Scheda film

Regia: Bennett Miller
Soggetto: Stan Chervin, dal romanzo “Moneyball: The Art of Winning an Unfair Game” di Michael Lewis
Sceneggiatura: Steven Zaillian, Aaron Sorkin
Fotografia: Wally Pfister
Montaggio: Christopher Tellefsen
Scenografie: Jess Gonchor
Costumi: Kasia Walicka-Maimone
Musiche: Mychael Danna
USA, 2011 – Drammatico – Durata: 133′
Cast: Brad Pitt, Robin Wright, Jonah Hill, Philip Seymour Hoffman, Chris Pratt, Stephen Bishop, Brent Jennings
Uscita: 27 gennaio 2012
Distribuzione: Sony Pictures/Warner Bros

 Brad Pitt e la sua squadra di scarti

Il general manager della squadra di baseball degli Oakland Athletics, Billy Beane, è costretto a far fronte alla situazione critica in cui versa il suo team dopo che i giocatori migliori se ne sono andati attirati da contratti più vantaggiosi. Durante un incontro con i Cleveland Indians, conosce Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale che ha idee innovative su come valutare la qualità dei giocatori. Nonostante le opposizioni e i pregiudizi iniziali, le teorie di Peter, appoggiate da Billy, portano a risultati insperati rivoluzionando le vite di tutti.
I film sullo sport sono sempre a rischio ma in compenso danno ai loro interpreti buone carte per mettere in mostra il proprio talento. Sandra Bullock deve il suo Oscar ad un modesto film sul football, e anche Brad Pitt è sulla buona strada grazie ad una pellicola, che senza di lui come protagonista, forse non avrebbe lo stesso impatto. L’attore ci regala infatti un’interpretazione da manuale, piena di sfumature e ambiguità, ben strutturata grazie ad una sceneggiatura possente (firmata in prima battuta da Steven Zaillian e in seconda da Aaron Sorkin) e la arricchisce di tic, nevrosi e paure capaci di spiegare il senso di rivalsa che muove il suo personaggio.
Come sfondo c’è il baseball, che rende ancora più piacevole la visione del film, insieme ad un Jonah Hill nelle simpatica veste del nerd che mette a punto i sistemi statistici, e a Philip Seymour Hoffman, stavolta però decisamente sprecato.
La storia raccontata da Bennett Miller (Truman Capote – A sangue freddo) è forte e carica di passione, ma il film è completamente riuscito soprattutto grazie alla sceneggiatura: dialoghi lunghi, intelligenti, battute pungenti.
Altro elemento che contribuisce a rendere Moneyball un film vincente è la colonna sonora: intensa ma allo stesso tempo sentimentale merito del semisconosciuto Mychael Danna. Per non parlare di alcune scene a dir poco superbe, come quella in cui Pitt attraversa lo spogliatoio, con la cinepresa che lo segue lungo tutta la traversata mentre parla con i giocatori mediante un piano sequenza brillante.
film perfetto anche per chi non ama il baseball o lo sport in generale, perché si concentra sulla figura di Beane e sulla sua rivoluzionaria analisi. Ma vedendolo ci si appassiona anche al gioco, alle sue difficoltà e alle sue strategie.
Il tema del film, piuttosto lungo ma non troppo stancante è che la forza di molti vale più di quella del singolo, e che il cambiamento comincia dalle piccole cose.
Senza svelare se alla fine la tattica adoperata risulterà vincente o meno, si può decisamente affermare che L’Arte di vincere fa commuovere, emoziona e stupisce.

Voto: * * *½

Giada Valente

 #IMG#Billy Beane, ex promessa…

Billy Beane, ex promessa, mai mantenuta, del baseball professionistico è l’attuale g.m. degli Oakland Athletics, con un problema di difficile risoluzione: cercare per mezzo di un budget sempre più ridotto di costruire una formazione all’altezza delle aspettative dirigenziali. Beane troverà in Peter Brand, un giovane laureato in economia, l’architrave sulla quale creare una squadra vincente. Brand infatti è un esperto di analisi statistiche che riesce per mezzo di complicati calcoli a capire come assemblare una formazione vincente ma comunque economica.
Come spesso capita nei film tratti da eventi sportivi anche in questa pellicola firmata da Bennett Miller e datata 2011 ma risalente alla stagione 2001, c’è molto di più del semplice baseball, molto più del “batti e corri” o degli spogliatoi frequentati da masticatori di tabacco, c’è invece tutto un sottobosco di luoghi comuni e di sogni infranti, a partire da quelli di Brad ‘Billy Bean’ Pitt, che da promessa della Major League, con un passato di sogni e lacrime spese ripensando alla sua modesta carriera, si trasforma per mezzo dell’arrivo di Peter Brand nel primo sostenitore della sebermetrica, la scienza che grazie all’analisi statistica traduce quel che uno scout non seppe vedere proprio in lui ovvero varie debolezze essenziali in alcune particolarità del ‘gioco’. Oltre a questo c’è anche la vita di persone incapaci di mantenere distaccati sentimenti e vita professionale, incapaci di non lasciarsi coinvolgere, anche se ben pagati, all’interno del gorgo dei sentimenti prodotti da uno sport che per loro è molto più di un semplice sport ma la loro vera ragione di vita. Pitt fornisce una prova sopra le righe, oltre le più rosee aspettative, facendo appassionare, grazie al suo atteggiamento sornione, lo spettatore ad una disciplina di difficile lettura per un utente non americano e decisamente più avvezzo a gusti calcistici. Ciò nonostante la caccia al record di vittorie consecutive degli A’s e il rapporto fra Billy e la figlia, diviene il polmone per mezzo del quale vive e si alimenta tutta la pellicola. Da sottolineare anche la buona prova di Philippe Seymour Hoffman, nel ruolo dello scettico coach Art Howe che non vede di certo di buon occhio un’innovazione così scientifica incapace di captare quel che è impalpabile ad una fredda statistica ovvero ‘l’essenza stessa dello sport’. Da vedere anche se non siete appassionati del ‘diamante’ ma se siete comunque appassionati di sogni made in USA quasi a lieto fine.

Voto: * * *½

Ciro Andreotti