Scheda film

Regia: Pablo Larraìn
Sceneggiatura: Pedro Peirano
Fotografia: Sergio Armstrong
Scenografie: Estefania Larraìn
Costumi: Catherne George
Cile, 2012 – Drammatico/Storico – Durata: 110’
Cast: Gael Garcìa Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegerz, Luis Gnecco, Marcial Tagle, Néstor Cantillana
Uscita: 9 Maggio 2013
Distribuzione: Bolero Film
Sale: 36

 Pubblicità progresso

Combattere una dittatura con l’allegria, con l’umorismo e, ebbene sì, con la pubblicità. Una tattica che sembra nuovissima, ma che è stata sperimentata nell’ormai lontano 1988 in Cile. Gente coraggiosa e idee coraggiose, No – I Giorni Dell’Arcobaleno è un film che parla di coraggio e di realtà. Un coraggio intelligente e velato, che è sempre stato quello che ha dato più soddisfazioni. Una realtà che da sola basta a meravigliare lo spettatore. E non poco.
Il film parla del referendum, tenutosi appunto nel 1988 in Cile, per abolire o prorogare per altri otto anni il regime di Augusto Pinochet. I leader dell’opposizione riescono a convincere un giovane pubblicitario, di nome Renè Saavedra, a condurre la campagna per il NO. Nonostante i pochi mezzi e le minacce di alcuni “membri silenti” della compagine governativa di Pinochet, Saavedra e soci riusciranno a mettere in piedi un progetto molto intelligente per convincere la gente a bocciare una volta per tutte il regime dittatoriale vigente in Cile.
Si parte subito con un’impronta fortemente realistica che spesso collide con gli stilemi documentaristici. Addirittura per rendere meglio l’idea e per quindi introdurre lo spettatore nel periodo di cui si parla, il più fedelmente possibile, il regista Pablo Larraìn (al suo terzo lungometraggio, dopo i successi di Fuga, il sorprendente Tony Manero e Post Mortem), decide di usare proprio le telecamere dell’epoca, mischiando riprese di repertorio di quel periodo al girato vero e proprio del film, in modo tale da amalgamare in maniera omogenea i due diversi tipi di immagine.
La coerenza nel portare avanti un punto di vista realistico per altro, si mantiene costante durante tutto il film, facendosi testimone di quella corrente di cinema realista che pone l’immagine davanti allo spettatore senza inganno, riducendo di molto in questo caso gli stacchi di montaggio e non servendosi quasi mai della musica per evocare facili emozioni, che si pensano possano essere suscitate nel pubblico semplicemente assistendo alle terribili atrocità commesse dal regime di Pinochet (e qui le immagini di repertorio diventano fondamentali) e alle urla di gioia del popolo cileno, che per una volta è riuscito a liberarsi da un tiranno, non grazie ad un altro tiranno, ma semplicemente grazie a dei mezzi puramente democratici. Da tenere a mente.
In No – I giorni Dell’Arcobaleno quindi, le emozioni vengono fuori naturalmente, senza che “la macchina del cinema” metta in moto i suoi trucchi per estrapolarle dall’animo di chi guarda. La realtà quindi basta e avanza in questo caso. Pare quindi questo il maggior punto di forza dell’ultimo lungometraggio di Larraìn, che qui più che come regista, si pone quasi come custode di questi straordinari avvenimenti. Luchino Visconti disse che il suo sogno era di filmare la giornata tipo in un uomo qualunque senza trucchi e senza inganni. In questo film i trucchi e gli inganni del cinema sono quasi annullati, ma di cose in Cile nel 1988 ne sono successe eccome.

Voto: * * * *

Mario Blaconà

 #IMG#Chile, la alegria ya viene

Dopo l’alienazione dolente di Tony Manero e il tragico e durissimo Post Mortem, Pablo Larrain continua a dedicarsi al regime del generale Augusto Pinochet, chiudendo la drammatica e vibrante trilogia con la quale ha scelto di raccontare diverse fasi della dittatura: il cineasta cileno già in passato ha dimostrato di saper cogliere la dimensione totalizzante di una tragedia collettiva attraverso incursioni trasversali nelle esperienze private dei protagonisti (dallo stralunato e inquietante aspirante ballerino con il mito di John Travolta al funzionario d’obitorio sopraffatto dall’angoscia e dal lavoro nei giorni del colpo di stato) e anche con No – I giorni dell’arcobaleno Larrain racconta il Cile – in questo caso la campagna referendaria del 1988 – attraverso lo sguardo e la vicenda di un uomo, un giovane pubblicitario “figlio del sistema neoliberale” assunto dal comitato per il NO: stavolta sarà però il sempre più ingombrante contesto storico e sociale ad acquisire nello sviluppo della storia un peso sempre più soverchiante e incisivo.
Con la progressiva insistenza delle pressioni internazionali sul governo ultra-militarista cileno, il generale Pinochet si vide costretto a indire un referendum popolare attraverso il quale attestare la riconferma del suo mandato: malgrado le risicatissime disponibilità di mezzi e il costante e oppressivo controllo censorio della dittatura, i leader dell’opposizione riuscirono a ottenere spazio nei media nazionali per dare voce al loro dissenso, utilizzando il linguaggio immediato della pubblicità per fare presa su una popolazione ormai sempre più stremata dal regime. Quindici minuti di spot al giorno per ventisette giorni per cercare di convincere la popolazione che un futuro diverso potesse essere possibile.
Girato utilizzando macchine da presa storiche e adattando tutte le immagini – anche quelle di fiction – al formato del materiale di repertorio reperibile negli archivi, No – I giorni dell’arcobaleno minimizza il distacco fra le immagini originali degli anni ’80 e l’accurata ricostruzione degli ambienti e delle atmosfere e il risultato è un film composito, che sa rapportarsi alla storia con intelligenza, asciuttezza, spirito critico e d’analisi: la violenza, lo smarrimento e il dolore di una nazione ferita sono ancora una volta i pilastri su cui si articola l’impianto narrativo che stavolta però lascia spazio al desiderio di riscatto, alla necessità di affermare la propria volontà per restituire dignità a se stessi e alla propria nazione. È il Cile del cambiamento il vero protagonista del film, con un popolo “inaspettatamente” teso verso il sogno di un futuro migliore, lontano dal buio della dittatura: e fra simboli capitalisti, strategie di marketing e globalizzazione della comunicazione e dell’immagine, Renée Saavedra – pubblicitario professionista, figlio di un esiliato politico – inventa una campagna vivace, colorata e ultra-positiva, spaventosamente contrastante con la realtà circostante eppure capace non solo di “vendere il prodotto” – la democrazia, la libertà – ma di collocarsi come vero punto di svolta nella progressiva presa di coscienza della popolazione.
Pablo Larrain sa unire un ricercato ma mai lezioso gusto per la riproposizione del mood “vintage” a un’estrema lucidità narrativa, efficace nel raccontare una fase storica tumultuosa e difficile senza semplicismi e allo stesso tempo abile nell’evitare digressioni para-documentaristiche che avrebbero potuto potenzialmente rallentare il ritmo del film. Al contrario la pellicola mantiene sempre alta la tensione, dimostrandosi avvincente e convincente, e sebbene l’essenzialità e la messinscena scarna dei due precedenti “capitoli” paia qui più mitigata, il cineasta cileno conferma il suo stile personalissimo e riconoscibile, puntuale nell’esaltare imprevedibili guizzi di grazia e delicatezza e altrettanto recettivo e pronto nel restituire il giusto spazio alle parentesi più drammatiche e violente: non stupisce quindi che l’atmosfera del film – in principio apparentemente più leggera rispetto ai due precedenti lavori del regista – si faccia progressivamente più pesante, in un climax di disagio che riporta sullo schermo tutto l’orrore della gabbia antidemocratica.
Senz’altro meritevole di menzione è anche l’eccellente cast dove brillano l’immancabile Alfredo Castro – attore feticcio di Larrain, che anche stavolta si dimostra impeccabile nella sua interpretazione – e un ottimo Gael Garcia Bernal, decisamente efficace nel rendere vivi e credibili i turbamenti del protagonista, un giovane padre travolto dal suo inedito slancio verso la partecipazione politica attiva e allo stesso tempo sempre più preoccupato nel veder crescere suo figlio in una società quotidianamente sconvolta da violenze.
Tra luci e ombre, fantasmi e prospettive, Larrain chiude il suo percorso sul regime di Pinochet, lasciando aperta e viva la riflessione sulla politica e il marketing della comunicazione – tema oggi più che mai attuale – sottolineando l’importanza del ruolo della comunicazione di massa, con le sue possibili degenerazioni, con il potere della sua influenza sull’opinione pubblica, con i pericoli dell’applicazione delle regole e degli standard della pubblicità a concetti come libertà e democrazia.
Presentato in anteprima alla 65esima edizione del Festival di Cannes (dove si è aggiudicato il premio della Quinzaine des Réalisateurs) e successivamente insignito anche di una nomination agli Oscar come Miglior Film Straniero, No – I giorni dell’arcobaleno è un manifesto di libertà che celebra la forza di un popolo che volontariamente è riuscito a smarcarsi dalla dittatura, un accorato e partecipato ritratto di un momento storico cruciale portato sullo schermo senza esasperazioni e senza rinunciare nemmeno a qualche vaga sfumatura ironica, che documenta un “risveglio di coscienza” non come “automatica” e semplice rivincita sulla rassegnazione bensì rendendo giustizia anche alla paura, alla diffidenza, alla soggezione. Appassionato e coinvolgente.

Voto: * * * *

Priscilla Caporro

Clip: “Per elezioni libere: VOTA NO!”
Clip: “Oggi il Cile pensa al suo futuro”
Clip: “Come We are the world”
I colori dell’arcobaleno

Padre e Figlio
Il Cile pensa al suo futuro
Spot 15
Spot 30
Video originale 1: “Modi alternativi di dire NO”
Video originale 2: “Tutti in coro: NO!”
Trailer

Filmato originale realizzato in occasione della campagna pubblicitaria contro la riconferma di Pinochet al referendum da lui stesso indet