Titolo originale:
Zivod Je Cudo
Nazione:
Repubblica Yugoslava, Francia
Titolo originale:
Zivod Je Cudo
Nazione:
Repubblica Yugoslava, Francia
Anno:
2004
Genere:
Drammatico
Durata:
155′
Regia:
Emir Kusturica
Sito ufficiale:
www.lifeisamiracle-themovie.com
Cast:
Slavko Stimac, Vesna Trivalic, Natasa Solak, Vuc Kostic
Produzione:
Distribuzione:
Fandango
Data di uscita:
Cannes 2004
04 Marzo 2005 (cinema)
Di fronte a una storia mirabolante, forse la più sovraccarica e squilibrata mai composta da Emir Kusturica. Il viaggio balcanico ricostruisce e rismembra le vicende di una guerra preannunciata da bagordi festanti, con un incipit che descrive la figura matura e infantile di Luka, ingegnere ferroviario serbo che vede precipitare la propria esistenza in pochi giorni. Sua moglie, una collerica ex stella della lirica, scappa via con un grottesco Magiaro e suo figlio Milos è costretto a rinunciare al sogno calcistico per perdersi nell’esercito. Rimangono, nella cascina di Luka accanto al treno, quegli animali provvidenziali e umanizzati, come i “gatto nero-gatto bianco” fusi in un’unica creatura, a farsi elemento di contrappunto, bizzarre facciate di una riflessione alternativamente eterea e terrena. Con lui rimane anche un anziano amico con il quale assiste all’arrivo di Sabaha (il sorriso esteso e chiarissimo dell’ormai attrice feticcio Natasa Solak), una giovane musulmana dalle energie clownesche e dalla forza irreale con la quale Luka organizza uno scambio di ostaggi per riavere suo figlio a casa. L’amore che inevitabilmente fiorisce si avvale ancor più di quella musica sillabica, cellule ossessive di marcia e di riso-pianto che scandiscono i momenti drammatici, e si intreccia al sentimento favolistico, comico e violento come i colori della campagna slava attraversata da un atraccia sottile d’epopea guerresca, costantemente smentita e investita dei bruschi passaggi tra il grottesco e l’autenticamente tragico. L’eccesso e l’abominio della tradizione narrativa stremeranno gli occhi degli spettatori, per poi ricomporsi in quella liricità-oniricità avvolgente del finale: il tunnel tanto amato dal protagonista oltrepassato con forsennata e concreta voglia di sogno, tradotta in morte o in nuova vita. Un suicidio scampato che genera mostri gioiosi e impensabili, straniato dal muso di un’asinella amorevole che interrompe il film in una strana sospensione fatta di risa e di pianto schernito.
Chiara F