Film epocale. Nel corso della sua carriera, Von Trotta, figura chiave della New German Wave degli anni ’70, si è spesso concentrata sul recupero di donne iconiche, da Rosa Luxembourg a Hannah Arendt. Il suo ultimo si concentra sulla stimata scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann e sulla sua relazione tossica con lo scrittore svizzero Max Frisch, che descrive in dettaglio la loro relazione alla fine degli anni ’50.

Sfortunatamente, per chi non ha familiarità con Bachmann, questo non è un utilissimo ingresso al suo mondo, perchè non evoca benissimo né l’effettivo impulso di questa relazione né un chiaro ritratto dell’artista.  Se si dovessero rimuovere i nomi degli scrittori, il trattamento di von Trotta assomiglierebbe a innumerevoli relazioni amorose tossiche andate male da serie tv, il che è un peccato considerando i contributi culturali di Bachmann e la vita piuttosto affascinante, che è precipitata nella tossicodipendenza e nell’alcolismo.

La nota poetessa austriaca Ingeborg Bachmann incontrò il famoso drammaturgo e scrittore svizzero Max Frisch a Parigi nel 1958. Un’attrazione condivisa porta a una storia d’amore che l’avrebbe vista trasferirsi nella sua casa di Zurigo, dove, nei successivi quattro anni, si impegneranno in comportamenti tossici che rovineranno la loro relazione. I suoi tentativi di salvare ciò che avevano tornando a Roma, la sua città preferita, non servirono a molto purtroppo. A questo punto della sua carriera, ha smesso di scrivere poesie, concentrandosi su discorsi, come il noto “The Truth is Bearable for Humankind”. Conosceva bene l’italia tanto che adattà Ungaretti il celebre poeta italiano tanto adorato dagli studi scolastici. Dopo che Frisch ha intrapreso una relazione con un altra donna, Bachmann cade in depressione e inizia il viaggio nel deserto per ritrovare l’umore perso e da qui il titolo del film. Poche vette in questo film che complessivamente risulta un po’ troppo piatto e televisivo, con poco mordente.

Voto 6,5

VC