Scheda film

Regia: Giulio Base
Soggetto: Tratto dal romanzo di Piero Chiara IL PRETORE DI CUVIO – EDIZIONI MONDADORI 1973
Sceneggiatura:
Fotografia:
Montaggio:
Scenografie:
Costumi:
Musiche:
Suono:
Nazione, Anno – Genere – Durata: ‘
Cast: FRANCESCO PANNOFINO, SARAH MAESTRI, MATTIA ZÀCCARO GARAU, ELIANA MIGLIO, CARLINA TORTA,CARLO GIUSEPPE GABARDINI, MASSIMILIANO CAVALLARI e con la partecipazione straordinaria di DEBORA CAPRIOGLIO
Uscita: 3 aprile 2014
Distribuzione: Mediaplex

Tratto dal romanzo di Piero Chiara IL PRETORE DI CUVIO – EDIZIONI MONDADORI 1973
Il romanzo è ambientato essenzialmente nei primi anni 1930 e narra la vita di Augusto Vanghetta, già studente di legge presso l’Università di Pavia, laureato fortunosamente nel 1915, per sei anni praticante notaio, poi elevato alla carica pretore grazie alla Legge Mortara (ideata dal ministro Lodovico Mortara per rinforzare le fila della magistratura, decimata dalla Prima Guerra Mondiale, mediante l’apertura dell’accesso alle relative cariche a tutti i laureati iscritti da almeno 5 anni all’albo degli avvocati e notai) e infine insediato, dopo esperienze a Cantù e in Piemonte, nell’ameno borgo valcuviano di Cuvio. Egli ha circa cinquant’anni di età e non è certo attraente: basso, tarchiato, grassottello e barbuto, ma possiede delle inconsuete virtù di virilità, grazie alla quale, unita al prestigio della sua carica, riesce ad attrarre e sedurre donne di ogni età e di ogni estrazione sociale, sposate e nubili, belle e brutte. In aggiunta, frequenta abitualmente i bordelli di tutto il nord Italia. A far le spese di questa vita libertina è essenzialmente sua moglie, Evelina Andreoletti, brianzola d’origine, di vent’anni più giovane del Vanghetta, il quale l’aveva sposata anche e soprattutto per la ricca eredità di cui era unica beneficiaria. Costei, in origine donna bella ed attraente, a fianco di cotanto marito langue e sfiorisce sempre più, provata dalla solitudine e dai continui tradimenti. Tale deperimento le impedisce di avere figli, sicché il coniuge stesso (dopo averla fatta visitare da svariati medici) si rassegna a considerarla sterile ed ormai pressoché moribonda. Non solo: coglie il pretesto per lanciarsi con vieppiù ardore nella sua attività di “seduttore seriale”.
De facto egli esercita molto di rado la sua funzione di pretore: le sue giornate sono assorbite dalle visite rese e ricevute dalle amanti. Addirittura l’ambulatorio annesso al gabinetto di pretura viene da lui regolarmente sfruttato come alcova. Per essere definitivamente sgravato dalle sue incombenze, il Vanghetta decide di assumere un assistente, il giovane avvocato Mario Landriani, per il quale ottiene la nomina a vicepretore, e sul quale scarica tutte le prerogative di sua spettanza, ivi compreso il trasporto delle sue amanti, fiducioso che il giovane non abbia pulsioni attrattive verso di loro. Effettivamente il Landriani, uomo di bell’aspetto, ma molto riservato, pare interessarsi solo al suo lavoro e al suo unico hobby, la caccia.
Nel tempo libero, il Vanghetta si esercita anche nell’arte della drammaturgia: addirittura mette in scena una pomposa opera teatrale a sfondo amoroso (L’amore è un’equazione, ovvero Ramiro e Isidora) allo scopo di renderne protagonista una sua amante particolarmente affascinante, focosa e restìa a concederglisi: la “contessa” Armandina Regner de Montfleury, nata Cazzola, ex moglie di un diplomatico francese, nonché donna di facili costumi, con una vasta rete di amicizie e clientele altolocate. La première viene programmata presso il teatro di Montegrino: per essere sicuro di avere la sala piena, il Vanghetta fa predisporre dei torpedoni che girano tutta la Valcuvia a raccogliere pubblico.
La grande sera, a teatro tutto sembra andare per il meglio: l’opera ha un buon successo e il Vanghetta riesce infine a ritirarsi con la contessa nei camerini e a consumare l’ennesima seduzione, quando d’un tratto un furioso nubifragio si abbatte sul borgo e causa il crollo del tetto della sala, che in pochi istanti si allaga. Subito si scatena un fuggi fuggi generale; nella calca, due persone muoiono e tre restano ferite. Il pretore, uscito in tutta fretta dai camerini, sale in macchina con la contessa e si allontana verso la residenza di lei, non prima di aver affidato al Mario Landriani la moglie, con l’ordine di riportarla a casa a Cuvio. L’avvocato fa quindi accomodare Evelina in macchina e parte verso la Valcuvia. Poco dopo Cassano Valcuvia, la strada principale (l’odierna Strada statale 394) è tuttavia interrotta da alcuni alberi abbattuti dalla tempesta, sicché il giovane avvocato decide di deviare su una strada secondaria (oggi Strada provinciale 62) con l’intento di raggiungere Cuvio passando per Castello Cabiaglio. Arrivato a Brinzio, decide di inoltrarsi nei boschi circostanti, raggiunge il suo casino di caccia ivi situato e lascia che Evelina vi entri a cambiarsi e riposarsi, mentre lui si corica in macchina.
L’indomani mattina, al suo risveglio, il Landriani si ritrova Evelina china su di lui, intenta a contemplarlo: stupito e frastornato dalla visione, fa per scostarsi, ma involontariamente finisce tra le braccia di lei. Ciò fa scattare il “colpo di fulmine”: i due prendono a baciarsi lungamente ed appassionatamente. Una volta riusciti a ricomporsi, il Landriani rimette in moto la macchina e, come se niente fosse, riparte con la signora alla volta di Cuvio.
Da qui inizia la loro storia d’amore, favorita dal fatto che il Vanghetta, ignaro di tutto, per avere il suo fido assistente sempre a disposizione, lo fa venire ad abitare a casa sua. Diventa così facilissimo per loro trovarsi e consumare il rapporto, anche perché il pretore non “tocca” più Evelina ormai da anni e non va neppure a dormire insieme a lei. La domestica di casa, Rosa Malcotti, è compiacente e all’occorrenza fa da palo ai due amanti. Ogni tanto inoltre, i due ritornano al casino di caccia; durante una di queste escursioni, Evelina perde una spilla tempestata di gemme ferma-abito, dono del marito.
La storia d’amore porta grandi benefici per Evelina, la quale pian piano “ritorna alla vita”: anche i medici giungono a ritenerla guarita dai suoi mali misteriosi (che, come si è visto, erano dovuti alla spregiudicatezza del coniuge).
Ma il colmo deve ancora venire: un giorno Evelina rivela al marito, che a sua volta si era assai stupito del suo “rifiorire”, che i medici l’hanno trovata incinta. Il Vanghetta, furioso dinnanzi alla prova incontrovertibile di essere stato a sua volta cornificato, subito cerca di scoprire chi sia il responsabile. I pochi indizi che raccoglie portano al Landriani, ma egli, che si fida ciecamente del suo vice-pretore, rifiuta categoricamente di credere a questa eventualità. Per evitare di suscitare troppe chiacchiere, decide finanche di riconoscere il nascituro come suo legittimo figlio.
In questo periodo, il Vanghetta riceve altresì l’incarico di difendere un importante ingegnere ferroviario, il signor Pepere Lopez, responsabile delle tramvie della Valcuvia, accusato di aver provocato un grave incidente tranviario con vari morti e feriti. Il pretore però si dimostra impacciato e poco brillante, tanto che il processo di primo grado viene perso, e il Pepere Lopez decide di licenziarlo. Da lì inizierà la parabola discendente della sua carriera di leguleio.
Qualche giorno dopo il Vanghetta, di ritorno da Varese, dove aveva invano cercato notizie sul padre del figlio di Evelina, avendo un impellente bisogno fisiologico, arrivato a Brinzio raggiunge il capanno di caccia del Landriani. Qui casualmente trova la spilla della moglie, a conferma di ciò che era ormai evidente: l’amante di Evelina è proprio il suo fido Landriani. Tuttavia decide di non fare nulla, anche e soprattutto per rassegnazione: Mario continua a risiedere a casa sua e a trascorrere lunghe ore di passione con Evelina.
Il bambino nasce il 21 aprile 1933, ma Evelina si affatica a tal punto nel parto da subìre un collasso, che cinque giorni dopo la porta alla morte. Da quel momento, nel giro di una settimana, sia il Vanghetta che il Landriani lasciano la dimora di Cuvio. L’ormai ex pretore se ne va a Milano, dove tenta con scarsa fortuna di riprendere l’attività forense; ben presto rimane povero in canna, si riduce a mangiare in locali economici e si ubriaca frequentemente: ormai neppure le visite ai bordelli riescono a rinfrancarlo. Morirà poco tempo dopo, all’età di 56 anni, travolto da un tram. Il Landriani invece morirà combattendo sul fronte greco-albanese nel 1941. Del figlio di Evelina non si ha più notizia.
Alcuni decenni dopo, un individuo misterioso sui trent’anni, sedicente rappresentante di commercio, si ferma in un albergo di Cuvio ed inizia a fare domande ai paesani, chiedendo notizie di un certo pretore Vanghetta. Nessuno però pare ricordarsi nulla, finché non incontra un anziano ex messo comunale ultraottantenne, di nome Cavaiotti, che gli narra con dovizia di particolari (e qualche imprecisione) la storia d’amore di Evelina, moglie del pretore Vanghetta, con l’aiutante di lui, un avvocato giovane e di bell’aspetto di nome Mario Landriani, e di come da questa storia fosse nato un figlio, cui era stato imposto il nome Ramiro (lo stesso nome del protagonista dell’opera teatrale messa in scena a suo tempo dal pretore a Montegrino “in onore” di una sua amante), che poi era misteriosamente scomparso.
L’individuo misterioso si fa quindi condurre al cimitero comunale, per vedere la tomba in cui giace Evelina; fatto ciò, apparentemente soddisfatto paga il conto e lascia Cuvio. Incuriosito, il Cavaiotti chiede di poter consultare il registro dell’albergo in cui egli aveva alloggiato, e scopre che l’uomo aveva dichiarato di chiamarsi Giuseppe Perucchetti, anconetano d’origine.
Di lì a poco giunge in albergo un capitano dei carabinieri, che rIvela ai presenti una sconcertante verità: il misterioso individuo è in realtà Ramiro Vanghetta, figlio di Evelina Andreoletti, pluripregiudicato, latitante e ricercato. Con la scena del militare che raccomanda di chiamare subito le forze dell’ordine nel caso qualcuno avesse rivisto in giro Ramiro e con una predizione (ad opera del narratore) della ormai imminente morte di quest’ultimo, si chiude il romanzo.

Similmente a quanto fatto per molte sue opere, anche per Il pretore di Cuvio Piero Chiara aveva abbozzato un adattamento della trama per un’eventuale riduzione cinematografica, che però non fu mai realizzata: lo stesso scrittore luinese e il suo collaboratore Federico Roncoroni (critico letterario e pedagogo, che poi riceverà la gestione esclusiva dei diritti sulle opere di Chiara) per tre volte, tra gli anni 1970 e 1980, rifiutarono offerte di realizzazione del film, non ritenendole all’altezza del romanzo.
Dopo la morte di Chiara, nel 1986, l’interesse del mondo del cinema per Il pretore di Cuvio si spense, finché ai primi del 2011 l’attrice luinese Sarah Maestri si mise in contatto con Roncoroni per proporgli nuovamente di realizzare l’adattamento del romanzo. Roncoroni accettò e, il 22 luglio 2013, partirono le riprese del film, intitolato Il pretore, prodotto da Lime Film e Chichinscì srl, e diretto da Giulio Base, con Francesco Pannofino nel ruolo del pretore Augusto Vanghetta, Mattia Zaccaro Garau all’interpretazione dell’avvocato Landriani e la stessa Sarah Maestri in quello della moglie Evelina. Le riprese, effettuate principalmente in varie località del Varesotto, si conclusero il 5 settembre 2013.
(da Wikipedia)