Regia: Tim Burton
Con Johnny Depp, Freddie Highmore, Melena Bonham Carter
Fantasy – USA Gran Bretagna 2005
Recensione n.1
Tim Burton per la seconda volta nella sua carriera decide di rifare un classico della cinematografia del passato. Dopo Il pianeta delle scimmie (e non annoverando la saga di Batman che era la trasposizione di un serial), anche questo La fabbrica di cioccolato si rivela un film spuntato, che non regge il confronto con il modello. Per il primo remake burtoniano si era scomodato un modello alto, uno dei grandi film della fantascienza americana, e dunque recuperarne il fascino futurista ed allo stesso tempo molto seventies era impresa ardua; con questa nuova pellicola il grande diavoletto della settima arte si confronta con un film decisamente minore; non così invece il modello letterario, si tratta infatti di uno dei classici della letteratura infantile, l’omonimo romanzo di Roald Dahl. Eppure quel piccolo film, che la mia generazione forse sopravvaluta per averlo visto durante la propria
infanzia, aveva un fascino che Burton sembra non riuscire a cogliere appieno.
L’inizio è davvero incoraggiante, con la rappresentazione di questo paesino al sommo del quale si trova la fabbrica, e specularmene, nella parte più bassa, la catapecchia del protagonista Charlie. Ritorna alla memoria il paese di Edward mani di forbice, con quelle case anonime, tutte uguali, ignare del mistero che avvolge la residenza misteriosa. La già citata casetta di Charlie, poi, è davvero originale, i suoi muri storti fanno apparire le sequenze al suo interno quasi provenissero da un film espressionista, e molto divertente l’immagine dei nonni che vivono, giorno e notte, in un solo letto. Ma quando la pellicola dovrebbe entrare nel vivo, con la visita alla fabbrica di cioccolato, l’immaginario gotico e stravagane del regista, paradossalmente, si placa, rimane imbrigliato in una messa in scena sin troppo tecnologica e fredda. Significativa in questo senso è l’esplicita citazione dal 2001 di Kubrick, ma le superfici lucide, il colore bianco, e gli accessori della modernità (ascensori ultratecnologici, raggi teletrasportatori ecc.) proprio non si addicono ad un regista che ha fatto del gotico il suo segno distintivo. Rimane, di fondo, il senso “politico” della favola di Dahl: la critica alla società capitalista e consumista è sin troppo esplicita, con le fabbriche che licenziano i lavoratori per sostituirli con le macchine, nonchè il meccanismo per cui i bambini arrivano al biglietto d’oro, per arroganza, sopraffazione, denaro, e solo Charlie dimostrerà di avere un’animo generoso. Certo, di fondo la storia è un omaggio al valore della famiglia e dunque al rifugio dell’individualismo come unico modo per superare i momenti difficili: beffardamente, il padre di Charlie trova lavoro proprio come riparatore di quelle macchine che hanno provocato, e continueranno a provocare, tanti licenziamenti. Un’ultima considerazione: dopo il mezzo passo falso di Planet of the apes Burton ha sfoderato lo splendido Big Fish, ora conosciamo già il film successivo a questo La fabbrica, cioè a dire La sposa cadavere, presentato a Venezia e, a detta di molti, il miglior film del festival. Lo aspettiamo dunque con ansia. VOTO: 5 ½
Mauro Tagliabue
Recensione n.2
A tutti voi a cui piace il cioccolato, Willie Wonka (Johnny Depp) e’ ritornato! Willie estende un invito alla sua fabbrica di cioccolato ai cinque bambini fortunati che troveranno un biglietto dorato all’interno dell’involucro della barra di cioccolato Wonka. Per di più, uno dei cinque bambini sarà selezionato a vincere il gran premio finale. Un grande mistero circonda la fabbrica di Wonka. Nonostante la chiusura della fabbrica 15 anni prima, la produzione del cioccolato continuava misteriosamente senza che nessun operaio sia visto entrare o uscire. Dopo l’annuncio del concorso, le vendite del cioccolato sono aumentate rapidamente, persino un falso biglietto dorato e’ emerso, poichè famiglie in tutto il mondo erano in competizione ad essere fra i primi a trovare il biglietto dorato. Charlie Bucket (Freddie Highmore) abita vicino alla fabbrica di Wonka, in una casa sgangherata, con la sua poverissima famiglia, composta dai suoi affettuosi genitori (Helena Bonham Carter, Noah Taylor) e i suoi quattro nonni infermi costretti al letto (David Kelly, Eileen Essell, David Morris, Liz Smith). Essendo un lusso per la famiglia Bucket, i genitori di Charlie potevano permettersi di comprare soltanto una barra di cioccolato Wonka all’anno che veniva condiviso con l’intera famiglia in onore del compleanno di Charlie; un avvenimento a cui Charlie aspettava l’intero anno. Il concorso di Willie Wonka ha generato molto interesse perfino nella famiglia Bucket dato che quindici anni prima, Nonno Joe lavorava nella fabbrica di Wonka. Nostalgico del suo posto di lavoro, nonno Joe desiderava molto rivedere la fabbrica. Fortunatamente, Charlie trova il quinto biglietto dorato. Gli altri quattro vincitori sono: l’inglese Veruca Salt (Julia Winter), una ragazza molto ricca e viziata che domina i suoi genitori e che desidera tutto cio’ che vede; Mike Teavee (Jordan Fry), un bambino da Denver ed un’appassionato di giochi video; Violet Beauregarde (Annasophia Robb), una bambina da Atlanta ferocemente competitiva che, come la madre (Missy Pyle), indossa sempre una tuta da pista e mastica continuosamente il chewing-gum; ed Augustus Gloop (Philip Wiegratz), un ragazzo golosissimo dalla Germania. I bambini vincitori entrano nella fabbrica accompagnati da un parente. Willie Wonka guida i bambini nel suo mondo magico totalmente formato da dolci, cascate e fiumi di cioccolato, cespugli con dolci a crema da ciliegia, alberi di aramella a vari colori, e l’erba di caramella… una fantasia talmente immaginativa che sembra un sogno. Wonka pilota l’ascensore magico di vetro che va su e giù, inclinatamente e diagonalmente, contrario alla legge della gravita’ mentre trasporta i bambini ai vari dipartimenti della fabbrica. Col progredire del giro turistico, il mistero sulla produzione dei dolci nella fabbrica Wonka viene rivelato. Centinaia di scoiattoli esperti di noci e molto ben addestrati, formano la spettacolare linea di produzione. Gli scoiattoli esaminano e sgranano tutte le noci che formeranno parte delle barre di cioccolato Wonka. Le prestazioni di lavoro degli scoiattoli sono contrassegnate da tale efficienza e grande velocità, che sono superiori a qualsiasi macchinario industriale esistente. Gli Oompa-Loompas (Deep Roy), sono la minuscola squadra della fabbrica di Wonka, che producono nuovi tipi di caramelle in varie figure e colori, e periodicamente improvvisano delle canzoni e balli allegri. Le caramelle ed i loro colori estravaganti attirano molto i bambini trascinandoli a tante misavventure. Quale dei bambini riuscira’ a sormontarre le sfide del giro turistico della fabbrica del cioccolato Wonka? Alcune scene di retrospettiva ci rivelano che il fascino di Wonka per dolci proviene da un’infanzia priva di caramelle. Suo padre, il dentista Dott. Wonka (Christopher Lee), ha proibito a Willie il consumo di caramelle perché caramelle e le lecca lecca sono nient’altro che delle “cavità su un bastoncino”. Willie Wonka ha costruito il suo grande impero di cioccolato Wonka, una fantasia dolce ed immaginativa, per compensare la sua mancanza di dolci. Separato dal padre e diffidente delle persone, Willie ha vissuto una vita da secluso, privo di famiglia ed amici. L’apertura dei cancelli della fabbrica Wonka ai bambini, rianima Willie concedendogli un risultato molto-inatteso, e piu’ grande di qualsiasi successo finanziario mai immaginato. Johnny Depp rende una buona prestazione nella sua descrizione di Willie Wonka; un recluso creatore di cioccolato che, per la prima volta dopo molti anni, si rifamiliarizza col mondo esterno. Il direttore Tim Burton, in collaborazione con la cinematografia di Philippe Rousselot, espone una favolosa immaginazione artistica essendo questo il suo drama più caloroso, basato sulla storia intitolata Charlie e la Fabbrica del Cioccolato del 1964 di Roald Dahl. Le scene generate col computer sono state usate per creare una completa estravaganza visiva con una particolare attenzione ai dettagli del mondo inventivo e magico della fabbrica Wonka, includendo il castello indiano fatto interamente di cioccolato, e la casa di Charlie. Altri effetti speciali sono stati adottati nelle scene ricche ed incantevoli degli Oompa-Loompas, dove tramite la clonazione a computer di Deep Roy, è stata formata l’intera squadra. Gli allegri pezzi musicali degli Oompa-Loompas, contribuiscono al tono positivo del film e sono tra le migliori delle composizioni di Danny Elfman. ‘Charlie and the Chocolate Factory’ trasporta lo spettatore in un tour divertente con un messaggio positivo sulla vera felicita’, e sull’importanza della famiglia. Il film e’ incantavole e dolce come il cioccolato.
ESTER MOLAYEME
Los Angeles, CA
Recensione n.3
Non esiste oggi un Autore (la maiuscola non è casuale) che più di Tim Burton porti avanti, di film in film, un discorso coerentemente forgiato e costruito sulle stesse tematiche e sulle medesime cifre stilistiche; non esiste oggi un Autore in grado di raccontare, come Burton, il fiabesco, il fantastico, svelando tra le pieghe di un immaginario onirico gli aspetti più malinconicamente dark, deformi, grotteschi, mostruosi.
La fabbrica di cioccolato costruisce, sull’ossatura del romanzo di Roald Dahl, un caleidoscopico ingranaggio delirante di sogni e di incubi, che torna nel solco che il geniale regista americano aveva tracciato fino a Mars Attacks! e parzialmente “tradito” con lo splendido Big Fish; la costruzione sintagmatica accumula le unità narrative distribuendole verticalmente, in una cortocircuitazione dell’intreccio che diventa marchio d’autore e che produce senso, proprio come accadeva nel sopraccitato, splendido e caustico fanta-b-movie. Tuttavia il cinema di Burton, nella sua salda coerenza, è un cinema in continua evoluzione, che cresce, che ritorna sui propri simboli e le proprie ossessioni con uno sguardo che si rinnova e matura.
Lo comprendiamo subito, quando Willy Wonka fa una delle sue prime apparizioni sullo schermo, all’inaugurazione della fabbrica: ripreso a mezza figura, dal basso, con una forbice in mano, Johnny Depp si materializza come Edward Scissorhand adulto, disilluso, cinico. Wonka è un Edward che ha conosciuto il mondo, che ha perso la purezza, che arriva al punto di ospitare 5 bambini, con rispettivi parenti, nella propria Fabbrica Wonderland per vendetta, per schiaffeggiare “l’istituzione famiglia” con le sue abnormità, le sue mostruosità in salsa wasp medio borghese. Wonka è anche Batman, il Pinguino, William Bloom: sradicati dalla propria famiglia, allontanati dal essa, o semplicemente distanti per scelta. Il padre dentista, la cui opprimente “glicofobia” scatena la contrappassistica vena ciocco-capitalistica di Willy, è la radice della sua misantropia dispettosa, che si ricompone proprio quando, con sfumature iperbolicamente ironiche, nel finale la famiglia Wonka si ritroverà.
Accanto a Willy, Charlie, bimbo normalien, cui la società non consente di emergere in nulla: non è campione di “chewing-gum”, non è un ricchissimo figlio di un industriale, non è un campione di videogiochi novello scienziato, non supera gli altri bambini in peso e opulenza. Al contrario vive in una catapecchia, con i quattro nonni che dormono in un unico letto matrimoniale, con il padre, un “avvitatore” di tappi di tubetti di dentifricio in cassa integrazione, e con la madre, sublime cuoca di “zuppe di cavoli” sempre più annacquate. La sua normalità, la sua discrezione e timidezza, colpiranno Willy. Attenzione, però: possiamo considerare Charlie come il “meno odiato” da Wonka, che fino alla fine gli ostenta una composta indifferenza, contrapposta all’ostinata cattiveria rivolta agli altri bambini.
Il delirio visivo del film, contrappuntato dal commento musicale di Danny Elfman, tornato in gran forma, corona un’opera di grandissimo e travolgente impatto; l’interno della fabbrica ci appare come un incredibile e coloratissimo mondo a sé, in cui la logica del mondo esterno va progressivamente scomparendo. Tra cascate di cioccolato, erba commestibile, stanze asettiche che rimandano ironicamente ed esplicitamente (si veda la tavoletta monolite commentata da Strauss, e la sequenza metatelevisiva) alla fantascienza filosofica kubrickiana, famelici e permalosi scoiattoli e nani-operai che cantano e ballano, il paese delle meraviglie di Burton ospita numerose inquietudini, filo conduttore tra la prima fase del cinema di Burton, e questa fase post-cormaniana e post-gotica.
La più consistente di esse, legata alla verità che l’outing consentito da Big Fish ha determinato, è che il mondo reale è davvero mediocre e penoso: ogni mondo fantastico ne è, malinconicamente, meglio.
Simone Spoladori
Recensione n.4
Depp, tra Chocolat ed Edward
“È solo un altro film di Tim Burton”!
Questo si potrebbe pensare dopo mezz’ora di La Fabbrica di Cioccolato, con un Johnny Depp che è ancora troppo vicino a Edward per poter essere visto come personaggio a se stante. Rispetto alla versione originale, molte sono le similitudini, ma ci sono anche tante differenze, come il rapporto conflittuale con il padre che era già presente in Big Fish ed in Edward mani di forbice. E tanti sono i richiami a questa pellicola, specialmente uno: si vede Depp, il giorno dell’inaugurazione della fabbrica che allarga le braccia, inquadrato dal basso, le forbici che ha appena utilizzato per tagliare il nastro sembrano diventare un prolungamento dalla sua stessa mano.
Ci sono citazioni messe a sproposito, 2001 Odissea nello spazio e Psycho sono citati senza apparente motivo, solo per farsi lustro di grandi nomi del cinema. Burton risulta quindi pesante, spesso insensato, anche se le fiabe, come i dolci “non hanno bisogno di significato”.
Non c’era forse bisogno di un altro remake, ma di un film originale, con idee nuove e con attori che non ricordino marcatamente i personaggi dei film precedenti. Il suo ultimo remake era stato il pianeta delle scimmie, venuto dopo un primo grande film e una lunga serie televisiva. Bello, ben fatto, ma non serviva. Anche la fabbrica di cioccolato si ispira molto alla prima versione, ma poteva sinceramente essere evitato.
Inoltre Johnny Depp sembra odiare il cioccolato nella vita reale, sapendo questo sembra che anche Wonka non sopporti il cioccolato e disprezzi molte cose, anche se forse è solo un’impressione.
La mano agile di Burton avrebbe dovuto fermarsi molto prima di questo punto, probabilmente sarebbe stato sufficiente Edward mani di forbice, dando una svolta a questa assurta ripetizione di dettagli.
Per concludere l’impressione che ho avuta è stata quella di un film piacevole, ma che non lascia molto all’uscita dalla sala, per certe pellicole si può comodamente aspettare la versione in DVD a noleggio.
Matteo Pellegrinuzzi (mail@matteopellegrinuzzi.com)