Nel cuore della primavera che volge all’estate ci troviamo sempre a discutere di tutti quei film che meritavano una migliore distribuzione in Italia e che sono passati quasi “inosservati” presso il pubblico nostrano.
“Le Mele di Adamo” è proprio un caso emblematico, osservando la locandina vi accorgerete che praticamente ha avuto accoglienze entusiastiche ovunque, eppure da noi fate fatica a vederlo proiettato in qualche schermo metropolitano.
Diciamolo subito, “Le Mele di Adamo” meritano.
Adam è un neonazista che viene mandato in una casa di riabilitazione ecclesiale, curata da un certo Padre Ivan, che si dimostra un inguaribile ottimista; uno che crede in Dio e nel Bene con fede ferma.
Ognuno nella casa deve avere un obiettivo, quello di Adam sarà fare una torta di mele, ma le circostanze ci mettono lo zampino: corvi rapaci, vermi che divorano i frutti; secondo Ivan è il diavolo (e indirettamente Dio) che mette alla prova Adam, pena il fatto che non riuscirà a realizzare la torta. Adam si mette in testa che invece riuscirà a realizzare la torta a dispetto di tutto e di tutti, e pensa che Dio vuole male a Ivan; il diavolo non perderebbe due minuti con un tipo come il religioso. Effettivamente le difficoltà abbondano, così come i personaggi e le situazioni surreali e grottesche, condite da un humor autoriale e originale.
Adam vuole “demolire” Ivan, violentato ripetutamente dal genitore quando era bambino, che ha una moglie suicida alle spalle, un figlio spastico e un tumore alla testa; chi più ne ha più ne metta. Il neonazista ha un solo modo per farlo, cioè fargli perdere la Fede. Uno sportivo indiano, quando perse i piedi, traumatizzato da uno shock così improvviso credette di avere ancora le gambe e continuò a fare tutto come se nulla vi fosse di diverso, e in virtù di questo contagiava anche gli altri. Così è Padre Ivan, che crede ciecamente che tutto ciò che gli capita è a fin di bene e che se guardasse la realtà in faccia scoprirebbe di essere solo un poveretto, che non è amato da Dio.
Adam legge i passi sulla Bibbia che riguardano Giobbe e per un po’ annienta le convinzioni che tengono in vita Padre Ivan, ma il destino (e Dio) è in agguato e alla fine vincerà il religioso.
Adam farà la torta di mele a coronazione dell’inizio di un suo inevitabile cambiamento, con l’unico frutto sano rimasto…
Il film è ricco di aspetti divertenti e ironici, e doti di narrazione cinematografica personali e non comuni…non a caso ha avuto accoglienze di un certo rilievo ovunque fino ad approdare sugli “scogli culturali” della nostra penisola. A cui forse ha dato fastidio l’apologia religiosa? Sarebbe ridicolo.
Molto brevemente. Qui non c’entra nulla l’idea di capolavoro, grande film, grande-piccolo film, ecc.
C’è chi crede che il cinema sia solo il luogo dei blockbusters, delle opere ispirate a grandi best-seller, ai cast all star, o ai cast dove le star si prestano in ruoli di abbrutiti perché fa molto “actor studio”. C’è chi crede solo nel cinema di “star” nostrane molto impegnate politicamente, che forniscono una visione che non è figlia di una forte tensione artistica, che diventa magari di valore culturale, sociale e/o politico, ma invece è una derivazione di manifesti esistenziali o politici, che fanno un po’ a “cazzotti” con la necessità e l’importanza della creatività e dei valori dell’arte.
Questo film non è certamente per chi rinnega che il cinema sia anche e per fortuna tutto quello di cui sopra, ma è soprattutto, come per molte altre opere, per chi crede che la settima arte sia soprattutto il luogo delle idee, degli attori, del lume della creatività: del felice incontro tra lo spettatore e la “lanterna magica”.
Gino Pitaro           newfilm@interfree.it