Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Alex Garland
Fotografia: Rob Hardy
Montaggio: Jake Roberts
Scenografie: Michelle Day
Costumi: Lisa Duncan
Musiche: Ben Salisbury & Geoff Barrow
G.B., 2022 – Drammatico – Durata: 100′
Cast: Jessie Buckley, Rory Kinnear, Paapa Essiedu, Gayle Rankin, Sarah Twomey, Zak Rothera-Oxley, Sonoya Mizuno
Uscita in sala: 24 agosto 2022
Distribuzione: Vertice 360
Gli uomini sono tutti uguali
L’inizio è folgorante: sulle note di “Love Song” di Lesley Duncan, una donna ferita al volto e atterrita vede cadere con una certa nonchalance dalla finestra un uomo spaventato. Stacco: la stessa donna, sempre sulle note della struggente canzone, è in macchina verso quello che verosimilmente è un futuro molto prossimo.
Harper (Jessie Buckley) si reca in una casa di campagna presa in affitto per distrarsi dopo la morte del marito. Lì viene accolta da Geoffrey (Rory Kinnear), il curioso e ruspante proprietario dell’abitazione. Ma presto una serie di strani avvenimenti e di strani personaggi, tutti sinistramente somigliantisi tra di loro, iniziano a perseguitarla, primo fra tutti un inquietante uomo nudo che si aggira nel giardino nel tentativo di penetrare in casa…
Nuovo personalissimo incubo del visionario regista britannico Alex Garland, dopo Ex-Machina e Annientamento, Men cerca di dire la sua sulla perdita, sul senso di colpa, sul rimorso, sui fantasmi interiori e quelli intorno a noi e sul male che gli uomini, tanto inevitabilmente quanto inconsapevolmente, fanno di continuo alle donne. Tanti, forse troppi i simboli nel racconto: le mele (simbolo di peccato e di tentazione femminile), il tarassaco (che si riproduce in forma asessuata per partenogenesi), gli uomini del paesino tutti col volto di Kinnear e ognuno incarnante una tipologia maschile, e via così.
Men è un incubo ad occhi aperti in cui la commedia iniziale perde sempre più colpi, lacerandosi irriducibilmente verso il vero orrore, ma senza restare impigliato nel genere “horror”, svincolandosene in direzione del puro dramma. La “visione” di Garland è barocca, grottesca, eccessiva, ma mai oscura, anche nei momenti di dubbio gusto, come nell’apparizione del “Green Man” (una figura mitologica ancestrale) o negli ultimi venti minuti in cui proprio tale personaggio dà luogo ad una serie di continui parti osceni e tautologici, che potrebbero turbare non pochi spettatori, accelerandone l’uscita dalla sala cinematografica.
Probabilmente il suo è femminismo di riporto, ma il regista inglese è sincero nella propria offerta di scuse al genere femminile e riesce a costruire un racconto estremamente affascinante, dal quale lasciarsi trasportare senza se e senza ma.
Ed è facile che alla fine qualcosa sarà successo davvero, non solo nella tesa di Harper (magari ne avrà fatto le spese, quale tributo sacrificale, proprio il “povero” Geoffrey), poiché il sangue sulla protagonista e sull’uscio di casa appare realmente. Ma finalmente Harper è in pace, sorride. Ed è ora di lasciare cantare quella struggente, malinconia “Love Song”, stavolta da un uomo, Elton John (in duetto sempre con Lesley Duncan).
Voto: 7
Paolo Dallimonti