Scheda film
Titolo originale: Au nom de la terre
Regia: Edouard Bergeron
Sceneggiatura: Edouard Bergeon, Bruno Ulmer ed Emmanuel Corcol
Fotografia: Eric Dumont
Montaggio: Luc Golfin
Scenografie: Pascal Le Guellec
Costumi: Ariane Daurat
Musiche: Thomas Dappelo
Suono: Philippe Vandendriessche
Francia/Belgio, 2019 – Drammatico – Durata: 103′
Cast: Guillaume Canet, Veerle Baetens, Anthony Bajon, Rufus, Samir Guesmi, Yona Kervern, Solal Forte
Uscita in sala: 9 luglio 2020
Distribuzione: Movies Inspired
Al contadino fai sapere…
Siamo nel 1979 e Pierre Jarjeau (Guillaume Canet) torna dal Wyoming per ritrovare la sua fidanzara Claire (Veerle Baetens) e prendere le redini dell’azienda agricola di famiglia. Nel 1996 l’impresa è cresciuta, la famiglia pure, ma intanto i debiti si accumulano e Pierre, in un meccanismo perverso, non può far altro che chiedere altri prestiti per ampliare l’azienda e cercare di aumentare gli utili. L’uomo, nonostante l’affetto dei suoi cari, si ammazza di lavoro e comincia così a crollare…
Il film – ed è questa la sua forza principale – è basato sulla vicenda personale del regista Edouard Bergeon ed in particolare su quella di suo padre Christian, sulla cui tomba vera si chiuderà. Prende anche spunto da un documentario, girato sempre dallo stesso autore nel 2012, Les fils de la terre, che seguiva l’agricoltore Sébastien, un uomo dal percorso molto simile a quello di Bergeon sr. Quando il produttore Christopher Rossignon, fratello e figlio di contadini, lo vide, ne rimase profondamente colpito e lanciò l’idea di trarne una docu-fiction, suggerendo ad Edouard di concentrarsi di più sui ricordi personali. Perciò iniziò a lavorare con due sceneggiatori, prima Bruno Ulmer e poi Emmanuel Courcol. Così Nel nome della terra ha preso via via forma…
Il problema è che la pellicola, nonostante cerchi di lanciare un grido di allarme e di denuncia sociale – si stima che in Francia si suicidi un agricoltore ogni due giorni – raccontando il modo in cui i contadini vengano strangolati dal sistema piuttosto che aiutati e malgrado cerchi di proporsi come un western contemporaneo, con immense praterie sullo sfondo, non trae sufficiente forza nell’affrontare una storia molto personale in forma di fiction.
Edouard Bergeron riempie il film di dettagli – i diari della moglie di Pierre mostrati, ad esempio, sono quelli veri che sua madre compilava, annotando il lento declino del padre – che, seppure arricchiscono l’opera di verità, la appesantiscono da un punto di vista narrativo. Pierre, nella finzione, è un uomo molto sfortunato, che ha tradito alcuni sogni ed è stato tradito da altri, ma è anche un orgoglioso, col quale lo spettatore riesce difficilmente ad empatizzare. Ci riesce solo nell’ultimissima inquadraturae all’inizio dei titoli di coda, quando capisce che si tratta di una storia vera.
Nel nome della terra raggiunge a stento la sufficienza solo perché, oltre ad una grande interpretazione di Guillaume Canet – impressionante e identico all’originale! – che da subito sposò il progetto proponendosi anche come regista, è il debutto nel lungometraggio di finzione di un autore di documentari che, per una volta, ha considerato il film d’inchiesta troppo stretto per condividere col mondo la drammatica storia personale della sua famiglia.
Voto: 6
Paolo Dallimonti