Di Stephen Norrington
Con Sean Connery, Peta Wilson, Stuart Townsend.
Nazionalità: Usa/Germania
Anno: 2003
Durata: 1h e 50′
Distribuzione: 20th Century Fox
Genere: Avventura

Recensione n.1

Curioso pasticciaccio gotic-postmoderno, con eroi della letteratura ottocentesca impegnati a salvare il mondo. L’azione, inframezzata da ampie pause, da al film un ritmo a tratti “europeo”. Posticcia presenza del personaggio di Tom Sawyer, per compiacere ai gusti made in Usa. Il film è tratto da un fumetto. Ci si diverte a tratti, soprattutto si seguono con curiosità le sorti di Venezia. Forse un unico momento di vero cinema, con protagonista Dorian Gray nel finale.
Voto 2 stelle (su 4)

Vito Casale

Recensione n.2

“The League of Extraordinary Gentlemen”, questo il titolo originale (molto meglio di quello italiano, davvero terrificante) del nuovo film di Stephen Norrington, si presenta come un prodotto che ben poco ha di leggendario. L’idea di recuperare personaggi classici della letteratura mondiale non è bastata a dare alla trama e al film quell’alone di magia, mistero e fascinosa stregoneria, che invece appartengono a tali personaggi. Nell’Inghilterra di fine ‘800, l’impero britannico si trova improvvisamente in pericolo di fronte alla minaccia di un fantomatico “Fantasma” che usa armi distruttive per scatenare una guerra totale. Un misterioso signor M pensa di formare una squadra di uomini straordinari per fronteggiare le minacce belliche contro l’Impero. Ecco allora il capitano Nemo di Giulio Verne, con il suo mitico sommergibile Nautilus, la vampira Mina Harker, presa in prestito da Dracula di Stoker, l’uomo invisibile di H.G. Wells, il dottor Jeckyll e Mr. Hyde di L. S. Stevenson e l’affascinante Dorian Gray di Oscar Wilde. Si aggiunge a loro, per spirito di avventura, l’agente americano Tom Sawyer, creatura di Mark Twain. A capo del gruppo c’è Allan Quatermain (Sean Connery), il mitico avventuriero delle campagne africane, creazione dello scrittore H.R.Haggard. Sono tutti accomunati dal desiderio di allontanare il proprio demone che riposa in ognuno di loro, da quello reale come Mr. Hyde, a quello più sottilmente psicologico come il senso di colpa per la morte del figlio per Quatermain.
All’interno del film, la straordinarietà di questi personaggi non è valorizzata affatto.
Sono troppo finalizzati alla storia e al suo svolgimento e ben poco spazio è lasciato allo sviluppo dei loro caratteri: la bellezza e il fascino di grandi protagonisti della più leggendaria letteratura (questa sì che è leggendaria) è offuscata da colossali scenografie e da imponenti effetti speciali, che fanno accodare il film alla serie dei classici prodotti americani made in Hollywood. Azione, combattimenti e arti marziali sembrano prevalere su tutto, anche sugli stessi personaggi, di cui inevitabilmente ne viene appannato il fascino.
Vengono presentate banalmente le classiche convenzioni estetiche del genere e considerato il calibro dei personaggi rappresentati, è anche ovvio che ciò avvenga; tuttavia il problema risiede nel fatto che vengono rappresentate solo tali convenzioni, il personaggio si riduce ad essere solamente il suo stereotipo: la vampira è tutto sangue e pipistrelli; la morte di Dorian Gray avviene di fronte al fatidico quadro (resa bene visivamente, ma da un punto di vista narratologico è abbastanza scontata); viene mostrato il classico dualismo del dottor Jekill, nonché le sue trasformazioni che ben poco hanno di mostruoso, Mr. Hyde assomiglia più ad un gigante buono. Una piccola nota a proposito di quest’ultimo personaggio.
La vicenda appare un po’ contraddittoria, emerge la difficoltà di conciliare la brutalità che esplode all’inizio, necessaria per introdurre il personaggio, con la missione di salvezza che successivamente il contesto narrativo impone. Per esempio, quando Mr. Hyde salva l’equipaggio evitando l’affondamento della nave, il dottor Jekill, tornato in sé, afferma, “Adesso non facciamo di un peccatore un santo”, quasi per non far dimenticare la natura malvagia del mostro e dare quindi una certa coerenza con le rappresentazioni mostruose del personaggio.
Il plot quindi è abbastanza debole, la narrazione sterile e poco entusiasmante, lo sviluppo un po’ macchinoso, sollevato solo dallo humour tipicamente inglese e candidamente riservato ai grandi supereroi.
E’ un peccato che personaggi del genere, così vivi e ben presenti nell’immaginario collettivo popolare, siano stati utilizzati (e sprecati) per un semplice movie-action americano.

Marta Fresolone

Recensione n.3

Il fumetto continua ad essere nutrimento per il cinema. Questa volta tocca a “La lega degli straordinari gentleman”. Niente “DC Comics” o “Marvel”, ma l’estro tutto inglese di Alan Moore, gia’ autore delle strisce di “From Hell” che hanno ispirato “La vera storia di Jack lo Squartatore”. L’idea alla base del comic-strip e’ molto divertente: si ipotizza, infatti, che per combattere l’ennesimo cattivone annienta-popoli (“Il fantasma”), il governo britannico non trovi di meglio che assoldare degli specialissimi agenti segreti in giro per il mondo. La novita’ e’ che ognuno dei reclutati e’ un famoso personaggio della letteratura: Dottor Jekyll e Mister Hyde, il Capitano Nemo, Mina Harker (meglio conosciuta come l’amata di Dracula, che vede in lei la reincarnazione della moglie suicida), l’Uomo Invisibile, piu’ due invenzioni del film, Tom Sawyer (un americano ci voleva) e l’immortale Dorian Gray. A capo del bizzarro team l’avventuriero Allan Quatermain (quello delle miniere di Re Salomone), interpretato da un sempre carismatico Sean Connery che continua a scegliere i copioni con scarsa lungimiranza (pare abbia rifiutato sia “Matrix” che la saga di Tolkien), ma lo fa con molta classe. Gia’ l’eterogenea e poco amalgamabile squadra basterebbe per ravvivare il film. Se all’originale spunto si aggiunge una sceneggiatura elementare ma sgangheratamente efficace, una partecipazione divertita del cast, effetti speciali a go-go e una regia capace di tenere sotto controllo il pastiche, il gioco e’ fatto. Non si va oltre un moderato divertimento e, a meno di non essere ragazzini di quattordici anni (o essere capaci di ri-diventarlo), si rischia quasi sempre di anticipare il corso degli eventi con qualche sbadiglio. Ma una buona dose di ironia regala compattezza al film e consente al costante sopra le righe dell’azione di non prendersi troppo sul serio. Il difetto principale e’ forse di riproporre un immaginario visivo gia’ ampiamente collaudato, saccheggiando qua e la’, ma da un film che trova ispirazione nel riciclo, e’ il minimo che ci si possa aspettare e la poca fantasia della messa in scena non disturba. Sono piu’ fastidiose le immancabili esplosioni digitali che, nonostante l’evoluzione della tecnica, continuano a suonare irrimediabilmente false. Chissa’, forse una certagrossolanita’ e’ calcolata a tavolino per dare nerbo all’aria retro’ del lungometraggio che, effetti speciali e qualche battuta a parte, potrebbe essere stato realizzato negli anni cinquanta. Da segnalare, per gli amanti del genere, alcune gustose virate trash: Sean Connery & c. in impossibile divisa invernale che scrutano l’orizzonte sotto una neve virtuale, o la succhiasangue Mina, che, quando diventa vampira, trova modo di passare dal parrucchiere per farsi tinta e permanente. Per non parlare dell’arrivo in una Venezia che pare Gotham City e in cui, in pieno luglio, si festeggia il Carnevale e si scorrazza tra le calli a bordo dell’enorme sottomarino. Molto azzeccati alcuni dettagli scenografici (le cromature e gli interni del Nautilus, l’appartamento-studio di Dorian Gray), meno riuscite le caotiche sequenze di azione (il salvataggio del sottomarino da parte di Jekyll, l’interruzione del crollo a catena di palazzi a Venezia) che producono un poco entusiasmante effetto baraccone. Rispetto agli “X-Men”, a cui viene subito da pensare, il gruppo di freaks messo in scena da Stephen Norrington e’ piu’ simpatico e, soprattutto rispetto all’ultimo episodio diretto da Bryan Singer, dosato con maggiore equilibrio. Si dice sia stato escluso dal festival di Venezia a causa del destino che la citta’ lagunare subisce nel film, ma forse i motivi della scelta sono legati alle tariffe molto scottish del divo Connery e alla modesta caratura del risultato finale.

Luca Baroncini (www.spietati.it)