Scheda film
Titolo originale: The theory of everything
Regia: James Marsh
Soggetto: Jane Hawking
Sceneggiatura: Anthony McCarten
Fotografia: Benoît Delhomme
Montaggio: Jinx Godfrey
Scenografie: John Paul Kelly
Costumi: Steven Noble
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Trucco: Jan Sewell
USA, 2014 – Biografico/Drammatico – 123′
Cast: Eddie Redmayne, Felicity Jones, Emily Watson, Charlie Cox e David Thewlis.
Uscita: 15 Gennaio 2015
Distribuzione: Universal Pictures Italia

Amore e Buchi Neri

Possiamo da subito sbilanciarci e dire: occasione sprecata. Si, perché le premesse erano veramente interessanti e il soggetto, la cosmica vita del fisico Stephen Hawking, forse meritava quel tocco pungente che in questo film si vede solo a tratti. Eccolo spiegato.

Siamo nel 1963, quando, nella rinomata Università di Cambridge il laureando in fisica Stephen Hawking (Eddie Redmayne) incontra la sua futura moglie Jane Wilde (Felicity Jones). Tra di loro scoppia da subito la scintilla che sconvolge le loro vite sotto forma di una romantica pioggia di meteoriti, modificando irreversibilmente il loro universo giovanile, che li porterà ad una lunga vita insieme fatta di gioie ma anche di buchi neri. Nel momento più prospero della vita del giovane Stephen, gli viene diagnosticata una malattia degenerativa: l’atrofia muscolare progressiva. L’aspettativa di vita è di 2 anni con una progressiva perdita di capacità motoria. Fortunatamente le facoltà mentali del matematico non vengono intaccate e una sua geniale intuizione rivoluzionerà la teoria sull’origine dell’universo.

La pellicola, tratta dalla biografia della moglie Jane, punta dritto verso una poetica un po’ troppo sdolcinata.
L’attenzione è rivolta verso la storia d’amore. Peccato che le problematiche del famoso cosmologo vengano lasciate in secondo piano e trattate con poco realismo. Altro aspetto poco sviluppato è quello professionale, la genialità del giovane Hawking è poco presente nella storia. Il passato di origine documentaristica del regista James Marsh (Man on Wire – 2008) poteva lasciar sperare in qualcosa di più concreto e meno politicamente corretto. Ci si sarebbe potuti incanalare sul binario drammatico/edificante di A Beautiful Mind di Ron Howard (Oscar miglior film nel 2002) dove, la riflessione la faceva da padrone e lo spazio per i sentimenti era funzionale alla trama. Nella Teoria del tutto lo spettatore viene coccolato e poco spinto verso la sofferenza.

Non tutto è da buttare perché The Theory of Everything si ricorderà soprattutto per le straordinarie interpretazioni dei protagonisti. Eddie Redmayne (Les Misérables – 2012) ci regala una prova da Oscar. La sua disarmante semplicità nel tratteggiare lo stato di handicap del genio britannico è paragonabile all’interpretazione di Daniel Day Lewis ne Il mio piede sinistro (Oscar miglior attore nel 1990). Felicity Jones (Like Crazy – 2011) è profondamente drammatica e il suo amorevole sforzo nel sostenere il marito è impresso sul suo volto ad ogni inquadratura. Entrambe sono nominati al Golden globe 2014, insieme al film stesso ed alla trascinante colonna sonora dell’islandese Jóhann Jóhannsson di wagneriana memoria.

Il pollice verso l’alto lo conquista il sottotesto del lungometraggio: lo sfiorarsi tra religione e scienza. Un punto d’unione irraggiungibile che qui trova nella coppia Stephen/Jane l’anello di congiunzione di questi due mondi diametralmente opposti. Un bel esempio di discussione tra fede e scienza era stato sviluppato negli anni 90’ da un grande della cinematografia, quel Robert Zemeckis (la trilogia di Ritorno al Futuro / Forrest Gump) che con il suo Contact aveva trattato l’argomento con arguzia e stile.

Nel complesso questo biopic su Stephen Hawking, costruito deliberatamente come film acchiappa-Oscar, si incanala perfettamente nello stile e nelle forme del genere melodrammatico. La sceneggiatura di Anthony McCarten non ha particolari picchi di genialità, ma è comunque godibile. L’ironia, peculiarità del cosmologo (che ha anche partecipato ad una puntata della serie comedy The Big Bang Theory), è inserita nel film con in giusti tempi, spezzando così l’andamento malinconico della trama. Malinconia fotografata su toni color seppia da Benoît Delhomme (Lawless – 2012).

Voto: 6

David Siena

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