Scheda film

Regia e Sceneggiatura: Marco Ponti
Soggetto: Marco Ponti, Elisa Amoruso e Francesca Ranieri, dal romanzo omonimo di Chiara Gamberale
Fotografia: Vladan Radovic
Montaggio: Clelio Benevento
Scenografie: Francesco Frigeri e Patrizia Alfonsi
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Musiche: Gigi Meroni
Suono: Angelo Bonanni
Italia, 2013 – Commedia – Durata: 91′
Cast: Valentina Lodovini, Alessandro Preziosi, Vinicio Marchioni, Eva Riccobono, Geppi Cucciari, Jurij Ferrini, Glen Blackhall, Rosabell Laurenti Sellers
Uscita: 18 aprile 2013
Distribuzione: 01 Distribution

 Cornuti e mazziati

Tutti noi ce la prendiamo con la storia/ma io dico che la colpa è nostra/è evidente che la gente è poco seria /quando parla di sinistra o destra/Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…/Ma cos’è la destra cos’è la sinistra…[…]L’ideologia, l’ideologia/malgrado tutto credo ancora che ci sia/è la passione, l’ossessione/della tua diversità/che al momento dove è andata non si sa/dove non si sa, dove non si sa.
Quando un giorno si e l’altro pure si finisce a parlare di politica, in particolare in un momento schizofrenico come quello che stiamo vivendo, vuoi o non vuoi il pensiero va ai versi decantati e alle note strimpellate da Giorgio Gaber nell’ormai lontano 2001, anno in cui il cantautore milanese firmava uno dei suoi brani più rappresentativi dal titolo “Destra Sinistra”. Ebbene quel singolo, estratto dall’album “La mia generazione ha perso”, oggi come ieri è scolpito nell’immaginario comune a caratteri cubitali (così come nella Settima Arte quel «D’Alema di’ qualcosa di sinistra!» pronunciato da Moretti in Aprile nel 1998 è diventata una battuta cult), citato tutte le volte che qualcuno o qualcosa vuole o cerca di mettere in risalto la pochezza e i paradossi che animano i programmi delle due estensioni ideologiche del pensiero politico nostrano. In tal senso, quest’ultimo non appare più così nettamente scisso a causa della frammentazione e della spaccatura interna che ha travolto entrambe le storiche fazioni duellanti, generando di fatto, nel panorama politico degli ultimi anni, un arcipelago di piccoli e grandi partiti non meglio identificabili. Ed è ed proprio questo scontro non armato combattuto tra le parti nella terra di nessuno il punto di partenza di Passione sinistra, libero adattamento dell’omonimo romanzo di Chiara Gamberale (Bompiani, 2009) firmato da Marco Ponti che, a dieci anni circa dall’ultima regia cinematografica (ha ingannato l’attesa con il lavoro in tv e in teatro, ma anche scrivendo le sceneggiature de L’uomo perfetto e di Cardiofitness), torna nelle sale a partire dal 18 aprile in 250 copie griffate 01 Distribution.
Prima di avventurarci nell’analisi critica dell’opera terza del regista piemontese è, però, necessaria una precisazione, utile a comprendere la vera natura dell’operazione, letteraria prima e cinematografica poi. Nonostante il titolo e la premessa possano in qualche modo spingere tanto il lettore quanto lo spettatore a pensarlo, Passione sinistra non è un film sulla politica né tantomeno un film politico. Bastano, infatti, pochi giri di lancetta, ossia il tempo di vedere scorrere sullo schermo i titoli di testa e le primissime sequenze di apertura accompagnate dalla cover affidata a Marco Mengoni della sopraccitata canzone di Gaber (scelta piuttosto discutibile data la lontananza artistica che li divide), per spogliare il plot da una veste drammaturgica e contenutistica che non appartiene al progetto, se non in una percentuale infinitesimale. Il tutto si riduce alla mera superficie narrativa sulla quale crescono e si sviluppano la storia e i personaggi che la animano, in parole povere ci troviamo al cospetto nient’altro che a un facile presupposto per aggrapparsi con le unghie e con i denti al presente. Di conseguenza, lo script sposta l’attenzione verso il superamento del dualismo ideologico che mette da decenni l’una di fronte all’altra la Destra e la Sinistra, con tutto il bagaglio di atteggiamenti, pensieri, posizioni e modi di agire che le caratterizzano. Ponti pensa di mettere alla berlina stereotipi e qualunquismi, per poi trovarsi a fare i conti con un film che li asseconda invece di deriderli, un film privo dello spessore necessario ad affrontare certi temi con una buona dose di sofisticato e pungente humour.
Si assiste così al più abile dei dribbling, pensato dagli autori per schivare un ostacolo troppo alto da superare e contro il quale, visti gli esiti ottenuti, l’intera operazione sarebbe andata a infrangersi. Si preferisce per questo evitare le sabbie mobili della politica al fine di non sprofondarci dentro, spostando la bussola verso un altro tipo di passione, quella amorosa. Una volta capito questo, Passione sinistra si rivela per quello che è veramente: una commedia romantica basata sulla coralità e sulla più scialba e scontata delle guerre dei sessi che non può non risolversi in un vorticoso intreccio di corna tra coppie che la fedeltà non sanno nemmeno dov’è di casa. In questo modo, va in scena l’incontro di mondi diversi, pensieri diversi, ideali (o non ideali) diversi, apparentemente lontani anni luce se non fosse che il confine fra odio e amore è molto labile e basta poco a ridisegnare la geometria sentimentale delle due coppie protagoniste, quelle formate da Nina-Bernardo a sinistra e Giulio-Simonetta a destra. Della serie gli opposti si attraggono, ma in questo caso non producono nulla di buono se non un valzer di amplessi e disavventure dal quale escono sconfitti proprio tutti: a cominciare da un regista che è solo la brutta copia dell’autore di Santa Maradona (che con A/R Andata + Ritorno aveva già iniziato a mettere i remi in barca), incapace di rinnovare il suo modo di fare cinema oramai cristallizzatosi al 2001, un parco attori nel quale persino la Lodovini e Marchioni scivolano sotto la soglia della sufficienza, per chiudere con la Bianca Film che ha scelto di produrre un’opera della quale si perderanno piuttosto velocemente le tracce. 

Voto: *½

Francesco Del Grosso