Scheda film
Regia e Soggetto: Paolo Zucca
Sceneggiatura: Paolo Zucca e Barbara Alberti
Fotografia: Patrizio Patrizi
Montaggio: Sarah McTeigue, con la collaborazione di Walter Fasano
Scenografie: Pietro rais, Marianna Sciveres, Margarita Tambornino
Costumi: Stefania Grilli
Musiche: Andrea Guerra
Suono: Pietro Facellu
Italia, 2013 – Commedia – Durata: 90′ + recupero
Cast: Stefano Accorsi, Geppi Cucciari, Jacopo Cullin, Alessio Di Clemente, Marco Messeri, Grégoire Oestermann, Benito Urgu, Francesco Pannofino
Uscita: 12 settembre 2013
Distribuzione: Lucky Red
Il principe con il fischietto d’argento
Era il 2009 quando Paolo Zucca con il suo quinto cortometraggio faceva incetta di riconoscimenti nel circuito festivaliero, compresi il David di Donatello di categoria e il Premio Speciale della Giuria a Clermont-Ferrand. Di anni ne sono trascorsi quattro e quella piccola perla della produzione breve nostrana dal titolo L’arbitro è diventata la base di partenza dell’omonima opera prima del regista e sceneggiatore sardo classe 1972, scelta come evento di pre-apertura delle Giornate degli Autori, nell’ambito della 70esima edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia. Ma archiviata l’anteprima in quel del Lido è tempo, però, di misurarsi con ben altre platee e con il tanto temuto box office, che vedrà il film in programmazione nelle sale a partire dal 12 settembre con il marchio Lucky Red.
La transizione dal passo corto a quello lungo non ha comportato uno stravolgimento totale del DNA della matrice originale, soprattutto dal punto di vista estetico, mentre da quello più strettamente narrativo l’evoluzione è piuttosto evidente, ma comunque in linea con quanto fatto prima. Si tratta più che altro di un processo di dilatazione del racconto e di uno sviluppo drammaturgico su larga scala che passa attraverso una rielaborazione degli eventi e dei personaggi che li animano. Il baricentro intorno al quale ruotava il plot dello short era la tanto attesa finale del campionato sardo di terza categoria tra due agguerrite compagini locali, combattuta sul filo dei nervi e senza esclusioni di colpi tra i ventidue impegnati sul polveroso rettangolo di gioco, le turbolente panchine e gli infuocati spalti. Il tutto sotto lo sguardo dell’arbitro designato e dei suoi collaboratori. Una vera e propria “guerra” fisica e psicologica che Zucca, con la collaborazione in fase di scrittura di Barbara Alberti, trasforma nello scoppiettante e divertente epilogo del film, nel quale riemerge in tutto e per tutto lo spirito primigenio del progetto. Con la dilatazione aumenta di conseguenza la distanza percorsa dalla storia per raggiungere il triplice fischio di chiusura delle ostilità e della pellicola, una storia costruita adesso su due piani spaziali che scorrono parallelamente passandosi il testimone, per poi andare a confluire nella suddetta finale: da una parte il tentativo di scalata dell’arbitro nel calcio che conta, dall’altra la “battaglia” dentro e fuori dal campo tra l’Atletico Pabarile e il Montecrastu per la conquista del campionato e soprattutto del rispetto che una simile vittoria porterebbe alla squadra vincitrice.
Purtroppo, il processo di sdoppiamento non porta agli esiti sperati, tanto da rendere lo scheletro narrativo nient’altro che il collante tra situazioni posizionate in progressione, intervallate da digressioni e sottotracce che fanno una volta si e l’altra no capolino (la faida tra i due cugini che giocano nel Montecrastu o la storia d’amore tra l’italo-argentino del Pabarile e la figlia dell’allenatore), così come il gonfiamento della drammaturgia non valorizza appieno la folgorante idea che era alla base del cortometraggio. Di conseguenza, l’interesse si sposta prevalentemente verso il secondo dei piani spaziali, ossia quello incentrato sul campionato di calcio e sulle sue vicissitudini umane e sportive. Temi, toni e soprattutto stilemi danno origine a un mix che mescola l’alto e il popolare, nel tentativo di avvicinarsi il più possibile allo humour italiota de L’arbitro del 1974 con Lando Buzzanca e Il presidente del Borgorosso Football Club, entrambi diretti da Luigi Filippo D’Amico, unito alla follia senza freni di Shaolin Soccer di Stephen Chow. In particolare, da quest’ultima non si cercano di scopiazzare le acrobatiche evoluzioni calcistiche che virano verso le arti marziali, ma la capacità di tramutare delle semplici azioni di gioco in coreografie, l’epica di certe inquadrature (il bianco & nero, l’uso spasmodico della retorica del ralentie), il non prendersi mai sul serio (così da non scivolare nel ridicolo involontario come nella trilogia di Goal!) e la versatilità nella regia che consente alla messa in quadro di tingersi di una certa originalità.
L’arbitro del regista sardo non è solo una commedia sul calcio, ma anche un autentico trattato di antropologia immerso in una location inedita, che oltrepassa la parabola sportiva per restituire allo spettatore racconti di vita, di passione, di relazioni umane intime e sociali, di legalità e illegalità, di antiche rivalità e di amori sopiti, filtrati attraverso la lente della commedia e delle sue sfumature. Zucca palleggia con i toni e i registri, passando come nel 2009 dal surreale al grottesco in un battito di ciglia, senza dovere mai ricorrere all’umorismo facile e gretto per strappare un sorriso. I buoni tempi comici e alcune esilaranti sequenze (una su tutte la partita truccata arbitrata da Mureno – che ricorda per assonanza il Moreno che arbitrò la maledetta partita “persa” dall’Italia contro la Corea del Sud) permettono al film di non scivolare oltre la soglia della sufficienza, anche grazie a un gruppo di interpreti professionisti (spassosissimi Urgu nel ruolo dell’allenatore cieco Prospero e di Pannofino in quello di Mureno) e non, guidato da un convincente Accorsi nelle vesti del protagonista Cruciani.
Voto: 6
Francesco Del Grosso