Tratto dall’omonimo romanzo di Mario Vargas Llosa, già adattato per il grande schermo nel 1975, ci narra le avventure di un giovane capitano dell’esercito peruviano (Pantaleon Pantoja), ligio al dovere e alla gerarchia militare, che dovrà organizzare un servizio di ricreazione molto particolare, destinato ai militari di stanza nelle località più sperdute della foresta amazzonica. I generali dell’esercito peruviano sono infatti preoccupati dell’aumento vertiginoso degli stupri ad opera delle truppe sessualmente insoddisfatte. Pantaleon, nonostante l’inappuntabile integrità morale, si troverà presto a capo di un vero e proprio plotone di prostitute che, trasportate su una lignea imbarcazione da un accampamento all’altro, soddisfano con metodo e professionalità i naturali desideri dei giovani soldati.

Dapprincipio, Pantaleon terrà all’oscuro del contenuto della segreta missione la giovane moglie che, in virtù di un dovere coniugale consumato puntualmente alle ore 10.00 di un sabato sì e un sabato no, rimarrà presto incinta dell’atteso erede. Nel frattempo l’umidità e la calura tropicali, l’obbligata distanza dalla fedele compagna nonché l’indiscutibile sensualità della più bella delle visitatrici, Olga detta la “Colombiana”, travolgeranno il giovane capitano in un vortice di rovente passione che spalancherà orizzonti a lui fino a quel momento sconosciuti. Tutto sembra procedere a meraviglia: si arruolano sempre più visitatrici per soddisfare i desideri divenuti esponenziali delle truppe. Ma il diavolo, o meglio il giornalista, ci mette lo zampino e denuncia alla radio l’inqualificabile mercimonio. A farne le spese saranno proprio la bella “Colombiana” e il giovane e integro capitano, visto che i vertici della gerarchia militare si guarderanno bene dall’assumersi qualsiasi responsabilità…

Il racconto si snoda agilmente grazie alla solidità narrativa che lo sottende. L’ironia nasce dal contrasto fra l’efficienza asettica e scientifica con cui il capitano affronta la missione e il contenuto trasgressivo e irriverente della stessa. È evidente la critica alle gerarchie militari, al cinismo con cui manipolano la vita degli altri, alla loro ipocrisia e al loro perbenismo solo di facciata. Come la denuncia della prostituzione e della violenza alle donne, pur mantenendo sempre un tono lieve e mai drammatico. Anche se la sicura godibilità del romanzo si perde un po’ a causa di una regia troppo statica e televisiva, a tratti addirittura naif, a cui lo spettatore occidentale non è più abituato. Sembra di assistere ad una proiezione degli anni Sessanta e invece si parla del Perù di oggi, con tanto di inopportuni cellulari. Però Olga (Angie Cepeda che, non a caso, viene dalle telenovelas) è l’incarnazione del femminino: le morbide curve, il passo felino, lo sguardo assassino, la finta ingenuità… una sorta di summa della seduzione al femminile. Che incanterà il pubblico maschile e obbligherà quello femminile ad un’aspra autocritica.

Mariella Minna