Regia di Carlo Verdone
con Carlo Verdone, Stefania Rocca, Laura Morante, Rodolfo Corsato e Antonio Catania

Recensione n.1

“Ma che colpa abbiamo noi” ha ristabilito il feeling tra Verdone e il pubblico. Questo nuovo film, piu’ riuscito, si propone di consolidarlo, attraverso la capacita’ del mattatore romano di creare un’identificazione tra spettatori e personaggi. Il punto di vista e’ sempre quello della media borghesia, e come tale minato da un certo conformismo di fondo, ma le dinamiche rappresentate sono universali. Interrogativi sulle risicate possibilita’ dell’amore di resistere alle congiure del tempo non turbano solo i salotti di buona famiglia e Verdone ha il pregio di imbastire una storia comunicativa e non per forza di cose totalmente conciliante. Come al solito il suo cinema affianca idee valide, anche se non propriamente originali, a sciatterie, soprattutto nella messa in scena, con una regia a totale servizio del racconto ma incapace di imprimere un taglio personale alle immagini. Basta pensare all’imbarazzante anonimato dei titoli di testa, o ad alcuni dettagli, come la luce “qualunque” che ingrigisce goffamente la resa dei conti al tennis club; oppure il becero accostamento da sit-com tra riprese live (televisive) del concerto di Joe Cocker e riprese in studio di Verdone tra il pubblico; fino ad arrivare al doppio split-screen per mostrare due telefonate risolutive, perdipiu’ in banale consecuzione. Ma il cinema di Verdone e’ fatto soprattutto di sceneggiatura e di attori, e questo nuovo capitolo sulla precarieta’ dei sentimenti, da questo punto di vista riesce a non deludere le attese e a mantenersi al passo con i tempi, senza cedere del tutto alle lusinghe modaiole (lo speed-date) e alla (presunta) fame di lieto fine dell’audience. Sono infatti le mezze tinte le vere protagoniste, con un’apprezzabile attenzione nel caratterizzare i personaggi in modo sfaccettato: non solo positivi, non solo negativi, ma molto umani nelle loro contraddizioni. Peccato per le solite, evitabili, macchiette (il truccatore gay, la sciroccata zen) o per alcune scelte (la professione della moglie, psicoterapeuta prestata alla televisione) che rincorrono le banalita’. Gli interpreti sono tutti a loro agio e in parte. Tra i tic nevrotici della Morante (brava ma basta!) e la luminosa grazia della Rocca, e’ quest’ultima ad uscirne vincente, anche se entrambe incarnano con verve due opposti femminili, sia nel fisico che nel carattere. A dominare la scena e’ pero’ un Carlo Verdone in forma smagliante, meno patologicamente ansioso e piu’ seriosamente buffo nel dipingere dubbi, paure, speranze e meschinita’ dell’italiano medio. Si ride parecchio e di gusto, con punte davvero spassose (la notte in albergo a Nizza), anche se ad imporsi e’ l’incertezza, unico punto fermo tra il bisogno di stabilita’ affettiva e la necessita’ di non trasformare la propria vita in sconsolante routine.

Luca Baroncini (da www.spietati.it)

Recensione n.2

***1/2 spoiler alert: level 1
Diciamolo: Stefania Rocca e Laura Morante portano un po’ di sfiga. La prima è co-responsabile della crisi di coppia in “Casomai” di D’Alatri e la seconda idem nel film di Muccino “Ricordati di me”. Sarà per questo che Carlo Verdone ha dato loro la parte? Per rendere il tutto più credibile? Forse anche per questo, chissà, ma di certo perché sono due ottime attrici purché siano ben dirette; e si sa che tutto si può dire di Verdone, ma non che non sappia dirigere gli attori (ricorderò per l’ennesima volta il miracolo di aver fatto recitare e non biascicare, Asia Argento, Ornella Muti, Regina Orioli, ecc.). “L’amore è eterno finché dura” è un bel passo avanti nella ormai sterminata cinematografia di Verdone, una maturazione ben evidente rispetto anche al suo, pur discreto, precedente lavoro. Sembra quasi che l’autore (parola grossa? beh, uno che scrive, dirige ed interpreta non lo si può chiamare altrimenti..) abbia deciso di far sul serio, abbandonando le solite macchiette rendendosi finalmente conto che un buon attore non sempre è colui che si comporta da camaleonte interpretando personaggi diversi: insomma, non è solo un Robert De Niro ad essere bravo, ma anche un Woody Allen. Di che parla il film? Lo sapete: di mille e mille domande sulle relazioni, più o meno pericolose, di coppia. Perché due persone si mettono assieme? Perché può subentrare una crisi? E come la si risolve? Si tiene duro per il bene di chissà chi o in nome di chissà che cosa o è giusto darci un taglio netto? E ci si può ricostruire una vita cercando di non sembrare patetici, ma rialzandosi determinati ad essere ad ogni costo felici? Le solite cose, ma, a differenza delle due pellicole citate all’inizio, con un tono da commedia davvero ben calibrato. Traduco: si ride. Specifico: andate a vederlo.

DA TENERE: La soddisfazione di gustarsi una commedia italiana affatto stupida e ottimamente condotta da un bel cast e da un regista che sembra aver ritrovato i toni dei suoi lavori migliori. (caspita, sembrerebbe quasi una recensione vera..!)
DA BUTTARE: L’unica cosa scritta approssimativamente ed in malo modo: i pochi dialoghi dei ragazzi (figlia, fidanzatino, amica), alle volte quasi imbarazzanti per le banalità che scaturiscono dalle loro bocche. Evidentemente i tre sceneggiatori (lo stesso Verdone con Michele Plastino e Francesca Marciano) sono più a loro agio con il mondo degli adulti. Certo, se solo avessero chiesto un aiuto ad un Virzì…
NOTA DI MERITO: Alle volte affrontare argomenti seri sorridendo può essere più utile ed efficace che piangersi addosso con polpettoni in stile sceneggiato/a da prima serata televisiva.
NOTA DI DEMERITO: Non è proprio una nota di demerito, bensì una riflessione: è vero che Woody Allen sulla coppia ci ha costruito una carriera, ma siamo sicuri che Carlo Verdone riuscirà a fare altrettanto senza ripetersi troppo? Sono fiducioso (certo, lo ero anche con Dario Argento…).

Ben, aspirante Supergiovane