Scheda film
Titolo originale: Jupiter ascending
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: The Wachowksis
Fotografia: John Toll
Montaggio: Alexander Berner
Scenografie: Hugh Bateup
Costumi: Kym Barrett
Musiche: Michael Giacchino
Suono: Emanuele Costantini
USA, 2015 – Fantascienza – Durata: 127′
Cast: Channing Tatum, Mila Kunis, Eddie Redmayne, Sean Bean, Douglas Booth, Tuppence Middleton, Nikki Amuka-Bird
Uscita: 5 febbraio 2015
Distribuzione: Warner Bros Pictures

“La terra è una specie di palla che gira. E i pianeti pure sono come palle e girano intorno al sole. E anche il sole è una grande palla che gira… Insomma, l’universo è tutto un gran giramento di palle…!”
Grandi speranze per la giovane Jupiter Jones (Mila Kunis), nata in una notte di tempesta a bordo di una nave mentre la madre, vedova dopo una rapina, veniva dalla Russia a cercare fortuna negli Stati Uniti. Per ora, insieme alla grande famiglia fitta di zii e cugini, pulisce solo i cessi nelle lussuose case americane. Il fato vuole però che la fanciulla sia la reincarnazione della figura materna di un’antica e potente stirpe che domina l’universo, gli Abrasax (piccolo anagramma con uno dei nomi del diavolo) e che, tra l’altro, possiede la terra. La lotta fratricida tra i tre figli Balem (Eddie Redmayne), Kalique (Tuppence Middleton) e Titus (Douglas Booth) rischieranno di mettere in pericolo il nostro pianeta, in fondo una semplice riserva come tante di materiale da mietere al bisogno per assicurarsi l’eterna giovinezza. Ma in suo aiuto giungerà il mutante Caine Wise (Channing Tatum), assoldato per mero interesse da uno dei tre, ma che finirà per innamorarsi di lei, assicurandole la salvezza, sua e non solo…
Ai fratelli Wachowski la razza umana sta alquanto sulle palle: in Matrix eravamo sognanti batterie per le macchine che governavano ormai il mondo; in uno dei due episodi futuribili di Cloud Atlas gli “artifici” sono dei cloni umani schiavizzati che mandano avanti il sistema nutrendosi a loro insaputa di se stessi; qua ci rappresentano come un’enorme piantagione per produrre una sorta di cosmico gerovital. Se contiamo che in Jupiter ci sono degli enormi guardiani-lucertole, una possibile chiave di lettura delle loro opere, stando agli scritti deliranti del giornalista fautore della teoria del complotto David Icke, è: che siano due rettiliani?!
Al di là delle facezie, dopo le trame incrociate del film precedente, ecco la coppia tornare ancora una volta al loro terreno d’elezione: la fantascienza, per una volta lontana da qualsiasi romanzo e fumetto. Il problema è che i Wachowski, da sempre usi “a la Tarantino” a centrifugare intuizioni non di prima mano riproponendole in una versione inedita, stavolta non toccano un’idea nuova che sia una, diversamente da un Nolan che in Interstellar con la stessa meccanica creava invece novità: la padrona della terra, le guerre stellar-famigliari, mondi immaginari di pura e piatta plastica quanto a scarsa immaginazione, scudi e viaggi spaziali, pattinatori cosmici. Il tutto pure sostenuto da quello che volendo essere ritmo finisce per diventare ellissi e confusione, non riuscendo a trovare la giusta empatia con lo spettatore fin dall’inizio.
Le suggestioni sono numerose ed enormi: da Dune di Lynch (e Frank Herbert) per le magioni della nobile casata a Brazil di Terry Gilliam per l’intera digressione “burocratica” negli uffici, da Ritorno al futuro II di Zemeckis per gli stivali pattinanti nel vuoto di Caine al recente I guardiani della galassia di James Gunn per l’impianto narrativo, di cui infatti sembra un remake, fino alla Federazione dell’intera serie Star Trek.
Per non parlare poi degli effetti speciali che alternano creazioni sontuose ad altre soluzioni più tirate via, come le creature sguinzagliate sul nostro pianeta o alcune transizioni di Balem.
Buona notizia (e spoiler al contrario) almeno per i fan dell’attore Sean Bean che qui, per una volta, arriva vivo a fine film.
E dire che il titolo originale, Jupiter ascending, col suo doppio senso tra l’ascesa (al trono) di Jupiter e Giove, pianeta, ascendente faceva sperare molto meglio.

Voto: 5

Paolo Dallimonti