Signs non mi ha soddisfatto pienamente, ma non riuscivo a definire con precisione perchè, tranne qualche considerazione banale su certe improbabilità notate anche da altri. Ma non era sufficiente, dato che mi sono tranquillamente bevuto ben peggio. In più, a tratti, mi è piaciuto molto e mi sono anche spaventato. Allora? Allora l’ho capito quando, in un cinema d’essai fuori mano, sono riuscito a vedere l’ultimo film di Tavernier, Laissez Passer. Finalmente un film adulto! Per adulti! Non ho sempre voglia di far finta di avere 17 anni. Sono stufo di un’industria dello spettacolo che si rivolge ossessivamente al mio bambino interiore. Non ne posso più della religiosità malata che inquina tanti film americani. Il film di Tavernier dura parecchio (e con le sedie di quel cinema anche di più) ma non ho provato un attimo di noia. Attori bravissimi ma sconosciuti: non c’era il problema di sovrapporre al personaggio della star tutti gli altri personaggi in cui l’abbiamo ammirata od odiata. Ci si può concentrare sulle vicende dei personaggi piuttosto che sulle possibilità della star di vincere un Oscar. Insomma, quando si inciampa in un film come questo ci si accorge di quanto ci manchi. E un film come Signs – di cui ho letto le esaltazioni più assurde come le stroncature più pignole – finisce per infastidirmi più per i suoi pregi che per i suoi difetti. Il film di Tavernier racconta le storie vere di alcuni cineasti parigini durante l’occupazione tedesca. Il feeling di Tavernier per la storia mi pare ineguagliato fra i registi moderni (considerando altri film come La Vita e nient’altro e Che la Festa Cominci). Succedono un mucchio di cose, anche avventurose (ma senza mai uscire dai limiti del plausibile) ed il panorama è occupato da una folla di personaggi non solo vero ma anche continuamente interessanti, impegnati in una lotta autentica e in dilemmi morali realistici.
Da spettatori, l’unico difetto del film è che, molto banalmente, non siamo esperti di cinema francese degli anni 30 e 40 e vengono citati un mucchio di nomi e film spesso difficili da collocare. Non so quanto nomi famosi come Clouzot e Cayatte siano oggi familiari. Fra i protagonisti del film spicca Maurice Tourneur: un grande regista che fu fondamentale nella storia di Hollywood degli anni 20 e 30 ma i cui film sono abbastanza dimenticati: è facile confonderlo con suo figlio Jacques, autore di film come Il Bacio della Pantera e Ho Camminato con uno Zombi, che abbiamo visto tutti. Tavernier è politicamente un conservatore e si potrebbe trovare da ridire sulla sua descrizione delle difficili lealtà e impossibili compromessi in un paese occupato ma con un governo ‘legale’ (in Francia c’è chi l’ha fatto), ma per una volta mi è piaciuto troppo per preoccuparmene. Il giorno che un regista italiano farà un film conservatore così se ne riparlerà – ma con i 40 anni circa di vita che mi rimangono non credo che vivrò abbastanza per vederlo.
Stefano Trucco