Dopo breve attesa mediatica è finalmente arrivato sugli schermi il remake del remake del remake de “KING KONG” per la regia di Peter Jackson e con un cast giovane, ma di eccezione, che schiera Adrien Brody, Naomi Watts e Jack Black.
La trama rielaborata da Jackson riprende l’omonimo film del 1933: anni ’30, un regista intrallazzone parte per una spedizione verso l’isola del Teschio, misteriosa quanto orrorifica destinazione di rivoluzionarie riprese che, pensa lui, daranno slancio alla sua “protestata” carriera. Fanno parte della “truppa” un idealista scrittore, un equipaggio da Moby Dick, e un’attrice in crisi che sogna amore e successo. Ma sull’isola tremendi indigeni rapiscono la bella e la danno in pasto al gigantesco Kong: scimmia ipertrofica che vive in una foresta infestata da mostri da far impallidire Jurassic Park. Ma nella giungla Kong risulta meno minaccioso di quanto sembri ed, anzi, amorevole ed iperprotettivo verso la bella Naomi. Dopo sangue e peripezie di ogni sorta Kong viene rapito dall’equipaggio e portato a New York dove però la sua forza e il desiderio di ritrovare “l’amata” ha il sopravvento sulla prigionia, fino alla epocale scena finale dell’abbattimento del triste scimmione sulla guglia dell’Empire State Building.
Tre ore spettacolari, non c’è che dire, che filano via abbastanza sciolte, senza troppe pretese tematiche, ma con la caratteristica mano Jacksoniana creatrice di superfilmoni zeppi di effetti. Nella
prima parte ottima ricostruzione dell’ambiente angustiato della New York della grande depressione, la seconda parte, sull’isola, è quella che risulta più “baraccona” con indigeni truculentissimi e animali preistorici di tutti i generi. E’ qui che il film discende negli inferi dell’autocelebrazione effettistica risultando a tratti stucchevole nel voler essere sorprendente (risultando alla lunga invece noioso).
La fase finale, la più riuscita, ci riporta a New York con il mostro peloso che accartoccia macchinine, ma che trova anche il tempo per una scivolata romantica con la Watts sul ghiaccio di Central Park (la scena più riuscita, nonostante la retorica “visiva”).
Niente da dire quindi sugli effetti speciali, sulla fotografia e sul montaggio che rendono il film di sicuro impatto. Belle le scenografie e i costumi (anche se un pò estrema la rappresentazione degli indigeni dell’isola del Teschio).
La sceneggiatura non lascia molto spazio alla novità, a parte la caratterizzazione di qualche personaggio di contorno più o meno riuscito e magari un pò stereotipato (il capitano della nave tra tutti).
Gli attori sono di qualità, anche se ad Adrien Brody, già premio Oscar, si chiederebbe qualcosa di meno “irrigidito” nella personificazione dell’eroe buono. Bene invece Jack Black, per una volta personaggio negativo e Naomi Watts, che non fa rimpiangere le illustri “icone” che l’hanno preceduta (Jessica Lange su tutte) nella scomoda posizione sdraiate sul palmo di Kong.
In fin dei conti un film vedibile, sicuramente ben fatto (e vorremmo vedere, visto il costo dell’operazione), senza grandi colpi d’ala tematici, ma adatto al pubblico giovane delle feste attratto dal sapore del kolossal.
Ma, in conclusione, ci poniamo la cinica domanda delle cento pistole: “c’era proprio bisogno di un nuovo (?), ennesimo, dispendioso King Kong?” La risposta, visto il target è: “forse si’…serviva per lanciare l’omonimo gioco per Play Station.”
VOTO: 6,5
Andrea W. Castellanza
castellanza@actionzone.it
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