Scheda film
Titolo originale: Bridge of spies
Regia: Steven Spielberg
Soggetto e Sceneggiatura: Matt Charman, Joel Coen ed Ethan Coen
Fotografia: Janusz Kaminsky
Montaggio: Michael Kahn
Scenografie: Adam Stockhausen
Costumi: Kasia Walicka-Maimone
Musiche: Thomas Newman
USA/Germania, 2015 – Spionaggio – Durata: 140′
Cast: Tom Hanks, Mark Rylance, Alan Alda, Amy Ryan, Austin Stowell, Sebastian Koch, Mikhail Gorevoy, Peter McRobbier, Will Rogers
Uscita: 16 dicembre 2015
Distribuzione: 20th Century Fox
Merce di scambio
Steven Spielberg sarà sempre ricordato nella lunga storia del cinema come uno dei più grandi registi (di genere). Con una predilezione per due temi: la fantascienza e la storia. Temi in cui ha sempre eccelso.
Figlio di ebrei, ha omaggiato le sue origini nell’indimenticabile Schindler’s list, ma in questa sua ultima fatica, Il ponte delle spie, ha affermato di voler rendere onore al padre Arnold: “Mio padre era andato in Russia durante la Guerra Fredda, dopo la cattura di Francis Gary Powers”, racconta Spielberg. “Mio padre e altri tre colleghi della General Electric stavano facendo la fila per vedere i resti dell’aereo spia U2 che i russi avevano messo in mostra per chi volesse vederli e che comprendevano anche l’uniforme da volo e il casco di Powers. La fila era molto lunga, ma a un certo punto due militari russi si avvicinarono a lui e ai suoi amici, chedendo loro i documenti; quando si resero conto che erano americani, li portarono all’inizio della fila, non per agevolarli, ma per indicargli i resti dell’aereo e ripetergli, più volte, con astio: ‘Guardate cosa sta facendo il vostro Paese!’ Poi restituì i passaporti a tutti e quattro.”
Francis Gary Powers è una delle tante pedine della scacchiera di questa storia vera, degna di un Le Carré ed ambientata in piena guerra fredda, che prende le mosse nella Brooklyn degli anni cinquanta, quando un curioso signore, che scopriremo essere Rudolf Abel (uno strepitoso Mark Rylance), viene inseguito e catturato nella sua abitazione da uomini in giacca e cravatta: sono membri dell’FBI e lui è accusato di attività anti-americane in favore dell’Unione Sovietica, ossia di spionaggio. Per difenderlo viene chiamato dal goveno James Donovan (Tom Hanks), un avvocato indipendente al momento impegnato nelle assicurazioni. A Donovan, ex-procuratore dei processi di Norimberga e strenuo difensore della giustizia e della necessaria tutela dei diritti umani, non importa se l’uomo sia o meno colpevole – molto probabilmente lo è, poiché in concomitanza con l’arresto gli abbiamo visto recuperare dei codici cifrati – né vorrà mai saperlo, ma accetta il caso proprio in nome dei suoi principi, determinato a non far condannare a morte l’uomo, ma all’ergastolo, soprattutto in virtù di un’idea.
In montaggio alternato seguiamo in contemporanea il severo addestramento di Francis Gary Powers (Austin Stowell), militare destinato a pilotare uno degli aerei spia in dotazione agli Stati Uniti, gli U-2, da inviare sui cieli nemici, fino al suo abbattimento in missione ed alla conseguente cattura da parte dei sovietici. Ed è lì che viene messa in pratica l’idea di Donovan: Abel può essere usato come merce di scambio.
L’avvocato si reca a Berlino per iniziare una trattativa e lì apprende che pure uno studente americano, Frederic Pryor (Will Rogers), che ha incautamente attraversato il muro in costruzione, è detenuto. Il suo piano, facendo leva anche sui delicati rapporti (di forza) tra Germania Est e Unione Sovietica, mirerà audacemente alla liberazione di entrambi…
Quasi settant’anni e non li dimostra, così come il cinema non dimostra i suoi centoventi: questo è Steven Spielberg! Capace di girare un film lungo (due ore e venti minuti) in vecchio stile, pur senza rinunciare a fondamentali e sofisticate tecnologie digitali per la ricostruzione, riuscendo a divertire, interessare ed emozionare lo spettatore. Ed anche ad informarlo. Senza rinunciare all’ironia in momenti cruciali e pronto ad abbandonarla in altri di maggiore tensione, il regista di Salvate il soldato Ryan, costruisce un dramma spionistico più che mai attuale, in tempi in cui, ad esempio, un Putin si è impegnato ad aumentare l’arsenale missilistico nucleare della Russia.
Un gigantesco Tom Hanks in odore di Oscar dà il volto ad un grande personaggio americano che lo sceneggiatore Matt Charman (coadiuvato da Joel ed Ethan Coen – sì, proprio loro!) ha scovato nelle pieghe della biografia di Kennedy e che, come scopriremo nelle didascalie finali, si dedicò a numerose altre operazioni nell’ombra, pure a rischio dell’incolumità propria e della sua famiglia, cosa visibile in alcune scene del film
Il ponte di Glienicke, che dà il titolo alla pellicola, luogo abituale degli scambi, nel momento in cui la guerra fredda ha la sua sterzata più brusca durante la costruzione del famigerato muro di Berlino, diventa il mezzo ed anche la metafora di un dialogo che solo in quel modo poteva avere luogo: un gioco al gatto ed al topo di gran lunga evitabile, ma tutto sommato riuscito.
Voto: 7 e ½
Paolo Dallimonti