Regia: John Polson
Sceneggiatura: Ari Schlossberg
Montaggio: Jeffrey Ford
Fotografia: Dariusz Wolski
Scenografia: Steven J. Jordan
Musica: Christopher Young
Interpreti: Robert De Niro (Dr. David Callaway) , Dakota Fanning (Emily Callaway), Famke Janssen (Katherine), Dylan Baker (Sheriff Hafferty), Robert John Burke (Steven), Amy Irving (Alison), Elisabeth Shue (Elisabeth)
Produzione: 20th Century Fox, Fox 2000 Pictures
Distribuzione: 20th Century Fox Durata: 101’
“PAURA IN FOTOCOPIA ”
New York. La piccola Emily è testimone del suicidio della madre. Il padre, affermato psicologo, decide di allontanarsi dalla metropoli e di isolarsi in un piccolo paesino della campagna per permettere alla figlia di superare il grave trauma subito. La bambina reagisce creando un amico immaginario, Charlie, con cui gioca e si confida. Una serie di episodi terrorizzanti, però, sembra suggerire che Charlie possa essere reale.
Alla seconda regia, dopo il trascurabile “Swimfan”, John Polson si conferma poco abile nel rimasticare il genere thriller. Non gira male, nel senso che dimostra di conoscere gli aspetti tecnici legati alla regia, ma si limita a mettere in scena la stessa, trita, storia di sempre nello stesso, trito, modo di sempre. “Nascosto nel buio” non sfigurerebbe nella seconda serata di un qualsiasi palinsesto televisivo e potrebbe essere preso come esempio di tutti gli stereotipi del genere. Stereotipi talmente frusti da perdere anche il loro discutibile significato di punti di riferimento per gli spettatori meno smaliziati. E così, ad aprire le danze è l’imprescindibile trauma, per poi passare (con dubbia plausibilità) allo smaltimento della disperazione nella casa isolata: la grande villa con tutti i pertugi (cantina, ripostiglio, camera da letto e vasca da bagno) in prevedibile penombra per creare i presupposti dello spavento. Ma la paura resta nelle intenzioni, anestetizzata da un mosaico che si compone seguendo il filo della mediocrità. A supportare il luogo comune, anche l’ovvietà dei personaggi: dalla bambina malefica all’amico immaginario, senza dimenticare il papà problematico, i vicini sospetti, lo sceriffo ficcanaso, la bella di turno e la fine psicologa che si prende la briga di fare un’ora di auto in piena notte solo per chiudere in qualche modo l’insipida vicenda. A chiarire le motivazioni, poi, l’immancabile flashback onirico, chissà perché lineare solo a fine film, quando a dettare le regole è l’orologio piuttosto che il buon senso. Dopo una prima parte in cui la scialba sceneggiatura dell’esordiente Ari Schlossberg riesce comunque a garantire una seppur minima partecipazione, l’epilogo sceglie la sensazione e abbandona definitivamente coerenza e credibilità. Tra l’altro scimmiottando con totale assenza di fantasia più di un’opera di Stephen King. A rattoppare le falle del copione, la luce autunnale di Dariusz Wolski e un cast ben assortito, in cui spicca il giovane talento della quotatissima Dakota Fanning, perfettamente a suo agio nei panni ruvidi e scivolosi della bambina turbata. Quanto agli altri, Elisabeth Shue continua il suo percorso ai margini dello star-system, Famke Janssen gioca le ultime cartucce della sua bellezza, Amy Irving ha sempre un notevole carisma e Dylan Baker si conferma riuscita icona dell’antipatia. E poi c’è lui, Robert De Niro. La star si presta al gioco con inspiegabile generosità, garantendo presenza scenica e un’adesione al progetto ai limiti della parodia. Resta un mistero, quello sì insolubile, la parabola discendente delle sue scelte artistiche, sempre più sovrapponibili e degne d’oblio. Un ultimo appunto: davvero c’è chi ancora pensa basti il suono di un carillon per dare il “la” ai brividi? VOTO: 5
Luca Baroncini de Gli Spietati