Recensione n.1

Con “Osama” Siddik Barmak ci ha fatto vedere l’orrore della vita sotto la dittatura talebana. Con “Piccoli ladri” la giovane iraniana Marziyeh Mashkini, seconda moglie di Mohsen della potente dinastia di cineasti della famiglia Makhmalbaf, torna a Kabul dopo che il regime talebano e’ caduto e la guerra e’ finita. Cio’ che mostra e’ il diverso orrore in cui vive la popolazione. Come molti film a tesi e di denuncia, ha piu’ valore per l’urgenza del contenuto che per la forma, ma perlomeno esce dal cliche’ del cinema iraniano che predilige gratuiti estetismi con valenza poetica, simbolismi e tempi piu’ che dilatati. I protagonisti sono due bambini, un fratello e una sorella, con il padre in carcere e la madre fatta arrestare dal padre come adultera perche’, al ritorno dalla guerra dopo cinque lunghi anni, l’ha trovata sposata a un altro uomo, poi per altro deceduto. I bambini vivono in uno stato di completo abbandono: per un po’ riescono a farsi accogliere alla sera nella cella della madre, ma quando cambia il regolamento sono costretti a stare in mezzo alla strada e ad arrangiarsi come possono, senza incontrare troppa solidarieta’.
Nonostante il dramma costante e l’epilogo senza speranza, il film e’ triste ma non greve e ha il merito di porre l’accento su una realta’ che, dopo essere stata per mesi al centro dell’attenzione dei media, non sembra interessare piu’ nessuno. Non manca l’ennesimo parallelismo con il neorealismo italiano, evocato dalle immagini in bianco e nero di “Ladri di biciclette”, ma perlomeno la citazione gode di una ventata di ironia. Ovviamente sceneggiatura e dialoghi soffrono degli intenti dottrinali e annacquano l’efficacia del racconto, confezionato con furbizia a partire dalla ricattatoria scelta dei due bellissimi bambini protagonisti.

Luca Baroncini (da www.spietati.it)

Recensione n.2

Ennesimo lavoro della fabbrica di cinema Makhmalbaf, racconta in modo a tratti troppo manierato la storia di due bambini senza padre ne madre che cercano di entrare in carcere per salvarsi (con palese omaggio a Ladri di biciclette di De Sica). Non da buttare, ma sembra confermare la vena declinante del cinema iraniano, ormai quasi soppiantato a livello internazionale dallo straripante cinema coreano.

VC