Scheda film
Regia: Matteo Garrone
Soggetto: dal romanzo “Le avventure di Pinocchio.
Storia di un burattino” di Carlo Collodi
Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Ceccherini
Fotografia: Nicolaj Brüel
Montaggio: Marco Spoletini
Scenografie: Dimitri Capuani
Costumi: Massimo Cantini Parrini
Musiche: Dario Marianelli
TruccoMark Coulier
Italia-Francia, 2019 – Avventura/Fantastico – Durata: 125’
Cast: Roberto Benigni, Federico Ielapi, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherini,
Gigi Proietti, Massimiliano Gallo, Gianfranco Gallo, Marine Vacth
Uscita: 19 dicembre 2019
Distribuzione: 01 Distribution
Il povero Geppetto, per smorzare la propria solitudine, costruisce un burattino di legno che gli faccia da figlio. Per magia, la creaturina prende vita, desiderosa solo di diventare un bambino vero. Crescere, però, si dimostra un’ardua impresa. Un plot, questo, semplice ma che a suo modo ha scritto una pagina importantissima nella storia della letteratura mondiale. Tanto importante che il fascino, le meraviglie e i messaggi universali dei quali si è fatto portatore il romanzo che li custodisce sono rimasti praticamente inalterati nei decenni, ossia dal lontano 1881, anno in cui “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” di Carlo Lorenzini detto Collodi fece la sua prima comparsa sugli scaffali. Da quel momento in poi un successo planetario ha caratterizzato il cammino editoriale di quello che è per moltissimi – noi compresi – uno dei capolavori della letteratura, nonché uno dei libri per ragazzi più amati di tutti i tempi. Un successo che ovviamente non poteva passare inosservato alla Settima Arte: non a caso c’è voluto pochissimo per convincere un regista a portare sullo schermo la prima delle innumerevoli trasposizioni. Era il 1911 quando Giulio Antamoro firmava il primo Pinocchio della storia del cinema. Si trattava di un film muto interpretato da un attore adulto “in costume da burattino”, ossia Ferdinand Guillaume.
Da quel primo tentativo di acqua ne è passata sotto i ponti e di versioni più o meno fedeli ne sono state prodotte moltissime alle diverse latitudini, tante che non si contano sulle dita delle mani se si prendono in considerazione anche tutte quelle opere che dal personaggio e dalle disavventure del personaggio nato dalla penna dello scrittore toscano hanno tratto ispirazione (A.I. – Intelligenza artificiale di Steven Spielberg è solo uno di questi). Insomma, tra live action e animazione ne abbiamo viste davvero di tutti i colori e gustate in tutte le salse possibili e immaginabili, compresa la versione erotica dal titolo The Erotic Adventures of Pinocchio di Corey Allen, una commedia “a luci rosse” liberamente ispirata al racconto di Collodi. Ma nella sterminata filmografia esistente, in attesa di vedere quanto partorito per Netflix da Guillermo Del Toro, nel nostro cuore un posto di riguardo continueranno ad averlo il Pinocchio della Disney del 1940 e la miniserie TV di Comencini del 1972.
Ora uno spazietto ha saputo ritagliarselo anche l’ultimo arrivato in materia, il tanto atteso nuovo film di Matteo Garrone, capace di spazzare via con un colpo di scopa lo scialbo tentativo benignano. Per farlo, il cineasta romano chiama proprio all’appello il collega toscano, affidandogli il ruolo di Geppetto e dando quello del burattino al piccolo e promettente Federico Ielapi. Entrambi ricambiano la fiducia con delle interpretazioni davvero convincenti, che vanno a sommarsi ad altre scelte di cast che si sono rivelate particolarmente azzeccate, a cominciare da quella di fare vestire i panni di Mangiafuoco a Gigi Proietti o quelli del Gatto e la Volpe al duo Papaleo-Ceccherini.
Interpreti a parte, Garrone prosegue il percorso fiabesco intrapreso con Il racconto dei racconti, ma stavolta puntando su una rilettura della matrice originale molto classica e soprattutto fedele. Il regista rende così omaggio al libro dei libri, restituendo non solo l’essenza primigenia ma rispettandola in maniera sacrale. Ciò avviene rigettando qualsiasi tentazione di tradimento a favore di una messa in fila diligente e filologica dei vari episodi che scandiscono l’epopea del burattino di legno pensata da Collodi. La scansione e la progressione degli eventi viene quindi seguita alla lettera, azzerando di fatto il fattore sorpresa poiché della vicenda narrata nel film conosciamo a memoria ogni step. La sensazione è quella che si prova davanti a un copione già scritto e del quali si possono anticipare le mosse dei personaggi che lo animano.
E allora dove risiede il senso all’operazione? Quel qualcosa sono le virgole e i puntini sulle i che Garrone piazza sulla timeline con la sagacia tecnica e narrativa che lo contraddistingue. Nello specifico del suo Pinocchio si traduce in una serie di piccole libertà e licenze poetiche apparentemente invisibili che si è voluto prendere, ma che a nostro avviso fanno la differenza, quel tanto da aumentare in maniera esponenziale quella magia che è già insita nella matrice e che andava soltanto alimentata. Senza dimenticare ovviamente il fascino visivo che accompagna il tutto, che mette ancora una volta in risalto il gusto pittorico con il quale il regista romano è solito impreziosire le immagini. Perché l’occhio vuole sempre la sua parte e Garrone sa come imprimere sulla retina dello spettatore quadri di indubbia bellezza.
Voto: 7 e ½
Francesco Del Grosso