Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Darius Khondji A.S.C., A.F.C.
Montaggio: Alisa Lepselter A.C.E.
Scenografie: Anne Seibel, ADC
Costumi: Sonia Grande
Suono: Jean-Marie Blondel
Francia/USA, 2014 – Commedia – Durata 98′
Cast: Colin Firth, Emma Stone, Marcia Gay Harden, Eileen Atkins, Hamish Linklater, Simon McBurney, Jacki Weaver
Uscita: 4 dicembre 2014
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Amore e altri inganni, nel “concime istrionico” di ectoplasmi e illusionismi cinesi
Un illusionista scientificamente disciplinato, addobbato con cineserie seducenti, e affabile quanto “un’epidemia di tifo”. Una medium americana, ventenne “vagabonda” – con madre manager al seguito pronta a trasformarla in nuovo santone occidentale con merchandising annesso – dallo sguardo allibito e dal sorriso veracemente provinciale. Lui ritiene con sbandierata convinzione che l’unico potere certo al mondo abbia una “falce” in mano e che l’ectoplasma sia una “sostanza simile allo yogurt”. Lei recita un abbagliante copione di “impressioni mentali”, e frequenta ricche magioni provenziali spillando denaro in cambio di traghettamenti sensoriali tra questo e l’altro mondo. Quando si incontrano per testarsi e fingersi a vicenda, sono fuochi…di puro “artificio”?
Magic in the moonlight, Colin Firth ed Emma Stone in un racconto d’amore e di altri sotterfugi, rapiti in un swinging landscape emotivo, la campagna del sud della Francia, trascinati da Woody Allen nella tagliola di una sceneggiatura divertita e galoppante, quanto piacevolmente prevedibile nel suo schema del terzo personaggio/deus ex machina inatteso, ma blindata dentro una gabbia allusiva e “british” di battute all’ultimo sangue, a tratti irresistibili. Quanto i dolci trucchi della giovane Sophie.
É peggiore chi inganna o chi si lascia ingannare? Come, quanto e perché tariamo la soglia dell’imbroglio, l’accesso all’oscuramento dei nostri processi logici? Ma che cos’è in “fine” dei conti la logica (del realismo umano) e chi la stabilisce? Questione di moralità o di fede? O di mera sopravvivenza?
Se tutto è fasullo “dal tavolo a tre gambe fino al Vaticano o più in là”, chi ri-conosce l’apparenza ben architettata o l’abborracciata finzione è a sua volta un cinico manipolato e manipolabile o un eletto destinato all’amarezza, un genio solitario che ha visto o sa vedere i fili e si affida soltanto alla testimonianza, crudele perché mai consolatoria, della “verità” empirica?
Stanley, in arte l’illusionista Wei ling Soo, colto elegante indomabile bisbetico, impaurito dalla vita ma non per questo arcigno, tuttavia arrogantemente rassegnato e raffinatamente adagiato in uno status sociale ragguardevole ancorché limitato da una razionalità ostentata. Viene incaricato da un collega e sodale di smascherare Sophie, presunta medium dalle doti incontestabili, ospite della facoltosa famiglia Cattledge in Costa Azzurra. Sin dall’inizio Stanley affronta il repertorio sensitivo della bella Sophie con un repertorio altrettanto rodato e inscalfibile di motti salaci e sottilmente denigratori. Finché Sophie non ha “impressioni mentali” sconvolgenti sull’adorabile zia di Stanley. L’irremovibile Wei Ling Soo si innamorerà della franca gentilezza di Sophie, sotto le stoffe color pastello e le passeggiate bonton alto borghese condite col “solito concime istrionico” al quale la giovane donna è abituata? O il gioco di specchi prevede ulteriori ribaltamenti di ruolo?
Giochi e doppi giochi di smascheramento e di trappole cognitive tra vita e morte. Al di là eppure dentro la moralità e la ribellione dei comportamenti quotidiani, la fiction tessuta dall’arte (della convivenza), le convenienze frivole e le etichette fasulle, sta il regno dei sensi, degli istinti, dei sogni, delle speranze. I protagonisti del gioco si fanno ipnotizzare dalla altrui menzogna per guadagnarsi un barlume di gioia, di appagamento, di salvezza dai sensi di colpa. Oppure preferiscono loro stessi smaterializarsi, rendersi invisibili o camuffarsi, raggirare per non essere raggirati. Strategie goffe ma ataviche per fuggire la responsabilità e al contempo metabolizzare la propria molteplicità.
In Magic in the moonlight ci sono forse Ingmar Bergman, Pirandello, Freud e Shakespeare ma anche tanto Allen. C’è il confronto ironico al ritmo di jazz con l’entità divina immanente e l’abituale latente analisi delle varie forme di incomunicabilità umana e oltreumana. C’è Alice e il suo viaggio verso amori alternativi, ci sono i personaggi di Scoop alle prese con la doppia identità e con rivelazioni scottanti dall’altro mondo. Come Stanley e Sophie lo stesso Allen si pone di nuovo nel dubbio se snidare il timore della materialità così scurrile e insieme nutriente della vita ed esorcizzarne la banalità prevedibile. E allo stesso tempo ritrae l’umanità mentre gabba se stessa nella danza con la morte e i suoi misteri. Mentre l’attrazione letteralmente fatale tra uomini e donne continua a muovere il sole e le altre stelle…salvo farne cadere alcune, al chiar di luna che nasconde difetti fisici e abbellisce volti insipidi.
D’altronde la vita è crudele…non lo diceva Hobbes?
Voto: 7 e ½
Sarah Panatta