Renzo Martinelli affronta una prova non facile nel proporre, esattamente 25 anni dopo la morte di Aldo Moro,un film di finzione che ripercorra la storia e i suoi cunicoli,affidando la natura ambigua dell’attualità(fatta storia) a un “pretesto” narrativo,evitando eventuali rigidità da documentario e abbracciando in pieno gli stilemi del giallo.La spettacolare bellezza di Siena,tagliata con impietosa vivezza dalle angolazioni esagitate, si manifesta già in apertura,quando le sagome tremolanti e gli scoppi che segnano la fine della corsa (siamo al Palio) si caricano di oppressione e presentimenti.Siamo in italia ma la fantasiosa vicenda travalica parecchi confini e si internazionalizza nella scelta degli interpreti:Donald Sutherland è un giudice di provincia ,un personaggio ricco di sfaccettature che ha sacrificato felicemente la sua vita a piccoli casi, ordinarietà appena gratificante.gli occhi velati e febbricitanti,il giudice trasporta già in se la storia “più grande di lui”da cui si lascerà riempire e coinvolgere,con la curiosità,il quasi ingenuo fervore accumulato.Alla fine della sua carriera viene avvicinato da un uomo misterioso,che gli consegnerà un microfilm contenente immagini forti :si tratta del rapimento di Via Fani visto da una prospettiva particolare,dall’alto.
A partire da questo istante la vita del protagonista e dei suoi collaboratori( Stefania Rocca e Giancarlo Giannini )subirà brusche virate e contaccolpi. Tra lo studio ossessivo del filmato,il dipanarsi di rivoli oscuri e sepolti nella storia e la tensione dell’inquadratura barcollante e obliqua sul volto teso di Sutherland,il film si articola come un vero”thriller”transoceanico,assimilandone pregi e difetti.La scelta narrativa è efficace e intrigante,amalgamata alle consapevolezze dell’autore,accuratamente mascherate di fantapolitica.La connivenza di Cia e servizi segreti con l’ala anomala delle Brigate Rosse,l’uomo “qualunque”che dedica cuore e cervello a un mistero insolvibile,le cui trame sono mosse da una paura abissale e estesa,da una meschinità gonfiata dalla violenza.Forse il bombardamento di effetti sonori e visivi,l’angoscia troppo martellante per risolversi in catarsi e la perfetta corrispondenza di ruoli ed elementi (per esempio la guardia del corpo “terrena” come contraccolpo e contraltare del pensoso protagonista,la cui rivelazione finale non stupisce),fa dimenticare a tratti la realtà solida dell’ambientazione,la piccolezza riscattata da grandiosità individuali che inesorabilmente cadono.
Chiara F