Wes Anderson si lancia in una favola ecologista, grazie anche alla sua passione per i cani, che viene da lontano dai tempi del 2009 con il suo delizioso adattamento animato in stop-motion di Fantastic Mr. Fox di Roald Dahl. Amando all’inverosimile la forma, il regista offre un’esperienza ancora più selvaggia e più distintiva con Isle of Dogs, il racconto avvincente della ricerca di un ragazzo giapponese di 12 anni per salvare il suo amato animale domestico.Un’intera popolazione canina emarginata sullo sfondo, col genocidio di un regime sindacale.
L’ambientazione è la fittizia città giapponese di Megasaki, 20 anni nel futuro, e Anderson riconosce una delle sue influenze chiave come il crimine urbano, con vari omaggi al cinema giapponese classico.
Una storia che ha sviluppato con Roman Coppola, Jason Schwartzman e Nomura. Nonostante la specificità della sua ambientazione, Isle of Dogs è parte integrante dell’universo eccentrico di Anderson; le sue immagini vivacemente inventive e il rifiuto dei suoi eroi intraprendenti di piegarsi a un’autorità oppressiva in molti modi ricordano Grand Budapest Hotel.
Impiegando mappe animate, Anderson rimbalza avanti e indietro tra il centro politico e l’isola dei rifugiati, dove branchi di cani ora devastati da una malattia mangiano scarti per sopravvivere. Tra loro c’è una band di cani randagi comandata da Rex (Edward Norton). È affiancato dall’ex mascotte del baseball Boss (Bill Murray), il portavoce Doggy Chop per animali da compagnia King (Bob Balaban) e il pettegolo Duke (Jeff Goldblum).
Al margine c’è Chief (Bryan Cranston), un randagio che cerca di gestire il suo istinto ringhiante nei momenti di introspezione esistenziale. Chief si sente immediatamente attratto dall’enigmatico ex cane da spettacolo Nutmeg (Scarlett Johansson).
Quando un ragazzo di 12 anni di nome Atari (Koyu Rankin) si schianta sull’isola, emerge tramite flashback che è il nipote di suo zio, il sindaco, ed è venuto in cerca del suo Spots. Mentre inizialmente Spots è presumibilmente morto, emergono voci che potrebbe essersi unito a un branco di canini cannibali che abitano in una edificio sperimentale abbandonato all’estremità dell’isola. Per nulla scoraggiati dalla mancanza di un linguaggio comune (Atari parla solo giapponese mentre i cani che abbaiano sono tradotti in inglese), il ragazzo parte con Rex e la sua banda per risolvere il mistero.
Per coloro che scelgono di vedere questo film come per famiglie, Anderson potrebbe forse essere accusato di sovrapporre, stratificare e complicare una storia che è fondamentalmente un classico viaggio dell’eroe, con coraggiosi aiutanti. Ma il fascino unico di Isle of Dogs è la sua curiosità senza fondo, il suo umorismo scaltro, gli inserti grafici giocosi e le deviazioni narrative. Il lavoro degli scenografi Adam Stockhausen e Paul Harrod è eccezionale. E i burattini, sotto la supervisione di Andy Gent, sono creazioni di eccezionale bellezza dai bordi ruvidi, dalle delicate caratteristiche simili a bambole come Atari e Tracy.
Uno degli elementi chiave che mantiene l’azione propulsiva è la colonna sonora di Alexandre Desplat, diversa da qualsiasi cosa abbia fatto prima. Praticamente ogni momento è raccontato con la musica, dal martellante tamburo taiko agli splendidi temi percussivi con delicati elementi a fiato, il suo sapore inconfondibilmente giapponese conferisce una carica emotiva profonda ai temi della lealtà, dell’amicizia e dell’onore.
Un film fortemente originale,dalla parte degli animali con un forte significato politico ed attuale, e una colonna sonora straordinaria che rapisce lo spettatore per tutta la durata del film.
E’ un Wes Anderson non alla sua vetta, ma ad altissimi livelli.
Vito Casale