Scheda film
Titolo originale: Lazzaro Felice
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Alice Rohrwacher
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Nelly Quettier
Scenografie: Emita Frigato
Costumi: Loredana Buscemi
Musiche: Piero Crucitti
Suono: Christophe Giovannoni
Italia, Svizzera, Francia, Germania , 2018, Drammatico. Durata: 130
Cast: Adriano Tardiolo, Alba Rohrwacher, Nicoletta Braschi, Luca Chikovani, Sergi López, Natalino Balasso, Tommaso Ragno, Agnese Graziani e Carlo Massimino.
Uscita: 31 maggio 2018
Distribuzione: 01 Distribution
Lazzaro risorge, l’Italia no
In un indefinito periodo storico dell’Italia recente, 54 schiavi lavorano come mezzadri per la Marchesa Alfonsina de Luna, algida aristocratica, artefice del “Grande Inganno”, con il quale fa credere a questa famiglia di ingenui contadini, di dover lavorare per lei, senza alcuna remunerazione, al fine di mandare avanti il suo piccolo e decadente impero delle sigarette italiane. Tra di loro c’è anche il giovane Lazzaro, lavoratore indefesso, ma anche ingenuo e innocente. Un “vorrei ma non posso” che stringe un sincero rapporto di amicizia con il viziato figlio della marchesa, l’annoiato Tancredi. Quando il giovane aristocratico chiede aiuto a Lazzaro per organizzare un finto sequestro, il ragazzo non si tira indietro, pur non potendo sottrarsi agli obblighi lavorativi e alla raccolta delle foglie di tabacco.
Prix du scénario alla 71ª edizione del Festival di Cannes, Lazzaro Felice è la terza pellicola di Alice Rohrwacher, dopo Corpo celeste e Le meraviglie, due prove autoriali, mature e colte. Le premesse erano dunque ottimali, ma Lazzaro Felice va ben oltre le aspettative.
La pellicola è un “altrove” bellissimo, sospeso, fiabesco. Un cinema arcaico che rievoca un’Italia autentica, stagionale, interdipendente dalla sua meravigliosa e, troppo spesso, trascurata terra. Tra “heimat” e benedizione della trebbia.
Il film della Rohrwacher è inoltre una vera e propria enciclopedia del cinema nostrano, da Pasolini (Accattone), a Scola (Brutti, sporchi e cattivi), da Fellini (La strada) a Olmi (L’albero degli zoccoli), ma c’è anche Zavattini, De Santis, i fratelli Taviani e chi più ne ha più ne metta. In particolar modo con Olmi e con la sua pellicola più nota, che proprio a Cannes trionfò esattamente 40 anni fa, Lazzaro Felice condivide l’approccio documentaristico con il quale delicatamente si approccia alla vita bucolica di questi mezzadri, schiavi, figli di un’Italia che non esiste più. Almeno fin quando il giovane e innocente Lazzaro non resuscita, in un’audace parabola biblica che lo catapulta non tre giorni dopo, ma 30 anni dopo, per scoprire che in fondo il paese è ancora povero, crudele e profondamente ingiusto. Come la figura del giovane Tancredi De Luna, simbolo di un’aristocrazia decaduta, dalla pasoliniana noia patrizia, al miseria della gente comune. Tra allegorie e simbolismi non spoilerabili, si arriva alla scena più spirituale del film, quando la sincera bontà d’animo, della combriccola di disperati, esce dalla Chiesa portandosi via la musica, che vola leggiadra come il refolo di vento che da tempo immemore separa, buoni e cattivi, poveri e ricchi, la gente che, fiera, fa l’Italia e chi campa sul lavoro altrui.
Una visione lucidamente attonita del reale di jodorowskyana memoria, un realismo magico davanti al quale è impossibile non emozionarsi.
Senile? Può darsi. Derivativo? Forse. Ma in un panorama così gravido di hype movie, in una realtà cinematograficamente sempre più pop e allegramente autoreferenziale, è un incredibile miracolo vedere un approccio filmico così devoto e sincero, che volge fieramente lo sguardo al passato.
Come i suoi eroi, Alice Rohrwacher semina e raccoglie un prodotto autoctono e genuino.
Voto: 8 e ½
Giuseppe Silipo