Scheda film
Regia: Marco D’Amore
Sceneggiatura: Marco D’Amore, Leonardo Fasoli,
Maddalena Ravagli, Francesco Ghiaccio
Fotografia: Guido Michelotti
Montaggio: Patrizio Marone
Scenografie: Carmine Guarino
Costumi: Veronica Fragola
Musiche: Mokadelic
Suono: Gianluca Costamagna
Italia, 2019 – Thriller/Drammatico – Durata: 115’
Cast: Marco D’Amore, Giuseppe Aiello, Salvatore D’Onofrio, Gianni Vastarella,
Marianna Robustelli, Martina Attanasio, Nello Mascia, Gennaro Di Colandrea
Uscita: 5 dicembre 2019
Distribuzione: Vision Distribution
Come un terremoto
Il corpo di Ciro sta affondando nelle acque scure del Golfo di Napoli, colpito al petto da Genny Savastano, il suo unico, vero amico. Quel proiettile esploso a bruciapelo squarcia il silenzio di una notte destinata a rimanere impressa nelle menti degli appassionati di Gomorra – La serie. Correva l’anno 2017, per l’esattezza il 22 dicembre, quando sugli schermi nostrani scorrevano le immagini degli ultimi istanti di vita di Di Marzio. Ma a giudicare dal trailer e dalla sinossi che accompagnano l’uscita nelle sale de L’Immortale, ma soprattutto dal prologo che apre le ostilità quello era solo un arrivederci e non un addio definitivo, almeno per quanto riguarda il tanto idolatrato personaggio interpretato per tre stagioni da Marco D’Amore.
Ora l’attore campano torna a vestirne i panni “resuscitando” il suo Ciro Di Marzio con un’operazione di natura crossmediale senza precedenti attraverso la quale, per la prima volta in assoluto nella storia della serialità, un film a se stante diventa anche un segmento del racconto a cavallo tra le due stagioni di una serie televisiva. Il che fa della pellicola in questione non solo un’opera cinematografica, ma un nuovo capitolo che si integra completamente in Gomorra – La serie, prestandosi da ponte tra la quarta e la futura quinta stagione. Ovviamente dobbiamo tenere la bocca cucita su come ciò prenderà forma, ma già la mancata dipartita del personaggio è già di per sé una notizia non di poco conto.
Collegamenti a parte, L’Immortale è quello che nel gergo tecnico si va a collocare a metà strada tra uno spin-off e uno standing alone, capace di funzionare da solo o in maniera indipendente da altri prodotti audiovisivi, con cui potrebbe altrimenti interagire. Salvo riferimenti a figure ed eventi appartenenti alla matrice televisiva, il film può infatti essere fruito anche da chi non ha particolare dimestichezza con i precedenti seriali. E D’Amore prende due piccioni con una fava cogliendo l’occasione per firmare il suo esordio dietro la macchina da presa nel lungometraggio, dopo che proprio nella quarta stagione di Gomorra si era cimentato con la regia di due dei dodici episodi (il quinto e il sesto) che la compongono.
Assimilato il linguaggio e lo stile della matrice, il regista e attore lo replica fedelmente dividendosi tra il davanti e il dietro la cinepresa. Un doppio impegno necessario per raccontare il presente e il passato del personaggio da parte di chi lo conosce meglio di chiunque altro. Per farlo D’Amore e il folto gruppo di sceneggiatori riavvolgono le lancette dell’orologio per tornare alle origini sino alla sua venuta al mondo e alla dolorosa adolescenza. Palleggiando tra i piani temporali attraverso flashback innestati fluidamente all’interno della timeline, la narrazione ci riporta al 1980, la terra trema, i palazzi crollano, ma sotto le macerie si sente il pianto di un neonato ancora vivo: è Ciro di Marzio, da quel giorno in poi tutti lo chiameranno l’Immortale. Anni dopo, quello stesso bambino ormai adulto, sopravvive anche a quel fatidico sparo: allora è vero quello che si dice, l’Immortale non lo uccide nessuno. Ambientato tra la Napoli degli anni ’80 post-terremoto e la Riga odierna, la storia è un continuo dialogo tra il presente di Ciro, esiliato sul Baltico a migliaia di chilometri da casa e dagli ultimi affetti rimasti, e il suo passato da orfano. Dall’infanzia per strada alle fredde estati del nord Europa, dai primi furti all’ultima guerra tra fazioni in lotta: tutto per sopravvivere a un mondo dove l’immortalità in fondo è solo una condanna.
Il risultato è al contempo un racconto di (de)formazione e un capitolo di un romanzo criminale, costruiti su un giro di vite spezzate e sopravvissute alla furia di un’escalation di violenza. Doppi e tripli giochi, voltafaccia e accordi segreti sono all’ordine del giorno e servono per alimentare e rilanciare la trama, impedendo ad essa di stagnare anche solo per un secondo di troppo. Modo di procedere e incalzare lo spettatore ereditata dalla serie e riproposta in una struttura non più orizzontale, ma verticale. Al resto ci pensa una confezione come al solito d’effetto, che trasferisce sul grande schermo gli stessi standard qualitativi di quanto ammirato negli ultimi anni sul piccolo.
Voto: 7 e ½
Francesco Del Grosso