Scheda film
Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Aki Kaurismäki
Fotografia: Timo Salminen
Montaggio: Timo Linnasalo
Scenografie: Wouter Zoon
Costumi: Frédéric Cambier
Germania/Francia/Finlandia – 2011 – Commedia – Durata: 93‘
Cast: André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Elina Salo, Evelyne Didi, Quoc Dung Nguyen
Uscita: 25 novembre 2011
Distribuzione: BIM Distribuzione
L’Asso nella Manica
Marcel Marx (André Wilms) è un curioso personaggio (che potrebbe essere stato ripreso dal film dello stesso Kaurismäki di vent’anni prima, Vita da boheme, interpretato sempre da Wilms) il quale vive a Le Havre, patria del rock’n’roll tra gli anni settanta ed ottanta: uomo semplice, battuta sempre pronta, trascorsi da scrittore e da clochard, lustrascarpe per vocazione, passa la sua frugale esistenza accanto alla moglie Arletty (Kati Outinen), alla quale deve la sua salvezza dalla strada. Un giorno (bello o brutto?) al porto viene trovato un container pieno di immigrati provenienti dall’Africa, dal quale riesce a scappare il giovanissimo Idrissa (Blondin Miguel), che entra in contatto proprio con Marcel. Contestualmente la moglie dell’uomo si ammala di una gravissima malattia e dev’essere ricoverata in ospedale, venendo sostituita in casa dal ragazzino di colore.
Vessato dall’ostinato commissario Monet (Jean-Pierre Darroussin), l’improvvisato giustiziere sociale – in nomen omen! – riceverà ancora di più la solidarietà di tutti gli abitanti del quartiere, finché un inaspettato miracolo (o forse più d’uno) si realizzerà…
La crisi affascina anche Kaurismäki, che, come altri grandi autori, mette in scena il tema dell’immigrazione e dell’integrazione. Ovviamente non è Olmi, che pure in questa stagione cinematografica lo ha affrontato, e lo fa a suo modo, ossia quello meno lineare possibile, quasi una favola, prendendo come protagonista ed allo stesso tempo testimone un soggetto tra i meno integrati, come lo stralunato Marcel, col volto di un André Wilms che, se parlasse appena di meno, sembrerebbe un novello Tati. Per il regista finlandese la crisi è totale: economica, sociale e del corpo. Come il paesino di Le Havre “viene fatto ammalare” di immigrazione clandestina, così una sua cittadina è colpita da un male che la aggredisce nel profondo. L’unica cura a queste crisi sembra essere la bugia: Marcel mente a tutti su Idrissa, arrivando ad esempio a spacciarsi per “l’albino della famiglia” al fine di poter parlare con suo nonno, mentre sua moglie Arletty gli nasconde la verità sulla gravità della propria malattia per non distruggergli l’esistenza e nel finale lo stesso Monet mentirà ai suoi uomini per proteggere il povero ragazzino in fuga, dando inizio al miracolo. In tutto questo l’unico amante della verità a tutti i costi è un uomo laido ed ambiguo, dai capelli palesemente tinti ed informatore della polizia, interpretato da un ritrovato Jean-Pierre Léaud.
Lo stile di Kaurismäki è unico e facilmente riconoscibile, con piani fissi, medi e americani, alternati a carrelli appena più elaborati, utilizzando la cinepresa per riuscire ad entrare, con peculiari zoomate, direttamente nei pensieri dei suoi personaggi, aiutato in questo dai bravi attori di cui come sempre si è contornato, con la novità dei francesi Darroussin e Leaud
Unica nota stonata, davvero minima in un piccolo capolavoro come Miracolo a Le Havre, è il doppiaggio italiano, con le solite voci piatte e monocordi che vengono spesso affibbiate a film d’essai come questo.
Voto: * * * *
Paolo Dallimonti