Recensione n.1
“AAAAH!!!”
Sobbalzo anch’io sulla sedia, all’unisono con gli spettatori: siamo tutti sconvolti dall’impressionante tensione creata dal film di Zemeckis. Ho assistito in sala a scene di vero panico con ragazze urlanti a squarciagola e spettatori terrorizzati! Un film da vedere in quarta fila in sala con audio doc: vi assicuro che ve lo ricorderete a lungo!. Raramente mi è capitato di uscire da una sala letteralmente travolto dalle emozioni, un’esperienza unica! passiamo ai particolari…
Il film, che viaggia a metà tra horror e giallo, è prodotto dalla Dreamworks di Steven Spielberg.
La storia racconta di una coppia, apparentemente perfetta,Pfeiffer-Ford tormentata in casa propria da una presenza malvagia. Sbalorditivi gli effetti speciali, incalzante il ritmo, splendida una regia che si rifà a maestri come Hitchcock o De Palma. Zemeckis e Spielberg hanno confezionato un film dalla buona fattura, con diversi limiti, però, nella prevedibilità dello svolgimento della trama in alcuni punti.
In realtà “What lies beneath” è forse più che altro un bellissimo meccanismo ad orologeria dove i colpi di scena sono preparati ad arte. Il genio sta nella perfezione dell’attivazione dei meccanismi quiete/suspence, più che in un ipotetico tentativo di creare un nuovo genere a metà tra giallo classico e horror.
Bravi H.Ford, stranamente cattivo e la Pfeiffer, nel ruolo della moglie toppo curiosa…Meglio questo Ford di quello di Sei giorni, sette notti, tanto per citare uno dei suoi film più modesti degli ultimi tempi.
Il regista Zemeckis non nasconde di essersi ispirato a Hitchcock. “Ho fatto il film pensando a lui – dice – mentre la scena della vasca da bagno non ha nulla a che fare con Attrazione fatale. Il fatto è che il bagno e di gran lunga la stanza più spaventosa della casa, perché li si è nudi e indifesi. Per questo tanti film hanno scene girate in bagno”. Anche Michelle Pfeiffer non nega di aver avuto bisogno di un piccolo aiuto per vestire i panni di Claire Spencer. “Non avevo mai interpretato una donna cosi spaventata – ricorda – Un po’ di ispirazione l’ho cercata in Drew Barrymore e nel suo personaggio di Scream. Ho parlato anche con degli psichiatri per capire stati d’animo e sensazioni che non ho mai provato”.
Il regista, intervistato su una possibile chiave di lettura del film come riflessione sulla politica tra i sessi, ha detto: “Sinceramente non ho mai considerato questo aspetto come il tema centrale del film. Penso piuttosto che questi siano particolari non importanti, ma ci sono abituato. Sembra una sorta di disfunzioni sprigionate da tutti quelli che in qualche modo si sentono coinvolti dalla storia, e questa è certo una storia che coinvolge. Ad ogni modo non è nuova come idea, da che mondo e mondo i mariti e le mogli si sono sempre scannati a vicenda!(ride)”.
Vito Casale
Recensione n.2
Ecco il thriller più sottovalutato degli ultimi anni. Il suo autore è Robert Zemeckis, reduce dal pessimo “Contact”. Il regista si ispira (come negarlo?) al Maestro Hitchcock, reinterpretandone la propria visione della paura e della suspense, in un contesto vagamente modernizzato, com’è logico aspettarsi da uno come lui, che fa della tecnica e della tecnologia uno stile. Utilizza gli artifici del genere tenendo ben presente di non essere mai rivoluzionario (come invece voleva far credere quel furbo di Craven), e lo fa rispettando ciò che è stato prima di lui, ma tenendo il dito ben puntato su un tipo di cinema non-vecchio. Per far questo si affida a un intreccio mai banale, che gli consente di giocare e divertirsi come vuole con le angosce dello spettatore, rielaborando genialmente tutti i clichè del genere e sfruttandoli a livello puramente meta-cinematografico, ma sempre tenendo – nonostante l’ambizione – un’encomiabile modestia (nel senso positivo del termine): tutti sanno che il cattivo si rialza ma… La padronanza della macchina da presa è davvero sorprendente, pura maestria cinematografica, con la quale compone sequenze semplicemente magistrali (vedi il finale), e riesce a rendere spaventoso anche solo un dito che si muove. Ma la sua regia non si limita a questo: la cinepresa diventa parte dei protagonisti stessi, li segue, li rende visibili dall’interno, esplora il loro passato, le loro angosce, i loro sentimenti, i turbamenti… tutto con un tocco unico e irripetibile. E’ una cinepresa “viva”, come un fantasma, essere materiale che non c’è, non si vede, ma che orchestra da dietro una sinfonia di singolare intensità. Cala di ritmo nel terzo quarto, dove si acuisce una ridondanza narrativa non rara nello svolgimento dei fatti, anche quando la dilatazione dei tempi ha un’importanza non relativa. Ostacolo comunque sormontabile.
harrison fordNon lo è invece la serie di buchi che la sceneggiatura rifila e che allentano inevitabilmente la tensione: la narrazione non scorre fluida, manca di sintesi, si dilunga, eccede di superfluo o manca di qualche legame nel racconto. Al contrario la struttura psicologica dei personaggi è credibile ed efficacemente dettagliata, svelata man mano nella storia come fosse un film a flashback, cosa che pantomimicamente è. La Pfeiffer sfoglia l’album di fotografie, e più va avanti (cioè indietro) più il ricordo è sofferente e scabroso: elegante metonimia del concetto con il quale il film intero procederà narrativamente. Da una situazione di perfezione e stabilità fino ai suoi antipodi. Un assunto che lascia spazio a una pericolosa prevedibilità, alla quale Zemeckis pone subito rimedio con una sfilza di invenzioni registiche da far invidia ai Maestri. Tecnica e stile miscelati in maniera ineccepibile. Di ineffabile bravura i due attori protagonisti, mai così sopra le righe. “Le verità nascoste” si impone di diritto come uno dei thriller più belli degli ultimi anni, vero simbolo di un cinema che, nonostante tutto, è ancora capace di farci saltare sulla poltrona ed emozionarci.
Andrea D’Emilio
Paralleli Hitchock-Zemeckis
Numerosissimi i riferimenti nel film al maestro Hitchcock: un vero e proprio omaggio di Zemeckis al grandissimo regista.
1.La Pfeiffer che spia i vicini (La finestra sul cortile)
2.La struttura della casa (assomiglia a quella di Psycho)
3.Il nome di Harrison Ford (Norman, come il protagonista di Psycho)
4.La colonna sonora (fughe di archi identiche a Psycho)
5.Macchina nel fiume
6.Inquadratura dell’acqua che scende dallo scolo della vasca (identica in Psycho col sangue nella doccia, vedere il nostro speciale Psycho per credere)
7.La Pfeiffer che si aggrappa alla tenda e la strappa (sempre Psycho)
8. Titoli di coda
Un parere sincero sul film…
Il film è molto bello. Fa paura e non è più scopiazzato di un qualsiasi altro film. Si, è banale e non porta novità al cinema, ma ti mette paura quasi in ogni scena e questo lo fa anche se lo spettatore sa cosa aspettarsi. Gioca con lo spettatore e ti frega ogni volta. Quando ti dice dove andrà a parare , proprio lì ti fotte. La cosa più difficile. Sai dall’inizio che è stato il marito ma riesce a dirtelo con una costruzione e con una spiegazione a frammenti che ti sorprende anche se lo sapevi già. Io ho provato quaste sensazioni e penso sia il film che più ha fatto paura negli ultimi anni.
Gran divertimento, grande spettacolo. Grandi emozioni.
Il cinema è soprattutto questo e se ci riece tanto di cappello. Anche se lo fa con banalità o con cose già fatte (lo fa meglio di quasi tutti). Ma se vi piacciono solo i film innovativi allora non vi piace il cinema.
A.M.
Lettera spassionata a Zemeckis
Caro Bob,
sono stato molto felice di ricevere il tuo invito per il tuo ultimo film, quel What lies beneath di cui molti favoleggiavano strabilie.
Devo dire che mi aspettavo molto da te, specie dopo il tuo ultimo lavoro, quel Contact che mi è piaciuto veramente molto e che riguardo spesso anche solo per la scena dello specchio. Quella da sola vale decine di altri mezzi film che non sto qui ad elencarti, ma che tu conosci sicuramente. Per questo speravo che la tua ossessione per l’immagine riflessa (che altro erano, altrimenti i vari doppi di Ritorno al Futuro I, II, III?) avesse libero sfogo in questo acclamato Le verità nascoste. E infatti non hai tradito le mie aspettative, da questo punto di vista, almeno. Ma forse solo da questo punto di vista. Aspetta, il film mi è piaciucchiato, ma se ci fosse qui con me il mio caro mAx e mi chiedesse che voto gli do, arriverei a sei e mezzo al massimo. Perché da te mi aspetto sempre molto e qui non l’ho avuto: sufficientemente interpretato e fotografato (niente di che in entrambi i fronti, purtroppo), mi sei caduto in qualche banalità di troppo nella costruzione della suspense. Non so, ti pare che spaventare il pubblico con l’effettaccio sonoro sia sinonimo di sapienza hitchcockiana? Può andare bene una volta, due. Ma dopo ci vuole qualcos’altro. È troppo semplice far saltare sulla poltrona lo spettatore che non si aspetta un rumore improvviso associato ad un’immagine fugace; anche lo scoppio di un banale petardo può far sobbalzare un passante ignaro. È un peccato. La stoffa ce l’hai, allora ascolta me, che me ne intendo un po’ più di te: lascia perdere l’intervento divino, tanto la storia funziona lo stesso, dai un ritmo diverso all’andamento (costruzione classica non vuol necessariamente dire lentezza pachidermica), usa personaggi un po’ meno stereotipati (anche se forse la vera sorpresa è stata quel pezzo di legno di Indiana Jones) e vedrai che il prossimo sarà un film quasi perfetto (a proposito, dopo la fantascienza ed il thriller, cosa pensi che farai?).
Io lo aspetto già.
Cordialmente, E.