Scheda film

Regia: Peter Jackson
Soggetto: dal romanzo “Lo hobbit” di J. R. R. Tolkien
Sceneggiatura: Fran Walsh, Philippa Boyens, Peter Jackson, Guillermo Del Toro
Fotografia: Andrew Lesnie
Montaggio: Jabez Olssen
Scenografie: Dan Hennah
Costumi: Bob Buck, Ann Maskrey, Richard Taylor
Musiche: Howard Shore
Suono: Toby Lloyd, Adrian Medhurst
USA/Nuova Zelanda, 2012 – Fantastico – Durata: 169′
Cast: Martin Freeman, Ian McKellen, Richard Armitage, Ken Stott, Graham McTavish, William Kircher, James Nesbitt
Uscita: 13 dicembre 2012
Distribuzione: Warner Bros

 Un film da favola

Il piccolo hobbit Bilbo Baggins (Ian Holm), ormai anziano, affida alla memoria scritta le vicende che sessant’anni prima lo portarono ad avventurarsi con una compagnia di dodici nani, al seguito del principe Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage) e del mago Gandalf (Ian McKellen). L’allora giovane Bilbo (Martin Freeman) lasciò la sua tranquilla vita per aiutare il popolo dei nani a riconquistare Erebor, la propria terra, scippata loro dal temibile drago Smaug, affrontando orchi, troll e goblin ed entrando anche in possesso del leggendario Unico Anello forgiato da Sauron, in grado di rendere invisibile chiunque lo indossi, dopo averlo sottratto al perfido Gollum.
Arriva finalmente in sala uno dei film più attesi del decennio, che inizia una trilogia concepita (inizialmente come dittico) con lo scopo di tradurre per il grande schermo il famoso romanzo di J. R. R. Tolkien che precedette i tre tomi de “Il signore degli anelli”. Scritto nel 1937, “Lo hobbit o la riconquista del tesoro” nasce come unico libro e diventa cinematograficamente trino al fine di bissare il successo del trittico precedente, tanto da essere stato debitamente allungato in fase di scrittura da Peter Jackson insieme alle fidi collaboratrici Fran Wash (la gentile consorte) e Philippa Boyens – attingendo alle varie appendici vergate negli anni dallo scrittore britannico – ed a Guillermo Del Toro, rimasto comunque accreditato come co-sceneggiatore, che abbandonò l’impresa. L’autore de Il labirinto del fauno, persosi nel lungo limbo della pre-produzione protrattosi per anni, avrebbe dovuto infatti affiancare il regista neozelandese in questa titanica operazione.
Parliamoci chiaro: il libro “Lo hobbit” non è, né sarà mai, in grado di competere con “Il signore degli anelli”, di cui è tutto sommato una sorta di prova generale, in cui compaiono per la prima volta l’Unico Anello e le spade elfiche, tutti temi che, qui abbozzati, torneranno nell’intero corpus delle opere tolkieniane. L’intrigante Thorin Scudodiquercia non sarà forse il nuovo Aragorn, ma il principale e più apprezzabile, riuscito sforzo di Peter Jackson è proprio quello di aver cercato di donare dignità epica ad una storia che nacque in realtà come fiaba per bambini, scritto in tono molto colloquiale, pieno di interruzioni in cui lo scrittore si rivolge amichevolmente al lettore. Il regista di Amabili resti agisce in questo senso a più livelli, prendendosi numerose licenze: iscrive la narrazione nella cornice di un racconto riportato dallo stesso Bilbo anziano, interpretato da Ian Holm, il medesimo attore che gli diede volto e corpo ne “Il signore degli anelli” (così come l’elfo Elrond è impersonato nuovamente da Hugo Weaving); infila personaggi come Frodo, Galadriel e Saruman, assenti nel testo tolkieniano, impersonati dagli attori di allora, compreso il novantenne, immarcescibile Christopher Lee; affida la colonna sonora ancora una volta ad Howard Shore, che prontamente tira fuori l’arcinoto tema dell’Anello alla sua comparsa in scena. Lo scopo è naturalmente quello di rassicurare lo spettatore, ricollegandolo all’epica della trilogia precedente, innalzando così l’enfasi ed il livello del film.
Jackson inoltre, pur se inizia con toni molto pacati, a volte fin troppo – finché non ci si muove da casa Baggins la tensione invero latita – col suo stile ineguagliabile infila battaglie in ogni dove e con qualsiasi pretesto, trasformando ogni scontro, pur piccolo, in un combattimento memorabile, come verso la fine l’indimenticabile scena che vede Bilbo e Gollum affrontarsi a suon di indovinelli con sole testa e voce in maniera più serrata che se brandissero spade. E mischia spettacolo ed emozione, divertimento e commozione, portando in scena la piccola epica di un altrettanto piccolo mezz’uomo, nella quale, nel testo originale, qualcuno lesse una metafora della Prima Guerra Mondiale, in cui anche uomini semplici diedero prova di eroismo. Là dove, come dice Gandalf, il vero coraggio non sta nel sapere quando prendere una vita, ma quando risparmiarla.
Da grande sperimentatore il buon Peter ha girato con trenta camere Red Epic e si è cimentato pure nel 3D con ottimi risultati. Ma la novità più eclatante di questo Lo hobbit: Un viaggio inaspettato, che potrà essere testata in alcune sale del nostro paese, è l’HFR, ossia l’High Frame Rate, cioè ancora la velocità di ripresa e proiezione pari a 48 fotogrammi al secondo, due volte quella tradizionale, con cui è stato realizzato e sul quale ci permettiamo di spendere due parole in più. Al di là della spettacolare resa tecnica che aumenta più del doppio la definizione, esaltando notevolmente la qualità della visione in 3D, la quale ci è parsa una delle migliori viste fin qua, il risultato sono delle immagini estremamente fluide (che esasperano il look “da Playstation” di alcune sequenze) da non sembrare neanche cinema! Saremo dei maledetti puristi, che ancora si emozionano al quasi impercettibile sfarfallio della pellicola e che non hanno ancora del tutto accettato la digitalizzazione cui l’intera industria cinematografica si è da tempo sottoposta, ma di fronte a Lo hobbit, pur se su un maxi-schermo, sembra di guardare… la televisione! Dovremo abituarci, per carità, tanto quanto più di cent’anni fa i terrorizzati spettatori in fuga de L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat dei fratelli Lumière dovettero fare pace con un treno che non usciva dallo schermo come loro invece sembrava, ma se questo è davvero il futuro del cinema, lasciateci manifestare quel sinistro brivido che ci sta correndo lungo la schiena.
Però, con tutti i suoi (numerosissimi) pregi e (pochissimi) difetti, Lo hobbit: Un viaggio inaspettato, atteso primo capitolo di una nuova, epica ed entusiasmante trilogia, si conferma come il film dell’anno, assolutamente da non perdere, per lasciarsi trasportare lungo le sue impercettibili quasi tre ore di viaggio lungamente atteso.

Voto: * * * *

Paolo Dallimonti