Scheda film
Regia: Emanuele Scaringi
Soggetto: tratto dalla graphic novel omonima di Zerocalcare
Sceneggiatura: Zerocalcare (Michele Rech), Valerio Mastandrea, Oscar Glioti, Pietro Martinelli
Fotografia: Gherardo Gossi
Montaggio: Roberto Di Tanna
Scenografie: Mauro Vanzati
Costumi: Francesca Casciello
Musiche: Giorgio Giampà
Suono: Alessandro Bianchi e Iacopo Pineschi
Italia, 2018 – Fantastico – Durata: 99′
Cast: Simone Liberati, Pietro Castellitto, Laura Morante, Valerio Aprea, Claudia Pandolfi, Teco Celio, Diana Del Bufalo
Uscita: 13 settembre 2018
Distribuzione: Fandango

Zero assoluto

Zero (Simone Liberati) vive nella periferia romana, a Rebibbia, nella cosiddetta “Tiburtina Valley”. È un giovane fumettista in erba che passa le sue giornate disegnando storie fantastiche e improbabili manifesti per gruppi punk, svolgendo piccoli ma insignificanti lavoretti presso l’aeroporto e frequentando inoltre l’amico Secco (Pietro Castellitto), che coltiva una insana quanto masochistica passione per lo spray al peperoncino. Ma la sua parte migliore, il suo alter-ego, l’unico che riesce veramente a tenergli testa, è un misterioso armadillo gigante (Valerio Aprea) che vive solo nella sua testa e che soltanto lui riesce a vedere. Quando Zero riceve una mail dal padre di Camille, suo primo amore al quale mai si dichiarò, che gli rivela la morte della ragazza, sarà il momento per lui di rivedere la propria vita e metterla in discussione…

Film live-action tratto dal celeberrimo, autobiografico ed omonimo fumetto di Zerocalcare, al secolo Michele Rech, qui anche sceneggiatore, La profezia dell’armadillo diretto dall’esordiente Emanuele Scaringi sceglie una strada molto realistica, facendo irrompere già dalle prime immagini, quasi programmaticamente, la realtà all’interno del cartone animato introduttivo (che ritornerà nella post-credits scene), come a liberarsi dalle sue spoglie, come un Hulk che lacera i vestiti di Bruce Banner per prendere su di lui il sopravvento, volendo così affermare la forte diversità tra le due forme d’arte e le due opere, cinematografica e letteraria.

Poco spazio quindi a situazioni fantastiche, relegando il fantomatico mammuth ai soli interni dell’edificio che lo ospiterebbe e portando in scena l’armadillo come un pupazzone fatto con i corrugati, quasi a delegittimarlo o a normalizzarlo, piuttosto che utilizzare più facilmente la computer grafica per regalargli una maggiore dignità, ma dandogli così una più evidente fisicità e quindi efficacia sulla scena.

Impresa non facile, quella di trasporre sullo schermo un fumetto italiano, “non di supereroi”, uno dei pochi italiani a finire sul grande schermo, a sua volta per mano di cineasti nazionali, che la Fandango di Domenico Procacci dopo lunghe trattative e rimuginamenti – se ne parla dal 2014 – ha voluto affidare, ad un esordiente della sua scuderia, Emanuele Scaringi da Guidonia.

Le incursioni nel fumetto nazionale, a memoria, sono ampiamente dimenticabili e si contano sulla punta delle dita: dal Diabolik di Mario Bava del 1968 al Tex e il signore degli abissi di Duccio Tessari del 1985, fino alle versioni dell’Indagatore dell’Incubo con il pessimo Dylan Dog – Il film di Kevin Munroe del 2010 o la serie di ben sette tra fan film e prodotti indipendenti tra cui spicca il più riuscito mediometraggio Vittima degli eventi di Claudio Di Biagio (e dei The Jackal e The Pills) del 2014, per arrivare quindi al recentissimo Monolith di Ivan Silvestrini del 2016. Tra questioni di diritti e produzioni sparsi per il mondo, il problema risiede ancora una volta nella scarsa attenzione del nostro paese nei confronti del cinema fantastico e della mancanza di budget adeguati.  Forse non a caso la strada scelta da Scaringi, Fandango & Co. è stata proprio quella di un maggiore realismo.

Il risultato è un film inevitabilmente verboso, ma godibile, che riduce quasi ad una sorta di bignami le infinite elucubrazioni di Zero e dell’armadillo, spesso irresistibili e dedicate a temi non banali, non lesinando però sul ritmo del racconto. E se qualche situazione rimane sospesa e non troppo approfondita, i personaggi principali sono ben delineati e le facce scelte per portarli sullo schermo funzionano. In particolare sorprende Pietro Castellitto che, dopo la deludente prova in È nata una star? sembra riscattarsi ampiamente. Divertentissimo l’episodio dell’intervista ad Adriano Panatta da parte di un ignaro Zero, meno riusciti altri siparietti come quello del mercante fricchettone interpretato da Gianluca Gobbi. Sono diversi invece gli affondi che il regista Emanuele Scaringi riesce a dare nel confezionamento della pellicola, come l’ex calciatore Vincent Candela nel ruolo del padre di Camille ed  il finale in cui la ragazza, dopo il Sacro Giuro dell’epoca, non si butta dal muretto insieme ai compagni, poiché probabilmente ha già deciso di non lottare in questo mondo in cui, come dirà Zero al suo funerale, “siamo tutti cani de Pavlov”, quello che cambia è solo lo stimolo.

Voto: 6 e ½

Paolo Dallimonti