Scheda film
Regia: Alessandro Rak
Soggetto e Sceneggiatura: Alessandro Rak e Luciano Stella
Montaggio: Marino Guarnieri
Character design: Alessandro Rak, Dario Sansone
Musiche: Antonio Fresa, Luigi Scialdone
Suono: Luigi Scialdone, Giancarlo Rutigliano, Stefano Grosso, Andrea Cutillo, Dario Della Monica, Francesco Amodeo
Italia, 2013 – Animazione – Durata: 82′
Cast: Lucio Allocca, Leandro Amato, Silvia Baritzka, Francesca Romana Bergamo, Antonio Brachi
Uscita: 21 novembre 2013
Distribuzione: Cinecittà Luce
Sale: 23
Vedi Napoli e muori
Sergio fa il tassista in una Napoli pre-apocalittica, plumbea e livida, dove una pioggia incessante bagna i cumuli di immondizia agli angoli delle strade: suo fratello – trasferitosi da tempo in Tibet e mai più tornato – è appena morto e lui fatica a trovare una risposta a tutti i suoi perché. Mentre accompagna i suoi clienti in giro per la città, l’uomo, grazie alle storie dei suoi passeggeri, si inerpica nel sentiero dei ricordi riscoprendo la voglia di vivere in prima persona la felicità e l’amore per la musica, leit-motiv della sua vita e filo conduttore nel rapporto con il fratello.
Presentato come evento speciale fuori concorso della ventottesima Settimana Internazionale della Critica, L’arte della felicità – che trae originaria ispirazione dall’omonima manifestazione culturale napoletana ideata dallo sceneggiatore Luciano Stella – è un viaggio alla (ri)scoperta della memoria, tra anime, fantasmi, speranze, rimorsi, rimpianti: nel microcosmo del suo taxi Sergio si riaggancia al suo passato, cerca il coraggio per affrontare ed elaborare il suo lutto, si prepara (forse) ad affrontare il suo presente e futuro, quello che vive e pulsa al di là del cruscotto e della lamiera di quel bozzolo protettivo con il tassametro dal quale si rifiuta di scendere.
Al suo esordio nel lungometraggio di animazione, il fumettista Alessandro Rak si confronta con un progetto più che ambizioso, che alle difficoltà tecniche affianca anche una considerevole complessità narrativo-contenutistica: perché alla base de L’arte della felicità c’è un percorso emotivo, spirituale, filosofico, una presa di coscienza che si snoda attraverso dialoghi e monologhi, riflessioni personalissime e confronti con l’altro. Le suggestioni si moltiplicano, le eco e i rimandi si sprecano in questo percorso su più livelli, inframezzato da continui flashback che riportano il protagonista a rivivere i momenti salienti del rapporto con quel fratello tanto amato: non è certamente a un pubblico di bambini che si rivolge Alessandro Rak, eludendo senza esitazione quel cliché che vorrebbe il cinema d’animazione prevalentemente concepito per soddisfare le esigenze dei più piccoli. Morte, senso della vita, vocazione, fallimento, ricerca della felicità: non sono temi semplici quelli che Rak sceglie di raccontare attraverso i tratti che definiscono i suoi personaggi, in una sorta di interminabile flusso di coscienza che scorre rapido e impetuoso come un fiume in piena, ingoiando i segmenti narrativi collaterali per renderli parte di un tutt’uno compatto.
L’opulenza narrativa e l’ipertrofia para-filosofica del film manifestano ben presto la loro scomoda voluminosità, non tanto appesantendo il fluire della storia – il cui ritmo rimane sempre sostenuto, aiutato dai continui balzi temporali – quanto rendendo spesso troppo aulici, artificiosi e talvolta un po’ retorici i dialoghi, i pensieri, le riflessioni che fanno da struttura portante al progetto. C’è però grande lucidità e solidità alla base del progetto, che racconta l’uomo non solo come individuo e come essere sociale e relazionale, ma anche come elemento contestualizzato in un determinato ambiente: non stupisce quindi che Napoli sia rappresentata quasi come un personaggio a se stante, lontano da ogni immaginario da cartolina, una città portata sullo schermo con tutte le sue contraddizioni, tra scorci fascinosi e turpi ferite ancora aperte, culla di energia e di potenziale fermento artistico e al contempo tomba di speranze e aspettative per il futuro.
Accompagnato dal linguaggio universale della musica, L’arte della felicità traduce in immagini il viaggio emotivo di un uomo alla ricerca della felicità perduta: un’operazione coraggiosa, a tratti visionaria, sicuramente imperfetta ma altrettanto certamente inaspettata ed affascinante.
Voto: 6 e ½
Priscilla Caporro