Scheda film

Regia: Edoardo Gabbriellini
Soggetto: Edoardo Gabbriellini, Pierpaolo Piciarelli
Sceneggiatura: Edoardo Gabbriellini, Francesco Cenni, Michele Pellegrini, Valerio Mastandrea.
Fotografia: Daria D’Antonio
Montaggio: Walter Fasano
Scenografia: Francesca Di Mottola
Costumi: Antonella Cannarozzi
Musiche: Gabriele Roberto, Stefano Pilia
Suono: Maricetta Lombardo
Italia, 2012 – Drammatico – Durata: 90′
Cast: Valerio Mastandrea, Elio Germano, Valeria Bruni Tedeschi, Gianni Morandi, Alina Gulyalyeva, Mauro Marchese, Francesca Rabbi
Uscita: 4 Ottobre 2012
Distribuzione: Good Films

 “Homo homini lupus”… [PRO]

“Homo homini lupus”, qualcuno diceva. Specialmente se i lupi appartengono a branchi differenti.
Due fratelli, i piastrellisti Cosimo (Valerio Mastandrea) ed Elia (Elio Germano) partono da Roma per ripavimentare la terrazza della casa di Fausto Mieli, ex cantante di successo ritiratosi dalle scene per restare accanto alla moglie Moira ( Valeria Bruni Tedeschi), rimasta invalida a causa di un incidente, e trasferirsi in un paese paradisiaco dell’Appennino tosco-emiliano. Più che angolo di paradiso, però, il paese si rivelerà la tana del lupo. Una tana multiforme dove l’ambiente e le persone che lo abitano sembrano parlare la stessa lingua, di certo non una lingua di cortesia. L’incipit è semplice, i due fratelli devono solo mettere le mattonelle sulla terrazza di casa del cantante famoso, idolo di mamma e papà, ma non riusciranno a farlo inghiottiti dalle dinamiche del luogo, inizialmente innocue, addirittura divertenti, in un secondo momento inquietanti.
Tutto sembra ciò che in realtà non è, questo lo si percepisce sin dalle prime scene. E il tassello che manca è un tassello pericoloso, qualcosa che ha a che vedere con l’istinto, con la paura e il desiderio che abitano l’animo umano. Paura di ciò che non si riesce a controllare, che è lontano da noi: un animale, una pianta strana, una persona straniera, anche se dall’aspetto rassicurante. La simpatia è un sentimento superficiale, effimero, dura l’attimo di un sorriso, poi subentra la paura. La curiosità di capire cosa c’è, chi abita sotto la maschera che indossiamo. In fondo, potrebbe abitarci il nostro carnefice, il nostro assassino. Ognuno potenzialmente, oltre ad essere vittima, è anche e soprattutto carnefice. Su questa dualità, questo interessante ed universale contrasto si sviluppa la pellicola. Ed i personaggi sembrano essere contaminati dall’inquietudine del paesaggio in cui si muovono, un paesaggio splendido, verde, ma pericoloso. Di cosa è costituita veramente la linfa degli alberi? È dolce? Così abbiamo deciso, perchè gli alberi sono buoni. E il sangue umano? Non è semplicemente rosso. Contiene la storia di milioni di anni, guerre e conquiste, nascite e morti. Contiene anche ciò che non vogliamo contenga.
Così, ogni personaggio del film scopre la propria dualità, la propria parte demoniaca, ognuno a modo suo. Intuiamo il passato burrascoso di Cosimo-Mastandrea, apparentemente il tipico bonaccione romano, il lato oscuro della luna Mieli-Morandi, il piano segreto e piuttosto inquietante di Moira-Bruni Tedeschi etc…
Ogni personaggio non è come appare, questo è certo. Ogni persona viva, degna di questo nome, neanche. Gabbriellini offre uno spunto interessantissimo, se si ha la voglia di coglierlo. E lo fa con un film coraggioso, che non chiede scusa mai. Un film diverso, dal respiro internazionale. La regia è molto attenta al paesaggio, che è a tutti gli effetti un personaggio del film, forse il protagonista, all’interno del quale si muovono magistralmente gli interpreti: Mastandrea, Germano, Bruni. Tedeschi e Morandi in un ruolo insolito, incubo di qualsiasi fan nostalgico, ma che gli calza a pennello.

Voto: * * * *

Laura Sinceri

 #IMG#Io sono il padrone [CONTRO]

Mentre il grande cantante del passato Fausto Mieli (Gianni Morandi) si appresta al ritorno sulle scene, dopo anni trascorsi in ritiro forzato nella sua elegante villa presso un paesino sull’appennino ad accudire la moglie Moira (Valeria Bruni Tedeschi) gravemente malata, due operai arrivano da Roma per dei lavori di rimodernamento del lussuoso fabbricato, i fratelli Cosimo (Valerio Mastandrea) ed Elia (Elio Germano). Accolti con freddezza dalla chiusa comunità degli abitanti locali, i due saranno la valvola di sfogo per pulsioni e rancori mai sopiti che esploderanno in tragedia…
Edoardo Gabbriellini, che molti ricorderanno al proprio esordio attoriale come protagonista di Ovosodo di Virzì, torna al cinema dietro la macchina da presa dopo il debutto con l’incerto B. B. e il cormorano avvenuto nel 2003. Ed è un ritorno in grande stile, che si accompagna ad un’altra rentrée, quella di Gianni Morandi sul grande schermo. Già si è parlato del suo ruolo – lui, nella vita vera, buonissimo fino all’inverosimile – come quello di un villain senza scrupoli, ma, visto il film, si può dire che il suo personaggio è “semplicemente” un cinico, come molti uomini di spettacolo che, quando il telefono non squilla più, per recuperare un po’ di gloria non esiterebbero a vendere la propria madre.
Il problema dell’opera seconda di Gabbriellini è che, con un quartetto di buoni attori principalmente da commedia, compreso il cantante di Monghidoro, cui ha affidato dei personaggi sempre da commedia, sulla carta interessanti, si disperde concentrandosi fin troppo sulla tematica anti-leghista dei “padroni di casa” che non vogliono rotture di scatole nel loro territorio e dello straniero invasore. Ed invece di un film di critica sociale e di costume nella tradizione di Monicelli o Risi – la vicenda di Mieli ricorda, a ruoli invertiti, quella interpretata da Orietta Berti ed Ugo Tognazzi ne “L’uccellino della Val Padana”, episodio de I nuovi mostri – ambisce pretenziosamente ai toni della tragedia ed ai lidi del cinema d’autore, in questo probabilmente sostenuto da uno dei produttori (e a sua volta regista dagli echi pasoliniani), Luca Guadagnino. Ma non è aiutato nell’operazione da una regia e da una scrittura acerbe, che motivano il minimo indispensabile le svolte narrative, rendendo il tutto poco riuscito e digeribile, ancor prima che scarsamente credibile, facendo così della pellicola un’occasione sprecata.
Curiosità: l’orecchiabile hit di Mieli dalle splendide sonorità anni sessanta, “Lascia il sole”, per inciso una delle cose migliori del film, è stata scritta da Cesare Cremonini.

Voto: * *½

Paolo Dallimonti