Scheda film
Regia, Soggetto, Sceneggiatura e Montaggio: Gaspar Noè
Fotografia: Benoît Debie, Gaspar Noé
Scenografie: Alain Juteau
Costumi: Laure Culkovic
Musiche: Thomas Bangalter
Suono: Jean-Luc Audy, Marc Boucrot, Valérie Deloof
Francia, 2002 – Drammatico – Durata: 95′
Cast: Monica Bellucci, Vincent Cassel, Albert Dupontel, Joe Prestia, Philippe Nahon, Stéphane Drouot, Jean-Louis Costes
Uscita: 24 maggio 2002
Distribuzione: BIM
Irreversibili, senza uscita d’emergenza o corsia di ritorno…
Irreversibili, senza uscita d’emergenza o corsia di ritorno, sono alcuni fatti che ci franano addosso in vita. Non certo nuovo, né tanto meno sconvolgente è la tematica scelta da Gaspar Noè, figliol prodigo di Cannes, che ha smarrito la retta via preferendole i fischi che, come riso nuziale, lo hanno inondato alla kermesse di quest’anno. Una tematica, comunque, molto interessante, aperta a possibili approfondimenti narrativi, psicologici, e perché no, anche linguistici.
Noè invece si ferma, ci pensa un po’ e poi immagina uno stupro in un mondo crudo, estremo, spigoloso, dove non ci sono leggi che frenano gli animali che siamo, sotterraneo alla normalità della città che scorre là fuori alla luce. Tutto qua.
Ecco allora che esplora locali gay e periferie lasciate in pasto alla malavita e si serve della metropolitana e della notte, tutti luoghi dove è meno presente se non proprio assente la protezione della civiltà. E’ assente invece qualsiasi tentativo di approfondimento sulle conseguenze che un tale evento può portare nella vita di una persona; il film comincia semplicemente con la vendetta personale di Marcus (Vincent Cassel) e ci nega per sempre la possibilità di intravedere cosa diventa la vita dopo uno stupro, girando all’indietro, dall’inferno al paradiso.
E’ difficile dire se sia un’idea interessante o più banalmente una “furbata”. In questo modo, dopo la vendetta, non rimane altro che rappresentare in sequenza inversa uno stupro, una vita felice e magari chiudere con un’immagine idilliaca e luminosa, che fa da perfetto contrasto alla prima scena da Inferno dantesco. E il gioco è fatto. Aggiungiamoci una donna bellissima come la Bellucci svestita per gran parte del film e il gioco può diventare un vero successo al botteghino, magari travestito da “opera di un genio incompreso”. Apparentemente l’unica fatica che il film compie è il faccia a faccia quasi totale che ingaggia con i fatti da rappresentare. Le prime scene sono infatti assai forti, a tratti raccapriccianti, non certo per la serie innumerevole di pistolotti che spuntano fuori ad ogni angolo, ma certamente almeno per la scena insostenibile dell’estintore che si stampa per un numero indefinito di volte su di un volto. Ma forse è tutto un po’ troppo facile. A salvare il tutto ci vorrebbe una certa tensione che sostenga un film altrimenti destinato a piombare nel banale iper-realismo e nella scontata volgarità. Non basta forse un uso della cinepresa come cassa di risonanza delle emozioni umane, portata ad un estremismo tale da far ballare vertiginosamente gli occhi dello spettatore. Non basta forse un uso impeccabile della fotografia, lei sì, regina incontrastata delle lunghe scene. Non basta, sicuramente, l’uso esclusivo di una camera mobile per ricordare che l’intento del film è quello di mostrare, lasciando allo spettatore il compito di pensare.
O meglio, potrebbero bastare, se dietro tutto ciò si sentisse come detto un filo teso e sottile capace di calibrare e colorare il significato delle scene; un filo fatto di emozione per questa realtà e che tuttavia non la trasfiguri, una lente perfettamente trasparente ma al contempo colorata.
Qui Noè si gioca il tutto per tutto, poiché è evidente che evita il confronto diretto con maestri come Kubrick, schivando il suo realismo intellettuale e poetico allo stesso tempo. Ma, bisogna dirlo, si salva.
Si salva perché si affida in tutto e per tutto alle sue due star, assegna loro un canovaccio e piena libertà di improvvisazione, lasciando che diano tutto quello che hanno assorbito dalla sceneggiatura senza imprigionarli in sequenze serrate. E la coppia lo ripaga con una grande interpretazione individuale, insieme ad un ottimo affiatamento nelle scene a due. Cassel è bravo, si sa, nel vestire i panni del matto, ma la Bellucci ci ricorda che sa anche recitare quando vuole: ci fa rabbrividire nello stupro, ci emoziona quando in metropolitana insieme a Cassel e Dupont rende l’ingenua serenità di chi corre verso un destino crudele, ci intenerisce quando è stretta sul letto al suo uomo, vestita di una nudità assolutamente naturale. Lo salvano loro il film, perché valorizzano perfettamente il senso della proiezione all’indietro pensata da Noè, ne sanno cogliere perfettamente le potenzialità e le sfruttano dotando il film di un’anima riflessiva.
A colpire di più è quindi la fase del film più “tranquilla”, perché provocare emozioni forti è facile (quello sa farlo anche un macellaio che squarta un bovino in mezzo a una folla), ma che grazie alle interpretazioni degli attori si sfiori un lirismo non mieloso, anche se velato di pessimismo, è cosa perlomeno lodevole.
Almeno nella scelta del cast, ne siamo sicuri, Noè ha fatto la sua furbata.
A venezia 2020 si è vista la versione invertita, in senso quindi cronologico. L’impatto visivo ed emotivo è inalterato!
FR VC