Scheda film
Regia: Federico Ferrone e Michele Manzolini
Soggetto: Federico Ferrone, Michele Manzolini e Francesco Ragazzi
Sceneggiatura: Federico Ferrone e Michele Manzolini, con la collaborazione di Jaime Palomo Cousido e Denver M. Beattie
Fotografia: Marcello Dapporto, Andrea Vaccari, Sauro Ravaglia, Enzo Pasi e Luigi Pattuelli
Montaggio: Sara Fgaier
Musiche: Francesco Serra
Suono: Diego Schiavo
Italia, 2013 – Documentario – Durata: 70′
Voce narrante: Sauro Ravaglia
Uscita: 7 maggio 2014
Distribuzione: Cinecittà Luce
Qualcuno era comunista
“Qualcuno era comunista perchè vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.” Questo verso della canzone di Giorgio Gaber descrivono alla perfezione questa storia di speranza ideologica e del conseguente e amaro disincanto. Disincantata come solo una vittima di un’ideologia può essere.
Nel 1957 Alfonsine è un paesino della Romagna dalla spiccata propensione al comunismo, pieno di cooperative, animato dal mito dell’Unione Sovietica e permeato da una popolazione a grande maggioranza socialista. Alcuni di questi, tra cui dei cineamatori, riescono a partire per un clamoroso viaggio nella sognata Unione Sovietica, occasione per l’epoca più unica che rara, specie per chi non vive in un centro grande e non ha possibilità economiche di livello, da cui torneranno con quaranta rullini di Super8 impressionati. Tra i viaggiatori c’è Sauro Ravaglia, barbiere che decenni dopo mette a disposizione di due cineasti non solo i suoi ricordi ma anche il suo archivio d’immagini dell’epoca.
I livelli sottotestuali su cui Il Treno Va a Mosca si muove sono principalmente due. Il primo è teso a sottolineare la teleologia del film documentario, nel suo ruolo di incubatrice di storia e ricordi, ma sopratutto di primaria estensione ontologica della realtà, grazie anche al recupero di questi numerosi filmati d’epoca, che riescono a conservare una linea cronologica degli eventi molto chiara e precisa. Il senso stesso di questo tipo di cinema non è altro che quello di “doppiare” il reale, per riportarlo agli occhi di chi non lo ha potuto vivere in prima persona. ll valore intrinseco di quei momenti in questo caso è direttamente proporzionale all’importanza di poterli perpetuare ai posteri e questo senso di storicità si avverte limpidamente durante tutta la durata del film.
Il secondo livello parla proprio della già citata sensazione di disincanto, che si perpetua sopratutto lungo tutta la seconda metà di questo lavoro di Federico Ferrone e Michele Manzolini, un disincanto sottolineato anche dalla scelta di una colonna sonora composta da musica appena accennata, che sfiora la dark ambient in certi ambiti: toni bassi ma mai troppo invadenti, creati apposta per trasmettere un senso di crescente inquietudine; anche la voce narrante fuori campo del protagonista (il testimone più importante di questo viaggio verso la madre Russia) da prima sostenuta e speranzosa, col passare dei minuti diventa sempre più stanca, lenta e cinica, man mano che i segreti dell’URSS si svelano, dietro questo velo di Maya della storia europea.
Il tourning point tematico di questo documentario, in conclusione, non è altro che la summa di questi due aspetti e ci riconduce alla teoria sostenuta da quello che è considerato il più grande critico d’arte contemporanea: Jill Deleuze. Deleuze sosteneva che il lavoro dell’arte (e quindi anche del cinema che ne è una grande somma) ha a che fare in gran parte con il concetto di resistenza: le esperienze dell’uomo rieccheggiano durante i decenni e resistono allo scorrere del tempo; lavoro dell’arte è il sottolineare e coadiuvare questa resistenza, fino ad arrivare al punto di sovrapporsi ad essa, diventando essa stessa un’esperienza da perpetuare.
Dopotutto una storia di messa a nudo dei propri ideali, confrontati con la realtà più cruda, è un passaggio che è stato affrontato dai tempi più remoti fino ad oggi e che dovrà essere affrontato anche dalle generazioni dei figli dei nostri figli e così via.
“Qualcuno era comunista perchè aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo. Perchè sentiva la necessità di una morale diversa. Perchè forse era solo una forza, un volo, un sogno, era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.”
RARO perché… qualcuno è ancora comunista?
Voto: 7 e ½
Mario Blaconà