Adam e Harley sono in viaggio per raggiungere la ragazza di cui è innamorato Adam prima che questa si sposi. Durante il viaggio attraverso la provincia americana si imbattono in un pittoresco monster-truck che, apparentemente senza ragione, inizia a prenderli di mira. Per i due giovani è l’inizio di un incubo.
The gore gore comedy!
Non c’è una categoria precisa in cui inserire il film di Davis. Si potrebbe parlare a questo proposito di teenager horror alla “Scream”, ma c’è più gore che thrilling; si potrebbe collocarlo nei remake dei classici degli anni’70 stile “Non aprite quella porta”, tuttavia non è un remake ma una parodia. “Monster Man”, al di là del giochetto dei generi si potrebbe descrivere come una commedia horror. Davis infatti arriva direttamente dalla commedia goliardica (“Eight days a week”, “100 girls”) eppure dimostra di saperci fare anche nel campo dello splatter più gore che memoria di redneck riesca a ricordare. Non solo, ma “Monster man” nasce quasi per caso, da un titolo buttato lì dalla produzione, che una ricerca di mercato aveva dimostrato essere molto gradito al pubblico. Davis non aveva i soldi per realizzare quello che voleva, ovvero un thriller stile “Piccoli omicidi tra amici” e allora con il solo titolo in mano, 4 milioni di dollari (che nel cinema sono quisquilie) butta giù uno script in cui il protagonista è un mostro alla guida di un monster-truck (quei gipponi con le ruote enormi che fanno impazzire gli americani). Il resto è delirio.
Due ragazzi in viaggio per raggiungere la ex di uno dei due prima che venga impalmata, attraversano in macchina l’America profonda, quella della provincia più arretrata ancora capace di generare mostri di regressione sociale e follia omicida (Tobe Hopper docet). Tra battute goliardiche che girano sempre intorno al sesso, alle donne, e alla stupidità dei provinciali i due giovanotti finiscono per attirare le ire di un automobilista alla guida di un monster-truck. Detto questo il film sembrerebbe un remake di “Duel”, tuttavia Davis pesta il piede sull’acceleratore della demenzialità e i dialoghi tra i due ragazzi raggiungono vette surreali (su tutte la battuta sull’origine della parola pronunciata dal protagonista morente di “Quarto potere”). E poi la regia. Si potrebbe pensare che Davis (visti i precedenti) confezioni un filmetto veloce veloce pronto per lo sdoganamento da saldi di ferragosto. Eppure non è così, anzi. Davis dimostra di saper scrivere la storia con la macchina da presa. Certo non è un capolavoro, ma spesso un movimento di macchina, uno zoom, uno stacco si trasformano in perfetti strumenti espressivi attraverso cui il racconto si arricchisce di figure e inaspettate svolte di registro. Tra tutte le battute, le gag assolutamente folli (i due rimangono senza benzina, trovano un camper abbandonato, uno dei due inizia a succhiare con la cannuccia dal serbatoio.. dopo un po’ l’altro gli fa: “hai sbagliato serbatoio.. quello è la fossa biologica”), c’è tempo anche per un po’ di sano orrore quotidiano. I due perseguitati dal monster-truck scoprono che alla guida c’è un mostro con la faccia completamente sfigurata e ricucita alla bell’e meglio. Nel corso del viaggio hanno anche il tempo di rimorchiare una conturbante autostoppista (e finalmente il vergine di turno può andare a segno), assistere allo spappolamento di un povero disgraziato ad opera del monster-truck, e ritrovarsi (chissà come) con un cadavere in macchina. La fine, con il protagonista prigioniero nella casa della mostruosa famiglia del vilain, ci riporta direttamente al capolavoro di Hopper. Ma anche questa volta il registro prediletto da Davis è la commedia. Ed ecco che la pellicola si trasforma in una parodia dell’horror a metà strada tra “Non aprite quella porta” e “Evil Dead”. Anche in questo caso però i patiti dell’horror non rimarranno delusi: il finale è una vera e propria sarabanda di sbudellamenti, membra squartate e gole squarciate. E la chiusa strizza l’occhio direttamente al capolavoro del Raimi prima maniera.
Che dire? Intendiamoci il film è una scemenza assurda (ma non lo è anche “Fuori di testa”?), eppure Davis, a cui nessuno avrebbe dato più delle vecchie due lire per un horror, ha tirato fuori un filmetto divertentissimo, con trovate allucinanti ad ogni giro di manovella, sorretto da una regia solida, concreta e per una volta senza manierismi o nauseanti tour de force della citazione. Preparatevi invece al peggio (dunque al meglio) per quanto riguarda il reparto effetti speciali gore. Qui siamo proprio nella crème dell’orrido, con esibizione di viscere e splatterume vario di sana origine artigianale come se ne faceva una volta. Davis punta tutto sugli effetti speciali di make-up, scordatevi il digitale, qui c’è solo tanto buon olio di gomito (e non solo olio). “Monster man” appartiene al nuovo filone horror che predica il ritorno agli effetti speciali artigianali nel buon nome della tridimensionalità e alla faccia della tanto propinata computer grafica. Sotto questo punto di vista, sebbene non raggiunga la bellezza plastica di “Alta tensione”, riesce benissimo a dire la sua senza sfigurare. Davis firma un piccolo capolavoro del trash, ripieno di genuina ironia e battute gustose, abbondantemente innaffiato da litri e litri del miglior plasma d’annata (dopotutto buon sangue non mente). E la mostarda, questa volta, è servita a chili.
Massimiliano Troni (vedi http://xoomer.virgilio.it/profondocinema/)
SCHEDA VALUTATIVA
regia : ***
fotografia : ***
sceneggiatura : ***
effetti speciali : ***
interpretazione : **
totale : *** (7)