Scheda film
Regia: Kevin MacDonald
Fotografia: Alwin Küchler, Mike Eley
Montaggio: Dan Glendenning
Suono: Glenn Freemantle
USA/G.B., 2012 – Documentario – Durata: 140′
Uscita: 26 giugno 2012
Distribuzione: Lucky Red
La colonna sonora di una vita
Cantautore, chitarrista e attivista giamaicano, si potrebbe riassumere così la straordinaria avventura umana e professionale di Robert Nesta Marley, iniziata nel 1945 in quel di Nine Mile e stroncata dal cancro a Miami l’11 maggio del 1981. La si potrebbe riassumere così, ma semplificare una vita come la sua riducendola a tre comunissime etichette è quanto di più banale e superficiale si possa fare, perché nei soli trentasei anni che congiungono l’inizio dalla fine c’è un’esistenza che è destinata a rimanere scolpita per sempre nella memoria della gente di tutte le latitudini. La riprova viene dal tempo stesso, quello trascorso dalla sua scomparsa e che adesso, a trent’anni circa di distanza, vede il ricordo più vivo che mai riemergere senza soluzione di continuità dalle vecchie quanto dalle nuove tecnologie che hanno e continuano a custodire le sue parole, note, azioni e gesti, come tracce indissolubili destinate a restare nei decenni, nei luoghi e nei volti. Il fascino universale di Bob Marley, il suo impatto sulla storia della musica e il suo ruolo di profeta politico e sociale restano ineguagliati. La sua musica e il suo messaggio di amore e redenzione trascendono le barriere culturali, linguistiche e religiose, echeggiando ancora oggi in tutto il mondo, con la stessa forza di quando lui era ancora in vita. La sua discografia è fortemente dedicata al tema della lotta contro l’oppressione politica e razziale e all’invito all’unificazione dei popoli di colore come unico modo per raggiungere la libertà e l’uguaglianza. In molti brani, infatti, Marley denuncia l’emarginazione dei poveri da parte del potere e per questo il suo è il grido di dolore e di riscatto di un intero popolo, prima che la voce di un singolo.
Nel documentario biografico a lui dedicato dal titolo Marley, Kevin Macdonald ricuce i fili del tempo che fu con la memoria traslata nel presente di generazione in generazione, quelle cresciute ascoltando le indimenticabili canzoni del grande Bob. Lo fa scegliendo la via classica dell’intervista frontale ad amici, parenti, colleghi e addetti ai lavori, ritornando nei luoghi per raccogliere una serie di testimonianze sincere che colpiscono al cuore dello spettatore senza dover ricorrere ai toni elegiaci e trionfalistici che caratterizzano in negativo tantissimi ritratti celebrativi post mortem. Piuttosto si avvale di un approccio che alterna oggettività a soggettività, che vuole – e ci riesce – scavare nel profondo di una persona e mai di un personaggio per restituire un omaggio inedito e soprattutto completo di una personalità assai complessa come quella del cantante giamaicano. Macdonald la ricompone tassello per tassello con la stessa passione con la quale si ricompone la figura smantellata in un puzzle.
Con il talento che lo contraddistingue e che gli ha permesso di portare sul grande schermo documentari indimenticabili come One Day in September, Touching the Void e My Enemy’s Enemy, il regista mescola elementi eterogenei (materiali d’archivio fotografico, sonoro e visivo, pubblici e privati, con interviste live) per dare origine a un corpus cinematografico compatto e solido di grande efficace tecnico-stilistica e di forte impatto emotivo. Ripercorre cronologicamente passo per passo le tappe della vita sopra e fuori dal palco, consegnando alla platea di turno un mix inarrestabile, a tratti commovente, che usa gli intramontabili testi e le coinvolgenti sonorità (tra cui le intramontabili “I Shot the Sheriff”, “No Woman, No Cry” e “Redemption Song”) come filo rosso per delineare una biografia a tutto tondo, nella quale si possono ritrovare anche le sfumature, quelle di un uomo fatto di carne e ossa, di pregi e difetti, di certezze e incertezze, di convinzioni e di paure. Macdonald in questo ha pochi rivali nel panorama internazionale e Marley ne è l’ulteriore prova, ultima in ordine di tempo in una filmografia che di ritratti biografici ne conta di diversi e di altissimo livello: da The Moving World of George Rickey a Howard Hawks: American Artist, da Humphrey Jennings: The Man Who Listened To Britain a A Brief History of Errol Morris, da Being Mick a The Making of an Englishman, da Chaplin’s Goliat – In Search of Scotland’s Forgotten Star a Donald Cammell: The Ultimate Performance. Una vera e propria galleria di volti appartenenti alla Letteratura, al Cinema, alla Musica e alla Scultura, che consentono al pubblico di scoprire o addirittura riscoprire le vite degli altri, alla quale adesso si va ad aggiungere un altro pezzo dal valore inestimabile.
In Marley, come nei lavori precedenti di genere documentaristico, la regia e la narrazione sono sorretti da meccanismi ricorrenti e collaudati, diventati nel tempo autentici marchi di fabbrica: dalla perfetta interazione dei materiali d’archivio con le sequenze appositamente realizzate al parsimonioso lavoro di ricerca sul già citato repertorio video, fotografico e audio, che nelle sue mani si carica di nuovi significati, allontanando dall’opera gli spettri minacciosi della retorica e del didascalismo. Ne emerge anche in questo caso una biografia lontana dall’apologia e dalla mitizzazione, che restituisce al pubblico, alla pari dei titoli sopraccitati, l’essenza e l’umanità del soggetto del quale il regista britannico ha deciso di raccontare la storia. Diversamente da quanto fatto nel 2008 da Anthony Wall nel suo poco convincente Bob Marley: Exodus ’77, nel quale la mitizzazione e l’esaltazione del personaggio sovrastavano di gran lunga il carattere intimo, il Bob Marley ricordato da Macdonald è senza ombra di dubbio più vicino a noi, lontano dal piedistallo, perché messo sotto una lente di ingrandimento che fa dell’intelligenza sopraffina lo strumento per fiutare a distanza le trappole nelle quali è facile cadere quando si tratta di realizzare un biopic.
Dopo la presentazione in anteprima alla 62esima Berlinale, il toccante, intenso e coinvolgente biopic diretto dal regista scozzese approda nelle sale italiane con Lucky Red nella sola giornata del 26 giugno, in attesa di entrare nelle case nostrane a partire da ottobre con la preziosa edizione home video a cura di Feltrinelli Real Cinema. Un appuntamento quello del 26 giugno da segnare a caratteri cubitali sull’agenda perché rappresenta un’occasione unica da non perdere, sia per coloro che hanno apprezzato sin dal primo istante le sue sonorità reggae, trasformandole di fatto nell’accompagnamento musicale delle rispettive giornate, sia per tutti coloro che fino a questo momento ne ignoravano l’esistenza oppure ne conoscevano di riflesso i caratteri salienti. Ma che si tratti dell’uno o dell’altro caso non importa visto che la vera forza e il grande merito dell’ultima fatica documentaristica di Macdonald sta proprio nel fatto che è destinata a entrambe le parti.
Voto: * * * *
Francesco Del Grosso
Sotto una clip del film: