Recensione n.1
E’ passato un anno, con tutto il concentrato di vita racchiuso nella convenzione dei giorni che si succedono ineluttabilmente, ma nella Terra di Mezzo il tempo si e’ fermato ed e’ finalmente giunto il momento di ricominciare l’avventura. “Le Due Torri” inizia esattamente dov’era finito il primo riuscito episodio: nessun riassunto della puntata precedente, secondo il volere di Peter Jackson che temeva un approccio televisivo, ma subito all’interno dell’azione per continuare il viaggio. Indubbio il talento visivo di Jackson e la quasi sovrumana capacita’ di tenere sotto controllo una storia cosi’ complessa e articolata, ma la obbligata frammentazione di questo secondo episodio limita per forze di cose il coinvolgimento.
Pur riuscendo sempre a trovare appigli a cui aggrapparsi, per non perdersi nella moltitudine di personaggi e situazioni, si fatica un po’, a meno di non essere approfonditi conoscitori della saga di Tolkien, a distinguere, non tanto le molteplici creature, quanto le diverse motivazioni di ogni personaggio. La prima parte scorre compatta e avvince, poi i continui rimandi da una sezione all’altra del racconto appesantiscono un po’ la visione fino alla spettacolare battaglia finale. Tra i nuovi personaggi colpisce l’espressivita’ del quasi completamente di sintesi Gollum, lacerato da una scissione psicologica non certo originale ma di indubbia efficacia. Il vagare di Pipino e Merry, trasportati da Barbalbero nella foresta di Fangorn, e’ invece la parte meno riuscita del film e, pur essendo funzionale alla narrazione, evoca una suggestione che non riesce a creare. Anche Gandalf, nel passaggio dal Grigio al Bianco, perde in carisma e diviene un supereroe tra i tanti. In generale si puo’ dire che la maggior parte dei personaggi perde quelle sfumature preziose che avevano contribuito a mantenere alta la tensione nel film capostipite.
Ne “Le due torri”, infatti, anche quando l’eroe e’ solo contro mille nemici, o cade da una roccia a precipizio sul vuoto, siamo sicuri che in qualche modo ce la fara’ e la possibilita’ di anticipare la vittoria riduce la tensione emotiva. Nonostante una maggiore cupezza di insieme, una a volte inopportuna ironia (le solite battutine virili) stempera troppo le tinte. Lo stesso Frodo ha cedimenti nei confronti del potere dell’anello di prevedibile esito. In ogni caso, un grande spettacolo. C’e’ chi ha visto nella determinazione alla guerra, alla base del film, una sorta di metafora dell’attuale situazione tra U.S.A. e Irak e in effetti … ma per una volta evitiamo metafore, collegamenti e analisi delle intenzioni e lasciamoci trasportare, per quel che ci e’ possibile, nell’epica avventura.
Luca Baroncini
Recensione n.2
Scriverò del film, perché scrivere del capolavoro letterario di Tolkien è impresa ardua ed inutile, la magnificenza di questa saga è appurata, la perfezione letteraria, la simbologia, il modello del “viaggio dell’eroe” proposto da questa scrittura è e rimarrà insuperato.
Veniamo al film. Ricostruzione fedele e magica, con un Jackson in piena forma che anima i personaggi con notevole disinvoltura e senza anacronismi.
Il film è lungo, avventuroso, ben fotografato. Il ricorso agli effetti speciali resta nel giusto, le masse di orchi e di uomini che si affrontano sono guidate con conoscenza del genere cavalleresco.
Poche battute (forse troppo poche), grandi guerre, scenografie imponenti e per un regista avere sotto controllo un lavoro così epocale e mastodontico è veramente difficile. A Jackson il pieno merito di aver confermato il fatto che il cinema è ” La macchina dei sogni per eccellenza”.
I personaggi di questa seconda parte, del centro della trilogia, si muovono bene. Gli attori sono misurati e assolutamente credibili, impegnati in un gioco di squadra che farebbe invidia a chiunque.
Ma in questo film spiccano personaggi “irreali” per eccellenza, i “Guardiani degli alberi” e Gollum, la viscida creatura, in verità a metà strada tra l’ animazione e il perfetto Andy Serkis.
Tre ore immersi in una realtà fantastica, quella immaginata da sempre, costruita in un film perfetto e che in verità dovrebbe essere più lungo. La pellicola risente dei numerosi tagli (visibilissimi) nel ritmo, sbava leggermente e conclude troppo frettolosamente la scena madre della battaglia finale.
Il regista pesca a piene mani dalla storia del cinema, citazionismo a volontà, soprattutto per le scene di massa con tagli e inquadrature alla Ejzenstejn, impianto scenico invece ispirato a Kurosawa, ma non si può pensare di fare un film del genere senza l’aiuto dei maestri.
Orchi, elfi, cavalieri mitici alla Re Artù, bellissime fanciulle, nani combattenti, l’eroica resistenza al male dilagante, quella resistenza che porterà nella terza parte alla restaurazione. Non basterebbe un libro per parlare compiutamente del significato della trilogia.
Abbiamo avuto un film con il merito di non aver sbagliato nulla, di avere descritto perfettamente quel mondo immaginario sognato da Tolkien, un film da tre tempi di cui abbiamo visto solo una parte, che giudicheremo appieno quando avremo finalmente la possibilità di vedere tutta l’opera in versione integrale (logicamente in dvd) e che ci esalterà definitivamente tra un anno… Quando parteciperemo al “Ritorno del Re”.
Nicola Guarino
Recensione n.3
LA RECE NON CONTIENE GROSSI SPOILER SE NON ALLA FINE, DOVE CI SONO LE “OSSERVAZIONI SPARSE”
“Le Due Torri” e’ il seguito de “La Compagnia dell’Anello”, e sposta l’azione su una scala piu’ vasta. Non sono piu’ i singoli personaggi, i loro viaggi e le loro battaglie a definire il corso degli eventi, ma il mobilitarsi di interi regni e gli scontri di interi eserciti. In cio’ sta l’anima positiva e negativa del film: chi si era affezionato alle avventure di un gruppo di personaggi legati dal filo del destino ne’ “La Compagnia” trovera’ pochissimo spazio per questo genere di sentimenti ne “Le Due Torri”. Chi, d’altro canto, non vedeva l’ora di vedere al cinema una guerra fantasy realizzata Come Dio Comanda, non trovera’ nessun
altro esempio cinematografico che possa paragonarsi al nuovo film di Jackson. “Le Due Torri” non ha alcun riassunto, e inizia dove “La Compagnia” ci aveva lasciato.
Se non avete visto il primo film, preparatevi a trovarvi a una festa dove tutti parlano di cose che non sapete. Nelle “Due Torri” il tema non e’ piu’ il viaggio di una compagnia di personaggi, e il complesso sviluppo dei loro rapporti. Il quadro si allarga, e il tema centrale del film diventa la guerra. Piu’ precisamente, il “conflitto”, che tra nazioni diventa guerra. Vi e’ conflitto tra amici, conflitto tra sentimenti, conflitto tra gli stessi eroi sulle scelte da compiere. Ma, su scala piu’ vasta, ovviamente vi e’ la guerra. La compagnia si e’ divisa, i protagonisti hanno preso strade diverse, e nei loro viaggi entrano in contatto con i diversi aspetti di tale realtà, che come un incendio si sta allargando su tutta la Terra di Mezzo. E’ stato questo, probabilmente, l’aspetto che piu’ mi ha colpito de “Le Due Torri”. Film come “Salvate il Soldato Ryan” o “Blackhawk Down” si concentrano su un luogo e un momento ben precisi all’interno di un conflitto. “Le Due Torri”, al contrario, mostra l’intera estensione dello stesso, in tutte le sue forme e in tutte le regioni che ha invaso: dalle imboscate dei ranger di Gondor agli scontri “secondari” tra la cavalleria che scorta dei civili e gli orchetti cavalcalupi nelle pianure di Rohan, agli assedi – profondamente diversi in geografia e natura, del Fosso di Helm e di Osgiliath.
Sembra che non una singola regione della Terra di Mezzo, se non la fortunata contea a settentrione, non sia avvolta dalle fiamme della guerra. Una guerra rappresentata realisticamente, con estrema violenza (una compagnia di uomini del sul viene massacrata in un’imboscata con una freddezza degna di un azione militare reale) e ben poca gloria. Cio’ rende “Le Due Torri” un film cupo e crepuscolare, che solo l’occasionale momento comico offerto da Gimli il Nano riesce a rischiarare. Visivamente e spettacolarmente il film lascia senza fiato. Laddove “L’Attacco dei Cloni” me lo ricordo a tutt’oggi come un enorme candito in CG senza ne’ capo ne’ coda, “Le Due Torri” mi ha lasciato una serie di immagini che, mentre scrivo, si stagliano nella mia mente come quadri. Tutto cio’ pero’ ha un prezzo, ed e’ una minore definizione dei personaggi ed un perdersi della linea narrativa che scorreva nitida nella “Compagnia dell’Anello”
* Cinematograficamente * parlando, infatti, il finale della “Compagnia” indicava chiaramente le due linee narrative sulle quali sarebbe dovuta proseguire la storia: il viaggio di Frodo verso Mordor e quello di Aragorn verso Gondor, dopo il dialogo finale con Boromr. Cio’, sempre da un punto di vista cinematografico, avrebbe condotto subito al “Ritorno del Re”.Il risultato e’ che “Le Due Torri” diventa un film superfluo. La prima parte introduce i personaggi e la trama, mentre ovviamente nella terza ci saranno i Veri Botti ™. Cio’ riduce un po’ la seconda a un momento di passaggio nel quale, a ben pensarci, non vediamo nulla che abbiamo visto prima o non vedremo dopo. In sintesi, “Le Due Torri” non e’ “L’Impero Colpisce Ancora”. Gli stessi personaggi sembrano “congelarsi”: Aragorn vive un’evoluzione ben precisa – e molto bella – ne “La Compagnia”, qui diventa un capo guerriero, ma non ha alcuna vera crescita psicologica. Chi conosce i libri sa che tale evoluzione riprendera’ nella terza parte.
Frodo, e’ vero, e’ sempre piu’ preda dell’Anello, ma la linea narrativa scelta per la sua vicenda nelle “Due Torri” ha RIEMPITIVO scritto lontano un miglio, e in effetti tolta qualche scena avrebbe avuto piu’ senso vederlo affrontare Mordor – soprattutto considerando che con cosa accadra’ la’ le robe da raccontare non sarebbero mancate. Gli attori: tra i nuovi, sopra a tutti, ho preferito Bernard Hill come Theoden e (OVVIAMENTE!) Brad Dourif come Vermilinguo (ma quand’e’ che a Brad faranno interpretare per una volta un personaggio alla Vin Disel? ^__^) Theoden e’ tra l’altro il mio personaggio preferito nel libro. David Whenam come Faramir e’ un passo indietro, ma piu’ che altro per la caratterizzazione poco chiara del suo personaggio – la sua somiglianza con Boromir e’ davvero impressionante. Infine, Karl Urban come Eomer fa davvero troppo poco per dare un giudizio, e penso si vedra’ di piu’ nel terzo libro. Ah, non posso fare a meno di menzionare come, per qualche ragione, ho trovato MOLTO piu’ azzeccato qui l’Agente Smith (Hugo Weaving) nei panni di Elrond di quanto non lo fosse nel primo film. Un discorso a parte, e piu’ lungo, merita Miranda Otto come Eowyn. Mentre praticamente tutto il mondo sa che per me la Eowyn dei libri e’ Milla Jovovich (particolarmente qui: http://www.millaj.com/pics/joa6.jpg) occorre dire che l’interpretazione che Jackson da’ del personaggio e’ diversa da quella che ne da’ Tolkien. Questo e’ pero’ un punto importante per la mitologia tolkieniana: Eowyn viene spesso citata dagli studiosi di Tolkien come la dimostrazione che “l’anziano (e secondo alcuni misogino) professore di Oxford” aveva in realta’ una sensibilita’ molto umana verso i problemi delle donne e i loro sentimenti a una certa eta’. La natura del suo amore per Aragorn non è mai realmente rivelata nel libro, ed e’ in realta’ Aragorn stesso a giustificarlo come “un amore non per me ma per cio’ che rappresento: liberta’, autodeterminazione, il non essere prigioniero in una gabbia dorata”. Forse e’ cosi’, ma e’ certo che la cotta di Eowyn per Aragorn fosse ben reale e, nell’usare non a caso il termine “cotta”, tale sentimento avrebbe dovuto puntare verso un personaggio di eta’ ben diversa da quella di Miranda (“fredda come la nebbia di un mattino d’inverno, e non ancora maturata in donna” la descrive Tolkien).
Invece la Eowyn di Jackson (oltre a sembrare un’incrocio tra la mia panettiera e una cameriera dell’Oktoberfest) sembra gia’ di base accettare il suo amore come espressione di cio’ che Aragorn simboleggia – inclusa la fedelta’ verso la donna che Aragorn ama (come mostra la sua radiosa scelta di recitazione in un momento al fosso di Helm in cui il sentimento di Aragorn per Arwen viene mostrato in modo semplice ma intenso). Scelta questa interpretazione del personaggio, allora prendiamoci pure Miranda Otto, con la sua maggiore maturita’. Cio’ non toglie che, nel terzo film, a andare a spaccare il kulo a Chi-Sappiamo-Noi ™ TRAVESTITA DA UOMO avrei voluto vedere la Milla dell’immagine di cui sopra (che tra l’altro immagino sappia prendersi cotte e travestirsi da uomo molto meglio di Miranda). Pazienza, non si puo’ sempre vincere. DUE discorsi a parte li meritano invece Gollum e gli Ent, anche se piu’ brevi. Gollum e’ il piu’ bel personaggio in CG che sia mai stato creato. Lo hanno gia’ detto tutti e ora posso solo dire: guardatevelo! So che puo’ sembrare ingiusto dedicare due righe alla cosa piu’ bella del film, ma davvero non ho altro da dire: guardatelo!
^__^ Gli Ent mi hanno lasciato meno soddisfatto, ma in effetti gli Ent sono una di quelle cose che funzionano nell’immaginazione suscitata dalla parola scritta, ma che poi diventano un incubo da rappresentare visivamente. Dato questo problema, credo che Jackson e i suoi abbiano fatto uno tra i migliori lavori possibili (sicuramente ce n’erano altri). L’assedio del Fosso di Helm verra’ ricordato, senza dubbio, come una pietra miliare nell’arte di rappresentare la guerra al cinema. L’accostamento che piu’ spesso e’ stato fatto e’ quello con i capolavori bellici di Akira Kurosawa (“Ran”, “Kagemusha”.) Trovo che questo accostamento sia assolutamente corretto, anche se a favore del maestro giapponese gioca un merito in piu’: Kurosawa doveva davvero organizzare e comandare i suoi eserciti di comparse, mentre Jackson ha potuto avvalersi delle piu’ moderne tecnologie digitali. Detto questo, l’intera sequenza dell’attacco al Fosso e’ tanto superiore (per fare un confronto qualsiasi) alla battaglia finale de “L’Attacco dei Cloni” quanto la portaerei Nimitz puo’ esserlo del canotto che avevo al mare da bambino: il campo di battaglia e’ ben definito, i piani di battaglia dei due schieramenti sono chiari (piu’ sofisticato quello dei difensori, piu’ rozzo ma con un suo senso quello degli attaccanti).
Lo svolgersi della battaglia e’ sempre nitido, con assalti, ritirate e cambiamenti di strategia da parte dei comandanti che mostrano sempre una logica chiaramente identificabile in base a cosa sta accadendo. In sostanza, lo scontro finale di Ramelle di “Salvate il Soldato Ryan” moltiplicato per diecimila. In definitiva, forse alla fine Jackson ha cercato di sostenere visivamente e con l’azione un film che narrativamente rappresentava un momento di cedimento, e, in questo senso vi e’ riuscito in modo STELLARE: a “noi umani” viene permesso di assistere a una serie di scene che in altri film da sole avrebbero costituito il momento clou. Ma ora un po’ ora aspetto i Veri Botti ™ nel “Ritorno del Re”, un po’ mi manca il piccolo mondo di relazioni tra i personaggi de “La Compagnia dell’Anello”, un po’ non condivido molte variazioni e scelte rispetto al libro, un po’ volevo la Milla. e un po’ mi manca Boromir. VOTOVINCE: * * * * SU * * * * *
OSSERVAZIONI SPARSE (SPOILER)
Una menzione speciale nonche’ un delirante applauso va all'”Orchetto Tedoforo” (se avete visto il film capirete). Secondo alcuni in realta’ erano tre o quattro, che si sono passati la torcia a staffetta da Isengard al Fosso di Helm – un’immagine meravigliosa. Cose notevoli della scena: splendida l’idea di girarla come il momento epico/drammatico di un film sportivo di serie B; assolutamente delirante come la chiave di volta del piano d’attacco dei cattivi si basi su uno (e uno solo) che deve arrivare alle mine portando la torcia SENZA ARMATURA e con i compagni intorno che applaudono (invece che coprirlo scagliando frecce verso i nemici) e dove già in primo luogo non si capisce perché non abbiano usato una freccia infuocata o non abbiano acceso le mine gli stessi che le hanno posate; surreale infine che l’eroe orchetto sopravviva a DUE frecciate di Legolas sparate da due passi laddove NULLA in due film e’ mai sopravvissuto a una frecciata di Legolas (perfino nella “Compagnia” aveva sparato la freccia decisiva che aveva ammazzato il troll). Sempre parlando della stessa scena, non ho capito neppure perche’ le mine di Saruman fossero uguali a quelle che posavano gli U-Boat nella prima guerra mondiale (con pure gli spuntoni per attivare il congegno esplosivo quando impattavano contro una nave); forse anche per questo mi e’ un po’ mancata su di esse la scritta “ACME”: WAR SURPLUS. Parlando di cose che mi sono mancate, Gandalf che recita IL POTERE DEI VALAR TI ESPELLE!!! mentre Theoden si alza in volo a braccia aperte. Anche la testa del re che si girava di 180 gradi e iniziava a parlare con la voce di Saruman non sarebbe stata male.
Parlando invece di WAR SURPLUS: le bestie volanti dei Nazgul. Sono grandi come F-14 ma si beccano UNA freccia e volano via terrorizzate! Chissa’ come saranno contenti i Nazgul di averle in dotazione. Un’altra scena che mi e’ mancata: Haldir che arriva al Fosso di Helm e saluta Theoden “Siamo venuti a onovave l’alleanza tva gli elfi e il coraggioso popolo dei cavalli!” E Theoden, indicando fuori dalle mura “Gettate questo frocio fuori dal mio castello” (“AAAAAAAH! Scena identica a quando gettano fuori Vermilinguo.) Pero’ gli arcieri ovviamente se li tenevano. Gli arcieri elfici sono un po’ nazisti. un po’ SS, diciamo.. Un po’ si’, dai. La “conversione” di Faramir: per tre ore David Wenham dà un’interpretazione del personaggio che non ha nulla a che vedere con il libro, ma che almeno è coerente con sé stessa. Poi,di colpo, assiste alla scena di Frodo che sta per dare l’Anello al primo Nazgul che passa, e esclama “Come ho potuto essere così cieco! Ma ora ho visto la luce! Vi libero e vi mando da soli con l’Anello (e Gollum) verso le terre di Mordor!” Se lo dice lui. Sempre parlando di Faramir, o ha poteri psichici o e’ saltato qualcosa nel montaggio: come fa a sapere della morte di Boromir? Nel libro lo intuisce, perche’ vede una notte lo spettro della barca funebre di suo fratello passare sull’Anduin, ma nel film di questa scena non vi e’ traccia. Escludendo i poteri psichici, propendo per il fatto che la vedremo nel DVD. Ma perche’ tagliarla? Qualcuno vuole spiegarmi CHI, in un momento in cui ipotizziamo che il Re di Rohan fosse ancora in possesso delle sue facoltà mentali, ha assunto BRAD DOURIF come suo consigliere?!? O____o Re Theoden sara’ anche stato esorcizzato e liberato, ma non ne imbrocca comunque una: “Al Fosso di Helm saremo al sicuro! Mai le mura sono cadute!
Il Trombatorrione non e’ mai stato preso!” e ogni volta viene sbugiardato nel giro di pochi secondi. Ma perche’ non l’hanno imbavagliato? Visto che il “Signore degli Anelli” e’ (respiro profondo) Fascista, Comunista, Femminista, Misogino, Ecologista, No-Global ecc. vi propongo una nuova interpretazione: FILOIRACHENO. “Non rischiero’ una guerra aperta!” dice Theoden “La Guerra aperta vi arrivera’ addosso che voi lo vogliate o meno” risponde Aragorn – e si trovano assediati 20 a 1 da un nemico tecnologicamente superiore. E vincono!! Saddam potrebbe distribuirlo alle truppe come propaganda. Ho gia’ detto che come Eowyn volevo Milla? Beh, beccatevela qui http://www.millaj.com/pics/joa-motm7.jpg (a Edoras) e qui http://www.millaj.com/pics/joa20.jpg (nel “Ritorno del Re”). Come quella del pugnale di Morgul, questa e’ una ferita da cui non guariro’ mai.
Vincenzo Beretta (da IAC)
Recensione n.4
L’attesissimo secondo episodio della saga di Tolkien, diretta da Peter Jackson, giunge finalmente in Italia, ad un anno dall’uscita del suo predecessore. Ritroviamo, quindi, i due hobbit, Frodo e Sam, diretti verso l’oscura Mordor, mentre l’eroico Aragorn con i fidati Legolas, l’elfo, e Gimli, il nano, lottano per difendere Rohan dall’esercito di orchi inviato dal malvagio Saruman, alleato di Sauron, signore del male. A questi due fili narrativi portanti se ne aggiungono altri a formare un intreccio, a volte complicato, di cui Jackson riesce a mantenere le redini. Certo, per chi non avesse letto il romanzo, il rischio di smarrirsi lungo la narrazione è più che concreto, mentre diventa una certezza per quei pochi che nemmeno hanno visto il primo episodio. E’ tuttavia significativo come Jackson riesca ad evitare quasi sempre concreti scivoloni in prolissità di vario genere, puntando, ancora una volta, su una eccessiva e vincente visionarietà, un magniloquente delirio di immaginazione e fantasia che tampona le cadute di ritmo, peraltro poco frequenti, e ci fa chiudere un occhio su quelle di gusto, come gli imbarazzanti messaggi ecologisti. Quindi confermata la promozione a pieni voti di Jackson che esce da protagonista dal confronto con un’impresa così ardua e costruisce un grande poema epico fatto di cinema, che evita le secche d’ispirazione in cui erano talora caduti altri autori di imprese simili (ad esempio George Lucas).
Simone Spoladori
Recensione n.5
E chi rimase abbastanza indifferente davanti a La compagnia dell’anello ci aveva visto giusto. Le Due torri conferma quell’impressione, anzi la rafforza.
E’ evidente il flop artistico del progetto jacksoniano, in questo secondo capitolo di una bruttezza e inutilita’ assolute. Brutto sotto tutti i punti di vista: noioso, incapace di emozionare, privo di una trama che appassioni, privo di sequenze interessanti (che invece non mancavano ne La Compagnia), privo di ritmo, addirittura mal girato. Tre ore e mezza che sono una vera tortura alla pazienza, alla sensibilita’ e alla cultura dello spettatore. Un degrado artistico e intellettuale il cui successo, oltretutto, testimonia come la nostra sia una generazione di rincoglioniti.
Jackson vorrebbe fare il grande kolossal d’autore, ma non ne possiede la tempra necessaria, ne’ la giusta idea di cinema. E realizza infatti un kolossal che del kolossal ha solo il budget, ma che nei risultati risulta freddo, asettico, addirittura troppo perfettino ed equilibrato come le tecniche digitali che squaderna a piu’ non posso. Sono finiti i tempi dei veri kolossal folli e megalomani come Apocalypse o Il Salario di Friedkin, C’era una volta o I Cancelli di Cimino. Film irripetibili, pieni di vita vera, di sangue e sofferenza, di follia e sregolatezza, e quindi anche di imperfezione. Ma assoluti e mitici. Jackson invece, regista di tempra e cultura adolescenziale, riesce solo ad annoiare con le sue sterili rielaborazioni al computer che sono, veramente, la morte del cinema, e del kolossal inteso come sfida estrema nei confronti della vita e della morte.
Ci fosse almeno una sequenza di cinema vero, in questo interminabile pastrocchio di tre ore e mezza. No, la regia di Jackson e’ solo un affastellamento di svolazzi continui e panoramiche aeree nella convinzione che basti un dolly per fare immediatamente l’epica. Sono tornato a casa a rivedermi in dvd la sequenza d’apertura di Jackie Brown, quella si’ commovente, stilisticamente complessa e con un uso consapevole del linguaggio cinematografico. Quello si’ cinema vero, forse d’altri tempi, ma vero, e di talento.
George Kaplan