Scheda film
Regia e Soggetto: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino ed Umberto Contarello
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Scenografie: Stefania Cella
Costumi: Carlo Poggioli
Musiche: Lele MArchitelli
Suono: Emanuele Cecere
Italia/Francia, 2018 – Grottesco – Durata: 104′
Cast: Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco
Uscita: 24 aprile 2018
Distribuzione: Universal Pictures

Lui chi è?… E loro, dico Loro chi sono?!

Una pecora, bianca bianca, entra in una lussuosa villa in Sardegna e si ferma sull’uscio, attratta dalla fresca aria condizionata a 3°C. Mentre è lì a contemplare esterrefatta un televisore acceso su un quiz di Mike Bongiorno (interpretato da Ugo Pagliai), la temperatura presto scende a 0, finché la povera bestiola non collassa, tramortita a terra.

Con questa scena folgorante ed altamente simbolica inizia Loro 1, il nuovo film di Paolo Sorrentino, prima parte di un dittico che uscirà in sala rispettivamente il 25 aprile ed il 10 maggio.

Non un film “contro” Berlusconi, ma neanche “su”, men che mai “con”. Più probabilmente un  film “tra” Silvio Berlusconi.

Un’opera sui mille comprimari “tra” i quali Berlusconi si mosse tra il 2006 e il 2010, tra il suo terzo e quarto mandato come premier della nazione: tra Veronica (Lario), Sergio Morra, Kira, Tamara, Santino Recchia, Fabrizio Sala, Paolo Spagnolo, Cupa Caiafa, Mariano (Apicella), Riccardo Pasta, Rocco Barbaro, Michel Martinez, Stella, Violetta Saba e (la segretaria) Marinella.

Per tutta la prima ora dei circa 100 minuti di durata di Loro 1 Silvio non compare, se non come nome sui display dei telefonini indicato come “LUI”, ma viene descritta e messa sulla scena, come uno specchio riflesso o una cartina tornasole,  la corte dei miracoli che lo insegue, lo teme e lo venera.

Un consiglio: non perdetevi nel “who’s who”, poiché non serve, non importa. I nomi sono quasi tutti cambiati, mentre alcuni personaggi ne incarnano più d’uno, come ad esempio quel Santino Recchia (un gigantesco Fabrizio Bentivoglio) in cui è facilissimo rinvenire elementi “poetici” ma anche fisici di Sandro Bondi, mentre per le vicissitudini politiche sembrerebbe più affine a Gianfranco Fini. Altri invece come quello interpretato da Roberto Herlitzka sono ancora indecifrabili. Tutto probabilmente per evitare beghe legali, ma anche per rendere possibile un racconto che abbia per protagonista il “Grande Mistificatore”.

Loro 1 non è Il divo, ossia non è un film di denuncia, ma un’opera pop, intrisa del glam caratteristico di Paolo Sorrentino.  È la fotografia, molto sfocata, per niente nitida di un potente, ma non può né vuole essergli fedele. Pensate al ritratto che ne esce qua di Silvio Berlusconi come alla serie di serigrafie di una Marilyn Monroe filtrate dall’occhio di Andy Wharol: tante versioni dello stesso personaggio, una diversa dall’altra, nessuna uguale all’altra e mai uguale alla fine all’originale.

Questo è il Silvio Berlusconi che appare finora secondo Sorrentino. In poco più di mezzora – la seconda parte del film dopo una prima, sbilanciata in durata e non solo – il faccione iperrealistico di Toni Servillo, una vera e propria maschera (poiché attualmente questo è diventato Berlusconi a forza di lifting), sovrasta ogni inquadratura. Silvio sembra lo scemo del villaggio, chiedendo perfino scusa ad una capra per la sorte della “cugina” nella scena iniziale, studiando manuali di barzellette, ma è solo un’impressione. Poco dopo dà un’efficace lezione di (a)moralità al nipote e non esita a tirare fuori gli artigli per difendersi dalla sete di potere del fido Santino Recchia che sotto sotto vorrebbe fargli le scarpe.

Ogni scena composta da Paolo Sorrentino gronda simbolismo, a volte fin troppo, a partire dalla prima in cui compare “il nostro eroe” vestito da odalisca, fino all’ultima, esilarante, in cui l’Uomo di Potere non esita a chiamare Fabio Concato in persona per fargli cantare a sorpresa “Fiore di maggio” in un estremo tentativo di riconquistare la sua Veronica. Più d’una volta compaiono tracce “medicali”, come il dottore che spiega gli effetti della MDMA sullo sfondo di un festino in piscina o i personaggi in camice che verificano l’integrità della fanciulla inviata ad elargire i suoi servigi all’enigmatico personaggio chiamato “dio”. Come se il sistema o lo stesso Silvio, malati, ma non nel corpo, avessero bisogno di una qualche cura.

Servillo funziona, il film in gran parte pure, dispensando anche grosse dosi di ironia, ma ha un difetto: è incompiuto. È solo la prima parte, il primo tempo, il primo atto di un qualcosa che andrà a compiersi e a concludersi e senz’altro ad evolversi. Le premesse e le promesse ci sono. Non vediamo l’ora di verificarle sul grande schermo. Per il momento però nell’attesa possiamo solo sospendere il giudizio.

Voto: –

Paolo Dallimonti