniano Ahmad, che si dimostra tra i protagonisti come il più saggio e democratico. L’evidente linea di condotta di Farhadi, come era accaduto per Una Separazione, di cui quest’ultimo film vuole quasi essere un seguito concettuale, è proprio quella di non far definire i propri personaggi dalla loro bandiera o dalla loro nazionalità, lasciando che sia solo la situazione contingente a determinare il loro comportamenti. 

Voto: 7 e ½

Mario Blaconà