Scheda film
Regia: Chad Stahelski
Soggetto e Sceneggiatura: Chad Stahelski e David Leitch
Fotografia: Jonathan Sela
Montaggio: Elisabet Ronalds
Scenografia: Dan Leigh
Costumi: Luca Mosca
Musiche: Tyler Bates, Joel J. Richard
USA, 2014 – Azione – Durata: 100’
Cast: Keanu Reeves, Michael Nyqvist, Alfie Allen, Adrianne Palicki, Bridget Moynahan, Dean Winters
Uscita: 22 gennaio 2015
Distribuzione: M2 Pictures
Sangue chiama sangue
La Storia insegna che è preferibile non svegliare mai il can che dorme, a maggior ragione se si tratta di un killer professionista ritiratosi dal mercato, che per amore di qualcuno ha deciso di mettere da parte gli istinti, le competenze e le conoscenze acquisite. Nella Settima Arte, di plot così ve ne sono innumerevoli, con personaggi che hanno deciso di voltare pagina spinti da un sentimento o da un bisogno di redenzione fortissimi. La galleria in tal senso è ricca di volti noti, a cominciare dal mitologico John Rambo a Jason Bourne, passando per l’ex colonnello in pensione di Commando e per i due reduci del Vietnam di Trappola in alto mare e Furia Cieca. Senza dimenticare coloro che per amore della propria famiglia si sono visti costretti a tirare giù le rispettive maschere, rivelando la vera identità, come nel caso dell’agente segreto camuffato da noioso venditore di computer in True Lies, oppure il collega altrettanto determinato nel salvare la figlia interpretato da Liam Neeson in Io ti salverò.
Come loro, quello di John Wick, nell’omonimo film diretto da Chad Stahelski, è una sorta di letargo o di sonno criogenico, che li ha spinti a mettere in soffitta gli strumenti del mestiere, per poi ritirarli fuori quando cause di forza maggiore non hanno lasciato altra strada da percorrere se non quella della violenza. Una strada, questa, che per il protagonista di John Wick – e per tanti altri come lui – ha una sola motivazione: la vendetta senza se e senza ma. Dopo un passato da sicario infallibile, Wick decide di andare in pensione anticipata, ma la morte della moglie prima, a causa di una terribile malattia, e l’assassinio del cagnolino regalato dall’amata defunta per mano del ricco figlio di un boss poi, lo strappano via dal guscio nel quale si era andato a rifugiare, ossia il caldo focolaio domestico. Una motivazione che ha in sé il gusto inconfondibile del pretesto, ossia lo stretto necessario per innescare una guerra che non accetta prigionieri, ma solo una montagna di cadaveri trivellati, che si traduce in un tutti contro uno che vede, come nella migliore delle tradizioni del filone, la rabbia inarrestabile dell’indemoniato di turno abbattersi su un esercito di guardie del corpo, mercenari, tirapiedi e malintenzionati. Un plot piuttosto sopra le righe, proprio come il tono che questo action vestito da revenge movie sceglie per caratterizzare i 100’ di interminabile mattanza che delimitano la durata del racconto, quest’ultimo sterile e piuttosto dozzinale, pieno zeppo di rimandi e citazioni più o meno evidenti (uno su tutte l’uomo esperto di pulizie delle scene del delitto che richiama inevitabilmente il celebre Mr. Wolf di Pulp Fiction) al repertorio di genere.
Sinossi e tipologia di personaggio principale che lo anima alla mano è, però, con il Tom Stall di A History of Violence o la Black Mamba di Kill Bill che John Wick condivide le principali affinità elettive: in primis la medesima letale velocità chirurgica di esecuzione che li rende spietate macchine da guerra. Rigettati brutalmente nel mondo dal quale pensavano di essersi liberati, il terzetto è costretto a rifare i conti con un passato che torna a bussare alla porta. Ma non se lo faranno dire due volte e torneranno a rispolverare l’arsenale di tecniche e armi a disposizione, dando origine ad autentici massacri. Da parte sua, Wick (il solito Keanu Reeves) se la dovrà vedere con un vecchio datore di lavoro (un villain molto convincente interpretato da Michael Nyqvist) e con i colleghi di vecchia data, in una battaglia a tutto campo che si consuma fra le mura domestiche, gli alberghi di lusso, i locali alla moda, le strade e i porti di una metropoli immaginaria.
Sparatorie, inseguimenti, detonazioni, combattimenti a mani nude e armati, rappresentano le portate principali del menù, con una consistente dose di sarcasmo e humour a buon mercato a chiudere l’abbuffata. Il tutto messo in quadro con una certa perizia tecnica e una confezione fotografica meritevole di attenzioni, dove spicca l’uso del formato panoramico anamorfico per creare immagini più profonde e larghe rispetto al reale. Nel farlo Stahelski e i suoi collaboratori setacciano in lungo e in largo il vasto campionario del genere, rifacendosi con spudorata assiduità a linguaggi e cifre stilistiche già codificati. Ciò fa di John Wick, un film povero di originalità e di tocchi personali, che per intrattenere copia tutto quello che c’è da copiare, mettendo insieme la graphic novel, le anime, il kung-fu, MMA, i cartoon giapponesi, gli spaghetti-western, l’action hongkonghese, chambara e il wuxapian, come i tasselli di un puzzle. Lo show marziale e balistico non manca, dunque, con scene d’azione di discreta fattura coreografica, ritmica ed effettistica (dal corpo a corpo nella stanza dell’hotel Capitol all’irruzione notturna in casa Wick, passando per l’assalto al club Red Circle e l’epilogo al porto), che ubriacano lo spettatore, distraendolo così dalla povertà drammaturgica della scrittura. Esattamente il contrario di quanto avviene nelle pellicole dirette da Cronenberg e Tarantino, dove la componente spettacolare trova un rapporto di simbiosi con la medesima qualità eccelsa messa a disposizione dalla sceneggiatura.
Voto: 6 e ½
Francesco Del Grosso