Scheda film
Regia: Matthew Akers (e Jeff Dupre)
Fotografia: Matthew Akers
Montaggio: E. Donna Shepherd, con Jim Hession
Musiche: Nathan Alpern
Suono: Richard Fleming
USA, 2012 – Documentario – Durata: 99′
Uscita: 22 marzo/10 maggio/20 luglio 2012
Distribuzione: GA&A Production e Feltrinelli Real Cinema
Sale: 1/35
Esibizionista a vita
Marina Abramović, classe 1946, una delle performance artist più famose a cavallo tra il secolo scorso e questo, dal 14 marzo al 31 maggio 2010 ha tenuto una retrospettiva presso il Museum of Modern Arts di New York in cui ha cercato di riassumere la sua lunga carriera di circa quarant’anni e quasi cinquanta lavori, rilanciando la sfida. Sette ore al dì per un totale di almeno 736 ore e mezza si è seduta alcuni minuti per volta di fronte ad ogni singolo visitatore – tra cui un divertito James Franco – guardandolo “soltanto” dritto negli occhi, pressoché immobile, mentre nelle altre sale giovani performer da lei selezionati riproducevano alternandosi nei giorni alcune sue celeberrime installazioni.
Il documentario di Matthew Akers, a metà tra la biografia ed il film d’arte, attraverso il montaggio veloce di E. Donna Shepherd, con Jim Hession, alternato a momenti di più ampio respiro, se non sollievo, racconta l’artista serba presentandoci subito alcune immagini tratte dalla mostra, per poi ripartire dalla sua preparazione, mostrandoci in itinere la lunga storia di Marina Abramović, delle sue provocatorie esibizioni, delle sue battaglie e soprattutto dei suoi compagni. Oltre al tedesco Klaus Biesenbach, co-curatore dell’esibizione, spicca la figura del connazionale Ulay, nato il suo stesso giorno, benché qualche anno prima, sodale delle prime performance dell’artista, a lei legato fin dagli inizi, senza il quale non esisterebbe la Marina che conosciamo. Memorabile il loro addio come amanti celebrato con una performance che li vide incontrarsi per dirsi addio a metà della Muraglia Cinese, dove i due si incontrarono dopo un lungo cammino l’uno verso l’altro percorrendo per mesi in totale 2.500 chilometri. Per la Abramović vita ed arte sembrano infatti fondersi indissolubilmente, così come il film di Akers cerca di sottolineare, alternando la sua esistenza ed i suoi lavori, mostrandoci la casa e lo studio, senza nasconderci nulla, compresi i suoi malori a pochi giorni dall’inizio della mostra. E, nella sua performance estremizzata e minimale la vita diventa arte, mentre l’arte prende vita.
Quasi sosia della Callas, che ha sempre amato, Marina è infatti un’artista assoluta, giungendo perfino in alcune sue passate performance alll’autolesionismo, come quando si frustava o si incideva una stella a cinque punte sul ventre (“Lips of Thomas”) o giocava letteralmente col fuoco o con altri elementi della natura, il tutto per sottolineare ed indagare la relazione tra performer e spettatore, insieme ai limiti del corpo ed alle possibilità della mente.
L’opera di Akers commuove ed affascina, quale perfetta summa dei lavori della Abramović, che cerca di mettere in scena l’elemento più difficile, ossia qualcosa che si avvicini al niente, regalandoci un confronto con noi stessi – come ha sperimentato il pubblico del MoMA che fissandola guardava dentro di sé – ed un’ennesima, inquietante definizione di arte.
Raro perché… già, perché?!
Note: uscito SOLO il 22 marzo 2012 all’Apollo Spazio Cinema di Milano in occasione della mostra “The Abramović Method” tenutasi nel capoluogo lombardo dal 21 marzo al 10 giugno, il film sempre SOLO il 10 maggio 2012 esce in 35 sale del circuito The Space Cinema, poi dall’11 luglio viene distribuito in edizione DVD+libro per Feltrinelli Real Cinema e si riaffaccia in sala a partire dal 20 luglio all’interno del suddetto circuito e nello stesso numero di schermi.
Voto: * * * *
Paolo Dallimonti