Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Philippe Falardeau
Fotografia: Ronald Plante
Montaggio: Stéphane Lafleur
Scenografie: Emmanuel Fréchette
Costumi: Francesca Chamberland
Musiche: Martin Léon
Suono: Pierre Bertrand
Canada, 2011 – Commedia – Durata: 94′
Cast: Mohamed Fellag, Sophie Nélisse, Émilien Néron, Marie-Ève Beauregard, Vincent Millard, Seddik Benslimane, Louis-David Leblanc
Uscita: 31 agosto 2012
Distribuzione: Officine Ubu
Il supplente
Secondo adattamento per il grande schermo su quattro fatiche dietro alla macchina da presa per Philippe Falardeau, a comporre una filmografia di tutto rispetto che ha raccolto negli anni un numero considerevole di riconoscimenti nel circuito festivaliero internazionale. Un talento come quello del regista canadese suggellato dalla bellezza di una pellicola come Monsieur Lazhar, dramma a sfondo scolastico capace di colpire al cuore dello spettatore con la forza di un fendente e di sfiorarlo con la dolcezza di una carezza. Intensità e durezza sono, infatti, i geni dominanti in un film che spingono alla catarsi e all’immedesimazione empatica da parte del pubblico in sala nei confronti dei personaggi che animano la storia, quanto alla riflessione su tematiche importanti come l’educazione, il rapporto tra il mondo adulto e quello adolescenziale, il confine tra la vita e la morte, la violenza psicologica, l’elaborazione del lutto, l’uguaglianza tra le razze e l’immigrazione. Temi che nel film di Falardeau, candidato canadese nella corsa all’Oscar come miglior film straniero 2012, sono toccati e affrontati senza superficialità, con i guanti e l’attenzione che meritano, la stessa che caratterizza l’opera originale dal quale è tratto.
Stavolta Falardeau porta sul grande schermo la trasposizione cinematografica dell’omonima pièce di Evelyne de la Chenelière, dopo che nel 2009 si era misurato con grande successo di pubblico e critica con la trasposizione del romanzo di Bruno Hèbert dal titolo “It’s Not Me I Swear!”. Gli esiti sono in entrambi i casi di altissimo livello, toccanti ed eleganti nella scrittura quanto nella messa in quadro, elevati dalle straordinarie interpretazioni degli attori e dalla naturalezza disarmante della loro recitazione. In Monsieur Lazhar è il vero motore portante, merito di una sceneggiatura che ha saputo sfruttare al massimo le potenzialità interpretative a sua disposizione (vedi ad esempio la lettura del tema sulla violenza di Alice e la confessione di Simon ai suoi compagni).
La sostanziale differenza risiede allora nell’approccio del regista alle due opere: da una parte un attaccamento quasi sacrale allo scritto, alla poetica e alla visione di Hèbert, dall’altra la rinuncia alla fedeltà al testo teatrale di Evelyne de la Chenelière, estremamente complesso da tradurre in immagini e suoni al di fuori delle tavole di un palcoscenico. L’intelligenza di Falardeau sta proprio nel fatto che nel momento stesso in cui ha deciso di adattare “Monsieur Lazhar” ha scelto di tradirlo, prendendone le linee guida e con esse il dna genetico del plot, delle atmosfere e dei personaggi, per poi riproporre il tutto sulla bidimensionalità di uno schermo cinematografico, seguendo le specifiche esigenze narrative e di messa in quadro che ciò comporta. La storia viene di conseguenza plasmata nel pieno rispetto delle sue radici creative, mantenendo però intatti gli elementi chiave: grande attenzione allo sviluppo dei personaggi e delle loro dinamiche, stessa eleganza dei dialoghi misurati ed essenziali, perfetta sintonia tra testo e messinscena.
Il film, nelle sale nostrane con Officine Ubu a partire dal 31 agosto, racconta la storia di Bachir Lazhar, immigrato algerino, chiamato a sostituire un’insegnante elementare morta tragicamente. Mentre la classe avvia un lungo processo di elaborazione del lutto, nessuno a scuola sospetta quale doloroso passato gravi su Bachir che, in qualunque momento, rischia l’espulsione dal Paese. Il cineasta nordamericano incrocia il dramma privato con quello pubblico, senza che l’uno prenda mai il sopravvento sull’altro, dando vita a una “favola” quotidiana nella quale sono gli adolescenti a insegnare qualcosa di importante agli adulti, non viceversa.
Voto: * * *½
Francesco Del Grosso