Se la memoria non inganna, per trovare qualcosa di molto simile al furgone mezzo arrugginito, targato “BeatNU” (beating you, “ti pesto di botte”), e guidato da uno sconosciuto che insegue e tampona tranquilli automobilisti, bisogna tornare indietro sino a quel piccolo capolavoro di suspense che è Duel, di Steven Spielberg (sceneggiato dall’insuperabile Matheson, quello di “Ai confini della realtà”). Che la citazione sia voluta (come pare) o no, rimane il dato puro e semplice, cioè il terrore che quest’apparizione provoca nei due giovani protagonisti e nel pubblico (una decina di persone, in un lunedì di fine agosto nella città ancora semi-deserta). È la prima scena concitata di questo horror, presentato dalla Zoetrope di Coppola, che pare voler finalmente accontentare chi in sala cerca brividi di paura, pura e semplice, con una spruzzata – se possibile – di raccapriccio.
Un dialogo iniziale introduce Darry e Trish, fratello e sorella in viaggio verso casa lungo un’interminabile strada di campagna che attraversa tutto lo stato. La scelta di una coppia di protagonisti piuttosto inedita è l’espediente giusto per evitare qualsiasi sottotesto romantico-sessuale, e concentrare tutta l’attenzione sull’azione e lo spavento.
Non bisogna aspettare molto prima di entrare nel vivo. I due decidono di esplorare la chiesa abbandonata, sotto la quale si trova la tana del mostro – un incubo a metà tra la Cappella Sistina e Society di Yuzna. La cura con cui è fotografata questa scena (in cui l’occhio della mdp si abitua gradualmente alla scarsa illuminazione, come un occhio umano, rivelando poco a poco l’orribile spettacolo dei corpi straziati e cuciti alle pareti) rivela un prodotto ben confezionato, pur senza grandi pretese, se non quella di intrattenere in modo non troppo banale. Senza grandi spiegazioni sull’origine del demone, sulle sue abitudini e sulla sua presenza su questa terra, al pubblico non resta che godersi lo spettacolo di questo piccolo horror, girato e montato con ritmo.
A parte una o due battute di dialogo, in JeeperS Creepers non ci sono le tonnellate di ammiccamenti allo spettatore, nel segno dell’auto consapevolezza meta-cinematografica, che da Scream in poi, hanno segnato indelebilmente l’horror movie. Né si troveranno le complicatissime e indecifrabili situazioni post-Sixth Sense, per arrivare ai chiarimenti delle quali bisognerà aspettare la fine del film, dove si capirà di aver assistito alla vicenda dal punto di vista che meno ci si sarebbe aspettati (e penso al pessimo Soul Survivors, ma anche al più riuscito The Others). Qualche caduta di tono (il demone che saltella sul tetto dell’auto come fosse un ninja uscito da La tigre e il dragone) e qualche spavento ottenuto con facili espedienti (che, in ogni modo, appartengono in pieno al repertorio del genere) completano il quadro.
Anche se la storia del demone che si ciba delle sue vittime, tornando in vita ogni ventitré anni, non è particolarmente originale (così come il look del demone stesso), i novanta minuti scorrono piacevolmente, regalando diversi sussulti, la giusta dose di ironia e un finale spiazzante. Certo, non è il primo horror che finisce male, eppure colpisce ugualmente la chiusura repentina, senza nemmeno l’ovvio “scontro finale” con il mostro. L’ultima truculenta inquadratura – ovviamente – lascia la porta aperta ad un ritorno del demone canterino, nell’inevitabile sequel.
Alessandro (Sasha) Di Donato